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1 giugno 2017
Il giornale dell'Esquilino - il numero di maggio-giugno.
29 maggio 2017
Ecco cos'è successo in Portogallo dopo la depenalizzazione di tutte le droghe
Perché è l'unico modo per ridurre i profitti delle mafie che prosperano sul proibizionismo e ridurre il danno della moltiplicazione della criminalità collegata allo smercio.
In Portogallo lo hanno fatto e i risultati sono davvero notevoli, come potete leggere qui sotto.
In Italia che stiamo aspettando ?
E perché nessuno dei nostri solerti media si è preoccupato di informarci di quanto descritto qui sotto ?
AMg
Di Samuel Oakford
Diplomatici provenienti da tutto il mondo si sono riuniti dal 19 al 21 aprile (2016) presso la sede dell'ONU, per discutere sul futuro della politiche globali sulle droghe.
Nessun paese, sul tema, ha mai esercitato un'influenza pari a quella del Portogallo, che 16 anni fa depenalizzò il possesso di qualunque tipo di droga, dalla marijuana all'eroina.
La notizia, ora, è che la misura ha avuto successo.
In Portogallo, oggi, le autorità non arrestano più chi viene trovato con una dose pari al consumo medio individuale per massimo dieci giorni — vale a dire, un grammo di eroina, ecstasy o anfetamina, due grammi di cocaina, 25 grammi di cannabis.
Chi commette reati legati alle droghe riceve invece un mandato di comparizione, che lo costringe a presentarsi davanti a dei "comitati di dissuasione" composti da giuristi, psicologi e assistenti sociali.
La maggior parte dei casi viene sospesa, ma dopo un certo numero di volte che si viene chiamati a presentarsi davanti ai comitati, possono venire prescritti dei trattamenti che spaziano da colloqui con motivatori a terapie a base di oppiacei.
"All'inizio abbiamo ricevuto molte critiche," spiega João Goulão, un medico specializzato nei trattamenti contro le dipendenze. Grazie al suo lavoro nel 2000, in Portogallo c'è stata una riforma sulle leggi per la droga.
Oggi Goulão è il coordinatore delle politiche portoghesi in materia di sostanze stupefacenti. Dopo la legalizzazione, i primi giudizi dell'Organo Internazionale per il Controllo degli Stupefacenti, appartenente al Consiglio Economico e Sociale dell'ONU, non furono proprio positivi.
"Ora le cose sono completamente cambiate," continua. "Siamo visti come un esempio virtuoso." Il nuovo presidente dell'Organo Internazionale per il Controllo degli Stupefacenti, Werner Sipp, lo ha messo in chiaro alla Commissione dell'ONU dedicata al tema, che si è tenuta quest'anno a Vienna.
Anche se in genere ci si ricorda solo della legge sulla depenalizzazione, nell'ultimo decennio e mezzo il Portogallo ha fatto passi da gigante anche per quanto riguarda il sistema di sanità pubblica, con vasti programmi di trattamento e moltissimi effetti sulla legislazione.
In società dove le droghe sono meno stigmatizzate, i consumatori sono più inclini a cercare delle cure, e la polizia tende a evitare di infastidirli. Sono 25 i Paesi che hanno introdotto qualche forma di depenalizzazione, ma il modello portoghese è unico nel suo genere.
Dall'entrata in vigore della legge sulla legalizzazione delle droghe nel 2001, i casi di Hiv in Portogallo sono diminuiti drasticamente, passando da 1,016 a 56 nel solo 2012, mentre le morti da overdose sono scese da 80 a 16.
Negli Stati Uniti, nel 2014, oltre 14.000 persone sono morte solo per overdose da oppiacei. In Portogallo le morti connesse alle droghe sono tre su un milione di abitanti, con un tasso oltre cinque volte più basso rispetto alla media dell'Unione Europea, pari a 17.3.
Quando il Portogallo ha deciso di depenalizzare le droghe nel 2000, molti scommettevano in un fortissimo aumento del numero dei consumatori. Ma ciò non è accaduto. Tranne per alcune eccezioni - incluso un aumento marginale negli adolescenti - il consumo di droga negli ultimi 15 anni è diminuito, e ora è nella media europea. Secondo le stime, alla fine degli anni Novanta circa l'un per cento della popolazione portoghese (pari a circa 100,000 persone) faceva uso di eroina.
Oggi "circa in 50.000 stanno seguendo una terapia sostitutiva," ha detto Goulão, prima di aggiungere che negli ultimi tempi ha visto un miglioramento per quanto riguarda l'uso delle droghe, soprattutto tra gli ex tossicodipendenti che si ora si sono disintossicati. Ciò, a detta di Goulão, riflette l'inconsistente condizione economica del Portogallo.
"Le persone consumano droga per due ragioni: o per aumentare il piacere, o per ridurre il dolore. E il tipo di droghe e il tipo di persone che le usano dicono molto della condizione di vita di un paese," sottolinea.
Misure parallele di riduzione del danno, come il cambio degli aghi e la terapia sostitutiva con oppiacei come il metadone o la buprenorfina, servono per prevenire la diffusione di malattie trasmissibili e un aumento dei casi di overdose, anche se il numero di coloro che si iniettano eroina cresce per un certo tempo.
"La riduzione del danno è di aiuto a molte persone," spiega Goulão. "Bisogna rispettare i loro ritmi e capire che lo stato devo fare investimenti per donare una vita migliore e più longeva anche a chi continua ad assumere droghe."
Questo tipo di dichiarazioni, un tempo considerate troppo radicali, appaiono sempre più affascinanti ai funzionari che si occupano di droga negli altri stati. La depenalizzazione e la riduzione del danno focalizzano l'attenzione sui diritti umani dei consumatori e permettono di spendere altrove le risorse delle forze dell'ordine. E anche se si tratta di un grande cambiamento, la depenalizzazione portoghese non è una rivoluzione in termini di legislazione internazionale.
Le droghe sono ancora illegali in Portogallo, i trafficanti continuano a essere spediti in prigione e il paese si è mantenuto all'interno dei confini delle convenzioni dell'ONU sulla droga, valide anche a livello dei singoli stati. Per decenni si è creduto che i tre trattati prescrivessero il carcere per tutti i consumatori, ma secondo gli esperti - con cui i governi sono sempre più d'accordo - concedono agli stati un'ampia libertà di manovra su come trattare e sorvegliare i consumatori.
Quando il Portogallo ha depenalizzato le droghe, i membri dell'ONU erano reduci da una sessione speciale dell'Assemblea Generale convocata nel 1998 con il fantasioso pretesto di eliminare l'uso di droghe in tutto il mondo.
Ora gli stati membri hanno adottato un nuovo documento finale che mira a ridefinire la politica sulla droga. Si ferma prima di quello che molti avvocati avrebbero voluto, escludendo le parole esatte "riduzione del danno" e non affrontando il tema della pena di morte per gli spacciatori.
Il documento rappresenta un'evoluzione nella politica sulla droga in molti parti del mondo nell'ultimo ventennio, ma è anche una attestazione dell'ininterrotta influenza dei Paesi conservatori ancora favorevoli al divieto.
Lo stesso Goulão è scettico su molti aspetti della riforma della marijuana in posti come gli Stati Uniti: sostiene che può creare confusione tra l'uso medico e le finalità ricreative. "A volte mi sembra che i promotori di questa discussione stanno mischiando cose diverse per mancanza di serietà."
Anche se spesso l'uso dell'eroina viene usato per dimostrare l'efficacia del modello portoghese, oggi la maggior parte dei consumatori che deve presentarsi di fronte ai comitati - in effetti - viene beccato in possesso di hashish o di cannabis, afferma Nuno Capaz, un sociologo che lavora nel comitato di dissuasione di Lisbona.
L'80/85 per cento delle persone che si presentano di fronte ai comitati sarebbe al suo primo crimine, e avrebbe assunto sostanze a scopo ricreativo: per questo motivo i loro casi sono sospesi.
Nel caso di chi invece viene catturato più volte e ritenuto un tossicodipendente, i comitati possono ordinare sanzioni o trattamenti. Chi fa uso ricreativo di droga può dover pagare una multa o prestare servizio per la comunità, ma se un tossicodipendente rifiuta i trattamenti, è tenuto a sottoporsi a controlli frequenti presso il suo medico di base.
"Se la persona non va dal dottore, chiediamo alla polizia di consegnarle personalmente una notifica che la informi che deve farsi trovare in un luogo specifico," dice Capaz. "La cosa importante è mantenere la connessione con il sistema terapeutico."
Il coordinamento tra la polizia e gli operatori sanitari è emblematico della relazione che si è venuta a creare tra poliziotti e consumatori di droga negli ultimi 15 anni, in contrasto a quanto accade in Paesi come gli Usa.
"Questo piccolo cambiamento rappresenta una svolta enorme per quanto riguarda il lavoro della polizia," dice Capaz. "Ogni poliziotto sa dove le persone si incontrano per fumare. Se volessero potrebbero andare lì a continuare ad arrestare lo stesso ragazzo più e più volte. Ma non succede."
Il lavoro dei gruppi senza scopo di lucro, parallelo agli sforzi del governo, è fondamentale nel fornire di aghi puliti e persino nella distribuzione di pipette. È un modo per attirare i consumatori di droga nella rete dei fornitori di servizi statali.
Ricardo Fuertes, coordinatore di GAT, un'organizzazione fondata da persone che vivono con l'HIV, lavora in uno dei centri di assistenza del gruppo, che si trova in un edificio residenziale di Lisbona. Secondo Fuertes, il fatto che la sede stessa esista è un segno della riduzione dei pregiudizi nei confronti dell'uso di droga.
"È ovvio che è un posto per persone che si drogano. È molto aperto, ma non ci lamentiamo," dice Fuertes riferendosi al centro di assistenza. "In molti vengono a fare dei test. Questo dimostra che è un servizio per tutti."
Ma chi fornisce assistenza e le persone che ricevono aiuto si sono accorti del peggioramento dei problemi economici del Portogallo. Nel 2011 il paese è stato salvato dall'Unione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale, e successive misure di austerità hanno imposto tagli considerevoli al servizio pubblico.
Goulão ritiene che i programmi di trattamento per la droga siano stati relativamente preservati, ma i fondi per i programmi di lavoro che potrebbero aiutare i datori di lavoro a pagare gli stipendi dei consumatori di droga sono stati ridotti.
Fuertes afferma che i fornitori hanno dovuto abbassare i costi., e che i finanziamenti del governo possono essere erogati solo un anno alla volta. Di conseguenza, è molto difficile pianificare a lungo termine.
"Non è facile per tanti, e chi assume droga non fa eccezione," dice. "Molti dei nostri clienti affrontano situazioni critiche".
Gli operatori sanitari portoghesi usano la Grecia come ammonimento. Devastata da una crisi di bilancio e dalle condizioni di austerità seguite ai continui salvataggi, la Grecia ha dovuto affrontare un'esplosione di casi di HIV dopo che i programmi sanitari sono rimasti completamente privi di fondi a causa dei tagli.
Secondo i dati dell'unione Europea, solo la Grecia e la Lettonia hanno sperimentato tagli più drastici di quelli subiti dal Portogallo al servizio di sanità pubblica tra il 2005 e il 2007 e tra il 2009 e il 2012.
Ma ancora, in Portogallo non c'è stata una crescita considerevole nella trasmissione dell'HIV, grazie all'azione dell'effetto cuscinetto.
"In genere il focus è sulla legalizzazione, ma ha funzionato perché c'erano altri servizi e la copertura è aumentata per la sostituzione degli aghi, la disintossicazione, le comunità terapeutiche e le possibilità di impiego per le persone che consumano droga," afferma Fuertes.
"Il successo deriva da una combinazione tra la legge e questi servizi. È davvero difficile trovare in Portogallo qualcuno che critichi questo modello."
Alla vigilia della sessione speciale dell'Assemblea Generale dell'ONU, Goulão ha avvertito i paesi che prima di imparare dall'esperienza portoghese devono considerare con attenzione la propria situazione.
"Non pensiamo che questa sia una soluzione miracolosa, ma dal mio punto di vista è stata molto importante perché ha portato coerenza nell'intero sistema", afferma.
"Se le nostre risposte si basano sull'idea che stiamo parlando di dipendenza, di una malattia cronica, di un problema di salute, il fatto che tutto ciò stia al di fuori del sistema penale rappresenta un netto miglioramento. È stato davvero importante per la nostra società, perché ci ha permesso di sbarazzarci del pregiudizio."
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19 maggio 2017
Riflessioni semiserie su pensioni e pensionati italiani di una signora bergamasca.
Diffondo questa gustosa "lettera al Direttore" di "Bergamo Sera, ripescata dal 2011(!!!) che oltre agli spunti ironici offre una ricca gamma di utili osservazioni e riflessioni, non tutti condivisibili, PERÒ...
"Quelli che...la pensione (pur misera) ce l'hanno
Egregio Direttore,
quando si mettono alla guida di una nazione dei dotti professorini liceali, oppure dei claudicanti caporali, di solito le cose vano di male in peggio, ed è quello che sta succedendo di questi tempi nello strampalato stivale italico.
Di tutte le stravaganti norme attuate per rimandare di poco il default italiano, non ne voglio parlare, ma voglio dire almeno la mia sulle nuove peripezie istituzionali in campo pensionistico.
Tra una grottesca lacrima e un sontuoso banchetto, i buffi notabili togati al vertice del welfare, hanno innalzato a minimo 43 anni il limite minimo di contributi per accedere al miserando servizio nazionale pensionistico, alludendo alla nuova aspettativa di vita umanoide, unitamente alle solite patetiche prediche inerenti alle casse statali desolatamente e inspiegabilmente vuote.
Siccome le ricerca genetica attuale fa ogni giorno passi da gigante, tra pochi anni questa soglia di beata morte sarà nuovamente innalzata a come minimo 115 anni, e sicuramente subito le pensioni saranno portate al minimo di 60 di contributi, e se questo è il termine di paragone per legiferare, stiamo tutti freschi e sereni perché lavoreremo stancamente fino a novant’anni.
Innalzando il limite minimo di pensionamento si è creato un disastro esistenziale tale, che trovo difficile credere che una più semplice soluzione sia sfuggita ai sapientoni delle fatiche altrui, ma di questi tempi ogni azione di queste eccelse menti è tragicomica.
Tra pochi anni avremo una massa di persone vecchie al lavoro, stanchi, depressi, arrabbiati, senza più stimoli ed entusiasmo, ed in più con qualche lineetta di simpatico Alzheimer accorpato.
Nelle scuole maestrine di settant’anni tenteranno di tenere a bada orde di urlanti bimbi, senza contare che i più saranno non parlanti l’italica lingua, e riguardo all’insegnamento neanche a parlarne, perché le curve docenti baderanno solo a salvarsi ogni giorno la pelle.
Negli ospedali saremmo operati da tremolanti chirurghi ottantenni dal bisturi assassino, e i portantini sessantenni chissà che disastri combineranno trasportando i malcapitati pazienti per i corridoi sanitari, e difatti già si parla dell’assicurazione obbligatoria per le barelle.
E cosi via per i lavori nelle fonderie, nel soccorso stradale, nei lavori edili, e in tutte le altre mansioni che richiedono persone attive e robuste al lavoro, invece solo persone vecchie saranno impiegate per trainare la carretta.
Che dire poi dei vigli del fuoco, che a settant’anni dovranno gettare acqua sui roghi e scalare interi palazzi per compiere il loro duro lavoro.
Senza contare i nostri militari in veneranda età, che nelle piazze costantemente in rivolta saranno costretti ad essere malmenati da più giovani, aitanti e vigliacchi manifestanti, che troveranno ancora più facile e divertente distruggere tutto.
L’età minima di contribuzione andava ridotta a 35 anni per tutti, belli, brutti, simpatici e antipatici, maschi, femmine e altre curiose divagazioni sessuali, obbligando poi le varie ditte ad assumere subito per sostituire il nuovo pensionato, e una pena dura e rapida ai non ligi alla direttiva sarebbe bastata a far cambiare registro a tutti i soliti furbi.
Per pareggiare le spese bastava innalzare lievemente i contributi a tutti i lavoratori, depennare in toto le ignobili pensioni d’oro elargite a destra e a manca, azzerare gli assurdi privilegi pensionistici della nullafacente casta parlamentare, e altre semplici azioni che elencarle tutte sarebbe troppo lungo e banale.
Invece no, queste goffe menti aliene al governo ritengono che deprimere il popolo obbligandolo a lavorare fino alla morte sia la soluzione giusta per salvare la baracca che sta crollando, perché nonostante tutti i duri sacrifici l’Italia è a serio rischio fallimento, e la via argentina è dietro l’angolo ma noi nemmeno ce ne accorgiamo.
Ho dei cari amici argentini, che casualmente hanno lasciato il loro paese poche settimane prima del disastro, e ogni giorno mi rammentano allarmati che l’Italia di oggi gli ricorda fedelmente il loro bel paese poco prima della fine, tant’è che di recente meditano un saggio rimpatrio, giacché in Argentina oggi si vive meglio che da noi, e chissà, già che insistono tanto ad invitarmi, forse sarebbe anche per me la soluzione giusta per lasciare preventivamente questa gabbia di matti italica.
Bertana da Barbariga
3 Commenti a Pensioni, l’innalzamento dell’età crea un disastro esistenziale
daniela
per pareggiare le spese si depennino ignobili pensioni d’oro, si azzerino privilegi demenziali e assurdi alla NULLAFACENTE CASTA POLITICA, ma non si alzino i contributi a chi già è tartassato da decenni… siamo quelli che pagano di più in europa, lavoratori e pensionati, ma ve ne rendete conto?
e dovremmo ancora pagare noi???
dario tifoso virescit
l’unica cosa su cui non concordo è che i manifestanti siano definiti “vigliacchi”, davanti a simili manovre manifestare, scusi, è un’imperativo morale ;.)
per il resto, ottima analisi e pure divertente
Cetty
Complimenti per il contenuto dell’articolo e perché non è stato cestinato ma pubblicato.