Le donne cambiano la Storia, cambiamo i libri di Storia.

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LE DONNE CAMBIANO LA STORIA, CAMBIAMO I LIBRI DI STORIA
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2 gennaio 2012

da La Catena di San Libero: La notte de “I Siciliani”


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I SICILIANI PERCHÉ
di Norma Ferrara
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La notte de “I Siciliani”

Ogni volta che frenava non riuscivi a tenere l’equilibrio. Così, ogni fermata era un livido. E guardando fuori dal finestrino, invece, erano solo sorrisi, cartelloni, musica, persone. Era l’aprile del 2006, eravamo quelli del “Ritaexpress” e viaggiavamo di notte, in mille, sullo stesso treno, attraversando l’Italia per cambiare la Sicilia. Tornavamo per votare Rita Borsellino alla presidenza della Regione Siciliana. Non eravamo organizzati da nessuno ma ci sostennero in tanti. A Perugia fu Libera, a Trento l’Arci, a Firenze i sindacati.
Non troverete articoli della stampa ufficiale che raccontino il momento in cui abbiamo rischiato di cambiare la Sicilia, i siciliani, il nostro futuro. Ma noi li abbiamo visti lì, l’ultima volta, una buona parte de “I Siciliani”. In quel viaggio senza precedenti, scanzonato e libero. Utopico quanto bastava per dire al potente di turno, che non c’erano intoccabili. Concreto quanto bastava per infastidire tutti gli altri Vicerè di Sicilia e infine solare perché la lotta di liberazione non è affare per musi lunghi ma per sorrisi larghi. Anche se si finisce per perdere, come accadde per noi in quella primavera anticipata.
E li abbiamo incontrati ancora, in piazza a Bari, alcuni anni dopo “I Siciliani” (giovani) mentre agitavano bandiere colorate contro le mafie.Li abbiamo visti nei quartieri di Catania, lavorare ogni giorno a San Cristoforo come a Librino. Ma li abbiamo sentiti parlare di mafia, anche a Milano, nelle strade che portano al tribunale dove si sta svolgendo il primo processo alla ‘ndrangheta in Lombardia. A Termini Imerese, dove accanto al comunicato degli operai, in questi giorni, c’è quello degli studenti siciliani e a Barcellona Pozzo Di Gotto a spalare il fango dentro la città.
Nessuno si senta offeso, nessuno si senta escluso se continuiamo ad esserci, con rispetto e memoria. Ma siamo ciclici. Siamo anche “giovani”, con le spalle posizionate davanti alla rete ma intenzionati a consumare le scarpe per raccontare questo Paese.
E abbiamo ancora qualcuno che continua a credere in questa storia: che è un movimento, un ricordo privato per molti, un patrimonio di storia per tanti altri.
Buona lettura a voi “Siciliani” di ogni luogo e battaglia: da Milano a Berlino, da Catania a Parigi.
 
I Siciliani
giovani

7 giugno 2009

La Catena di San Libero n. 382 - 5 giugno 2009




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Lettera dalla Sicilia

Graziella Proto, amministratrice e redattrice dei Siciliani anni '80, sta perdendo la casa per via dei vecchi debiti del giornale. L'antimafia è bella e tutti appoggiano l'antimafia, si capisce: però le
cambiali, oltre vent'anni fa, le ha dovuto firmare Graziella.

I Siciliani, una rivista "storica" e elogiata da tutti, vendeva fra 15 e 30mila copie. Però - imprenditori siciliani... - non aveva uno straccio di pubblicità, e quindi ci voleva qualcuno che firmasse cambiali. E questo qualcuno era Graziella.

La cooperativa faceva parte della Lega delle Cooperative, che però in quel periodo aveva grossi affari coi Cavalieri. Il giornale era un fiore all'occhiello - stando ai discorsi - della Federazione della Stampa, dell'Ordine, dei compagni perbene di tutt'Italia e in genere dei progressisti. Però le cambiali le firmava Graziella.

Graziella Proto, in questi venticinque anni, è stata uno dei più seri e validi - e meno propagandati - giornalisti antimafiosi. Negli ultimi anni, sempre di tasca sua, ha fatto una bellissima rivista, Casablanca, ed è riuscita a portarla avanti per quasi tre anni. Nel primo numero c'erano la Borsellino, la Alfano, il Riscatto della Sicilia, il Movimento delle donne, la Sinistra. Nessuna di queste nobili signore s'è fatta mai sentire, non fosse che per ringraziare. Infatti Graziella, per i pochi che avevano la bontà di conoscerla, era quella che firmava le cambiali. Nessuno l'ha mai citata - ad esempio - per la rischiosissime inchieste sui ragazzini di Paternò ammazzati da Santapaola.

Non sappiamo cosa ne pensa Graziella. Ma noi pensiamo che parlare di informazione e di antimafia è una presa in giro se non si salva chi ha fatto informazione e antimafia non per un anno o due, ma per venticinque. Bisogna che intervengano coloro che debbono, subito e con urgenza. Sarebbe intollerabile vedere una Graziella vittima della mafia (vera) e dell'antimafia (a parole).

Pino Maniaci e Riccardo Orioles

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"Non sta succedendo niente".
L'Italia all'epoca del bavaglio


Centinaia di notizie, grandi e piccole, danno l'idea di un paese che sta diventando davvero molto strano. Ma per la maggior parte non circolano, o circolano in maniera edulcorata e corretta, senza contesto. Forse il Grande Fratello (quello di Orwell) è tutto qui. Un paese di plastica, che in realtà esiste solo dentro il televisore. Mentre il paese vero, privo di idee e di governo, tira a campare giorno per giorno sprofondando sempre di più

Palermo (Sicilia). Il giudice Roberto Scarpinato ha rivelato come il governo abbia recentemente tolto alle procure la password per accedere ai conti correnti, mpedendo così il sequestro di enormi capitali mafiosi.

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Milano (Lombardia). E' stata revocata con 29 voti a favore, 24 contrari e un astenuto la Commissione antimafia recentemente istituita in seno al Consiglio comunale.

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Catania (Sicilia). A giudizio per bancarotta fraudolenta i padroni della ditta Elmec di Piano Tavola. Parte civile i lavoratori, che da due anni occupavano la fabbrica per difendere il posto di lavoro.

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Castelfranco (Veneto). Un referendum dei lavoratori bianchi della Global Garden ha approvato la proposta dell'azienda - che costruisce macchine da giardino e impiega circa mille operai fra bianchi e neri - di cacciare gli operai neri dalla fabbrica per meglio superare la crisi.

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Catania (Sicilia). Sei ragazzi del movimento studentesco hanno ricevuto dalla Procura una notifica, da parte "in ordine al delitto di deturpamento di immobili perché con numerosi altri soggetti non identificati nel corso di una manifestazione con corteo in via Etnea di Catania raggiungevano la piazza del Duomo, dove deturpavano ed imbrattavano il palazzo muncipale lanciando uova, pomodori e carta igienica contro il portone e la facciata".

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Palermo (Sicilia). E' stata assegnata all'Ordine dei giornalisti di Sicilia la villa confiscata ai fratelli Sansone. La richiesta di assegnazione di un bene confiscato alla mafia era stata presentata da tempo dall'Ordine dei giornalisti di Sicilia, che ha espresso "viva soddisfazione per il riconoscimento della funzione sociale svolta dall'ordine dei giornalisti, a difesa della legalità".
In Sicilia l'Ordine regionale (vivamente contestato dall'Ordine nazionale) ha recentemente difeso la legalità cercando di ridurre al silenzio la tv antimafiosa Telejato.

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Corleone (Sicilia). Per aver partecipato alla Giornata della Memoria di "Libera" Giovanni Labruzzo, Eugenio Provenzano ed Enrico Labruzzo, tre studenti corleonesi, sono stati cacciati via dagli scout dal parroco Giuseppe Gentile (lo stesso che aveva officiato le nozze della figlia di Totò Riina).

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Trieste (Venezia Giulia). Gira armato il presidente leghista del Consiglio regionale, Edouard Ballaman. L'arma, una 357 magnum, non viene tuttavia portata in aula durante le riunioni.

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Bassano del Grappa (Veneto). Diventa legale, grazie a un disegno di legge della Lega, la produzione casalinga di grappa.

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Catania (Sicilia). Al processo per le infiltrazioni mafiose nella festa della patrona cittadina Sant'Agata è emerso che processione, "candelore", fermate e festa venivano gestite, per ragioni di prestigio, dal clan cittadino dei Santapaola.

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Canicattì (Sicilia). Identificato dai carabinieri il responsabile della morte del cagnolino seviziato e ucciso il 10 maggio scorso nei pressi della villa comunale. Si tratta di un ragazzino di nove anni il quale dopo aver ucciso il cane impiccandolo si è fatto filmare con i cellulari da altri ragazzini di età compresa tra i tredici e i quindici anni.

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Scandiano (Emilia). Un quindicenne è morto per un malore mentre nuotava nella piscina "L'Azzurra" a Scandiano, in provincia di Reggio Emilia. Il ragazzo, che frequentava la terza media, si era sentito male, forse per una congestione, poco dopo essersi tuffato. Inutile l'intervento del bagnino e dei medici subito accorsi. Alcuni degli altri bagnanti non hanno lasciato la vasca, continuando a restare immersi durante le operazioni di soccorso a bordo piscina e nonostante gli inviti dei responsabili della struttura.

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Urbino (Umbria). Un anziano turista è morto d'infarto mentre con altri faceva la fila per visitare la mostra di Raffaello a Palazzo Ducale. C'è stato appena il tempo di ricoprire il cadavere con un lenzuolo bianco che già gli altri turisti avevano cominciato a riprenderlo con videocamere e flash.

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Sanremo (Liguria). Un uomo di 47 anni, Bruno Fazzini, è morto per un ictus dopo essere rimasto in coma per circa dodici ore sul pianerottolo di casa. Nessuno dei vicini l'ha aiutato e diversi hanno scavalcato il corpo risalendo le scale. "Credevo fosse ubriaco" ha dichiarato uno".

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Napoli (Campania). Sedicenne minaccia di accoltellare il fratellino ricattando la mamma: "Cento euri o l'ammazzo".

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Sulmona (Abruzzo). Alla Magneti Marelli (Sistemi Sospensioni spa, Gruppo Fiat, 750 operai) occorre un permesso scritto per andare in bagno. E' un piccolo tagliando su carta intestata dal titolo "permesso interno".

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Rosarno (Calabria). Tre imprenditori agricoli di Rosarno sono stati arrestati perché accusati di far parte di una associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù degli immigrati. Le indagini dei carabinieri hanno portato alla luce svariate storie di induzione alla prostituzione, estorsioni, maltrattamenti e violenze commesse approfittando dello stato di necessità e delle precarie condizioni di vita.

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Palermo (Sicilia). Assessore regionale indagato per rapporti con clan mafiosi e compravendita di voti e preferenze. Accusato dai pentiti del clan di Resuttana, l'assessore Antinoro nega le accuse.

Morire di "informazione"
Continua il percorso delle testate libere catanesi per costruire insieme un giornale che veramente racconti la città. E' stata messa in funzione l'Associazione Lavori in corso, è stata completata la prima inchiesta. Ma perché l'informazione, qui e ora, è così importante?

Pare che Mauro Rostagno sia stato ammazzato dai mafiosi. Dopo ventun anni è ufficiale, sembra che anche Peppino Impastato sia stato ucciso da loro e non (come dicevano Corriere, Repubblica, Giornale di Sicilia e televisione) da una bomba mentre faceva un attentato.
Bene. La verità prima o poi viene a galla, qua in Sicilia. Magari - come nel caso di Peppino - dopo dieci anni. O come per Giuseppe Fava, ucciso dalla mafia e non - come dicevano Toni Zermo, Tino Vittorio e gli altri pezzi grossi catanesi - per qualche storia di donne. E Borsellino, e Falcone? Professionisti dell'antimafia, secondo i giornali isolani ma anche secondo il nobile Corriere.
E Francese, e De Mauro, e Alfano, e quelli di Portella? La mafia, secondo i giornalisti siciliani, non ha mai ucciso quasi nessuno. Qualcuno è morto sì, ma perché irrispettoso o caustico o, peggio di tutto, comunista. In quasi tutti i casi la verità vien fuori grazie a pochissime persone (Umberto Santino per Impastato, I Siciliani per Fava, ecc.), contro la stampa “perbene” e nell'indifferenza della maggior parte dei siciliani.
L'omertà della stampa rincretinisce sempre più i lettori, che essendo rincretiniti vogliono una stampa sempre più omertosa. Questo circolo vizioso, che una volta era tipicamente siciliano, adesso è felicemente nazionale, e produce i governi. La rozza Sicilia, riducendola al proprio livello, s'è infine così vendicata della civile Lombardia. Sicilia capta probum victorem smerdavit.

* * *
La questione dell'informazione (disinformazione scientifica, propaganda) qui e ora è la più importante di tutte, senza paragone. E' lei che fa Cosa Nostra e Berlusconi. E' lei ha creato i Bossi e i Ciancimino (ma qualcuno sa più chi era fra i politici Ciancimino? E qualcuno nota più cosa veramente dice Bossi?), lei che accoltella o affoga in mare gli emigranti, lei che un tempo sparava ai sindacalisti. I politici vengono dopo, si limitano a raccogliere i frutti di ciò che l'”informazione” ha seminato.
Non è una situazione riformabile dall'interno. L'informazione ufficiale nel suo complesso, tecnologie o non tecnologie, può forse peggiorare (non ha ancora proposto, ad esempio, la sterilizzazione degli zingari o il lavoro forzato nei centri-lager) ma non può migliorare assolutamente, salvo che in individui singoli e pronti a finir male.
Perciò siamo tanto fanatici dei nostri pochi giovani e della nostra poca e povera libera informazione. Son pochi, ma esistono. Potrebbero attraversare il ventennio – 1994-2014: vent'anni – come fu attraversato il primo. Debbono rafforzarsi, debbono collegarsi, debbono - Gobetti - cercare lo scontro senza illusioni, non l'ottimismo.

* * *
Le cose, qui in Italia, vanno come in fondo sono sempre andate. C'è piazza Venezia piena, c'è il duce, c'è la difesa della razza, ora c'è anche Claretta. Che buon popolo buffo saremmo stati, se in mezzo ai gerarchi panzoni, ai professori con tessera e ai tengo-famiglia non ci fosse anche quel cinque-dieci per cento di nazisti fanatici, di incamiciati sbraitanti, di assassini. Avrebbe potuto essere una commedia italiana, una delle tante: così invece, se non succede qualcosa (ma cosa?), finirà prima o poi in dramma, alla croata.

* * *
Bergamo (Lombardia). Applicando un vecchio regolamento di polizia urbana, l'amministrazione (di centrosinistra) ha comunicato che è permesso chiedere l'elemosina per le vie del comune, ma per la durata massima di un'ora.

* * *
Padova (Veneto). Scritti sulle lavagne, per ordine della preside Anna Bottaro, i nomi dei diplomandi di origine straniera. Lo scopo,secondo la preside, è quello di invitare quelli di loro che fossero privi di permesso di soggiorno a "consegnarlo entro domani" prima di sostenere l'esame.

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Catania (Sicilia). Conferenza all'Università, insieme al rettore neo-eletto, del politico siciliano Marcello Dell'Utri, da poco assolto per prescrizione dal reato di "minaccia grave" ai danni di un imprenditore trapanese. Coimputato di Dell'Utri era nell'occasione il boss trapanese Vincenzo Virga, da poco accusato di essere il mandante dell’omicidio di Mauro Rostagno. Argomento della conferenza "Il buongoverno dei giovani" visto da Dell'Utri. La successiva conferenza è stata su "Il Futurismo: avanguardia dall'Italia al mondo", on.Gianfranco Fini, Facoltà di Lettere, Aula Magna.

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Morire di "informazione"
o farcene una noi


Continua il percorso delle testate libere catanesi per costruire insieme un giornale che veramente racconti la città. E' stata messa in funzione l'Associazione Lavori in corso, è stata completata la prima inchiesta. Ma perché l'informazione, qui e ora, è così importante?

Pare che Mauro Rostagno sia stato ammazzato dai mafiosi. Dopo ventun anni è ufficiale, sembra che anche Peppino Impastato sia stato ucciso da loro e non (come dicevano Corriere, Repubblica, Giornale di Sicilia e televisione) da una bomba mentre faceva un attentato.
Bene. La verità prima o poi viene a galla, qua in Sicilia. Magari - come nel caso di Peppino - dopo dieci anni. O come per Giuseppe Fava, ucciso dalla mafia e non - come dicevano Toni Zermo, Tino Vittorio e gli altri pezzi grossi catanesi - per qualche storia di donne. E Borsellino, e Falcone? Professionisti dell'antimafia, secondo i giornali isolani ma anche secondo il nobile Corriere.

E Francese, e De Mauro, e Alfano, e quelli di Portella? La mafia, secondo i giornalisti siciliani, non ha mai ucciso quasi nessuno. Qualcuno è morto sì, ma perché irrispettoso o caustico o, peggio di tutto, comunista. In quasi tutti i casi la verità vien fuori grazie a pochissime persone (Umberto Santino per Impastato, I Siciliani per Fava, ecc.), contro la stampa “perbene” e nell'indifferenza della maggior parte dei siciliani.

L'omertà della stampa rincretinisce sempre più i lettori, che essendo rincretiniti vogliono una stampa sempre più omertosa. Questo circolo vizioso, che una volta era tipicamente siciliano, adesso è felicemente nazionale, e produce i governi. La rozza Sicilia, riducendola al proprio livello, s'è infine così vendicata della civile Lombardia. Sicilia capta probum victorem smerdavit.

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La questione dell'informazione (disinformazione scientifica, propaganda) qui e ora è la più importante di tutte, senza paragone. E' lei che fa Cosa Nostra e Berlusconi. E' lei ha creato i Bossi e i Ciancimino (ma qualcuno sa più chi era fra i politici Ciancimino? E qualcuno nota più cosa veramente dice Bossi?), lei che accoltella o affoga in mare gli emigranti, lei che un tempo sparava ai sindacalisti. I politici vengono dopo, si limitano a raccogliere i frutti di ciò che l'”informazione” ha seminato.

Non è una situazione riformabile dall'interno. L'informazione ufficiale nel suo complesso, tecnologie o non tecnologie, può forse peggiorare (non ha ancora proposto, ad esempio, la sterilizzazione degli zingari o il lavoro forzato nei centri-lager) ma non può migliorare assolutamente, salvo che in individui singoli e pronti a finir male.
Perciò siamo tanto fanatici dei nostri pochi giovani e della nostra poca e povera libera informazione. Son pochi, ma esistono. Potrebbero attraversare il ventennio – 1994-2014: vent'anni – come fu attraversato il primo. Debbono rafforzarsi, debbono collegarsi, debbono - Gobetti - cercare lo scontro senza illusioni, non l'ottimismo.

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Le cose, qui in Italia, vanno come in fondo sono sempre andate. C'è piazza Venezia piena, c'è il duce, c'è la difesa della razza, ora c'è anche Claretta. Che buon popolo buffo saremmo stati, se in mezzo ai gerarchi panzoni, ai professori con tessera e ai tengo-famiglia non ci fosse anche quel cinque-dieci per cento di nazisti fanatici, di incamiciati sbraitanti, di assassini. Avrebbe potuto essere una commedia italiana, una delle tante: così invece, se non succede qualcosa (ma cosa?), finirà prima o poi in dramma, alla croata.

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I compagni

Ma uno dopo l'altro, ancora impietriti dall'orrore,
Li risvegliava l'affetto e li faceva parlare
Sapendo, in quella pena, che c'era molto da fare
Perchè non fosse inutile Perchè vivesse ancora

Dieci creature sole, senza dei a portar doni
Di genio o d'eroismo nella notte feroce:
E una dopo l'altra prendono la parola
Consigliando i compagni, inghiottendo il dolore,
Decidendo con calma ciò che faranno insieme

Sapendo che lo faranno, fra dieci anni o domani
E che in questo se stessi resta un uomo e il suo dono

(dalla redazione dei Siciliani, con Graziella, 1984)

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30 dicembre 2008

San Libero 378

La Catena di San Libero n. 378
23 dicembre 2008

Settembre (Otto)

Il Partito Democratico non esiste più, esattamente come da un certo momento in poi non esistette più il vecchio Partito Socialista. Milano, i tranvieri e i "ghisa", gli onesti ragionieri, i sindaci grigi e perbene, il primo maggio, le riforme, il divorzio, Strehler, "Ma mì", Milva, lo statuto dei lavoratori: tutto questo, una volta, era stato il partito socialista. Onesto e pasticcione, vecchio quanto l'Italia,, profondamente buono. E da un momento all'altro (nel giro di alcuni anni, in realtà: ma quello in cui te ne accorgi è un momento preciso) ecco che non c'è più, ne restano caricature feroci: sfondi di cartapesta, piramidi, "nani e ballerine". Quel momento preciso, quello che passa alla storia, è quello in cui Mario Chiesa, chino sul cesso di casa, cerca febbrilmente di affidare alla fogna le mazzette mentre alla porta tambura già, in forma di carabiniere, il Destino.

E qual è l'ultima foto, la foto storica, dei Democratici italiani? Secondo me, quella dell'assessore alla sicurezza Graziano Cioni. Nell'atto in cui telefona a Ligresti, confidenziale, subalterno - da cortigiano a granduca. Gli chiede, fra le altre cose, un favore servile: di finanziargli il libretto, l'opuscolo comunale, in cui Cioni-Rassi si gloria d'aver sbrattato Firenze dai lavavetri. Vittoria miserabile, che potrebbe valergli però la designazione a podestà scavallando - con manovrate "primarie" - un suo rivale; e che dunque val bene una messa.

A Firenze, come in altri luoghi d'Italia, e nella stessa Milano di Mario Chiesa, ben altri erano certo gl'interessi, che non quella mazzetta finita al cesso o quella telefonata di sottomissione. Eppure l'uno e l'altro episodio sono i più emblematici, i più amari; i più stridenti, soprattutto, con le tradizioni di partiti già nobili e civili. Nel caso di Mario Chiesa, la "Baggina", il Pio Albergo Trivulzio, i vecchi ricoverati dal Comune: illuminismo lombardo, socialismo umanistico, Ottocento; in quello dello sciagurato Cioni, servilismo a un potere - il siculo-milanese clan Ligresti - lontanissimo dalla città, non leopoldino o asburgico ma greve e barbaro, sultaniale; e una spietatezza feudale, da gabelloto, verso i poveri lavavetri. E questo nella città di La Pira, del David, del comandante "Potente" che "l'XI agosto MCMXLIV" - come si legge nella lapide - liberò coi partigiani Firenze, morendo nell'impresa.

Da quei fazzoletti rossi di partigiani, da quelle bottegucce sull'Arno, dalle fabbriche, dale elezioni vinte in nome di una speranza, da quelle regioni e comuni esemplarmente amministrati (erano loro, il socialismo reale!) per generazioni; da quelle povere solidarietà orgogliose che, anche negli anni del castagnaccio e delle prime lambrette, facevano che anche l'ultimo sanfredianino sapesse cos'era il Vietnam e cosa la Sicilia; da quella diversità bellissima, non padronale né borbonica ma popolana, ecco che si precipita nel ligrestume, nei pulcinella servi e avidi e nel feroce "via dal mio parabrezza!".

E' là che è finita quella storia. Non c'era bisogno, per capirlo, di magistrati. Torino che rincorre la Lega, Napoli che tradisce, l'Abruzzo che gela i votanti, la timida Basilicata (perfino lei!) che abbraccia i berluscones in nome delle mazzette: c'è poco da discutere, in tutto questo. Un'ecatombe di regioni e città perse per bestialità di satrapi, cedute al fascio in cambio in cambio di denaro. Le stesse conseguenze secondarie di questa catastrofe (ingigantito Berlusconi, che ne profitta per aa dittatura; promossi i Di Pietro e i Grillo a capi carismatici, non meglio ma meno peggio di Veltroni; ulteriormente rincoglionita la sinistra, affidata a Luxuria e al Circo Togni) sono addirittura meno gravi della catastrofe morale (della morale, ma soprattutto del morale), che è tremenda. "Sei tedeschi, sono bastati, per fare arrendere l'intero battaglione!". Insomma: otto settembre.
* * *
Dopo l'otto settembre non si discute più coi vecchi generali - i Graziani, i Badoglio, persino i "liberali" come Roatta. Son tutti similissimi fra loro. Non hanno più nulla da dire, salvo tradire del tutto e definitivamente o tirarsi da parte. Da loro lezioni non ne vogliamo più, di nessun tipo. Si parla invece, fraternamente e attentamente, con tutti coloro che "non mollare", di qualunque tipo. Dal tenentino sbandato, ligio al suo Regio Esercito e al suo Ds, all'anarchico bestemmiante nel nome di Beppe Grillo; dal carabiniere fedele alle stellette e a Di Pietro alla ragazza precaria seguace di F.& Martello in una delle sue quattrodici varianti. Tutti possono fare, tutti hanno da dire qualcosa. Con tutti bisogna parlare, ciascuno di loro, per confuso che sia, comunque è meglio di tutti i generali sabaudi che hanno tradito.

Infine, secondo me, un'idea ci sarebbe. E' quella della lotta alla mafia, il modello vincente. E' stata fino a questo momento l'esperienza unica - parliamo dell'antimafia vera, non di quella marmorea e da fiction che si diffonde ora - in cui lotta dura e unità si siano, in alcuni momenti e alcuni luoghi, fusi insieme e abbiano per qualche tempo anche vinto. Studiatela, se volete. Studiatela voi dell'Onda, soprattutto, ora che la vostra lotta sta già cominciando a rifluire (per mancanza di lingua e di memoria; eppure era una buona lotta); Cos'è successo nel '93, in Italia? Non ho voglia di chiacchierarne ancora: andate sulle fonti, e studiatelo. In cosa ha funzionato, e in che cosa no, la strategia di allora? Che cosa hanno concluso i nostri uomini - alcuni ci sono ancora - di quel periodo, e in che cosa hanno sbagliato? Dove si sono fermati? Da dove si può riprendere? Da dove ricominciarono - nel fascismo primo - Gramsci e Gobetti?

Queste sono le domande di ora, Andrea, Leandro, Norma, Leonardo, Federico, Cristina. Non aspettatevi la risposta, non ve la darà nessuno e men di tutti io. Ma è facile trovarla da soli, se veramente vi serve e se davvero la volete.

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I primi giorni del dopo Prodi

Sulla facciata posteriore di Palazzo Chigi si notavano anche, appena coperti da una barriera di siepi di alloro in vaso, cassonetti stracolmi di materiale cartaceo - centinaia di faldoni, cartelline, testi di e-mail con dicitura «priorità alta, riservato», appunti di dirigenti e consiglieri politici - tutto gettato via alla rinfusa e in gran parte finito in terra. Tutto materiale prodotto dagli uffici della Presidenza del Consiglio, ultimo governo Prodi, accantonato con il cambio di esecutivo. Pescando a caso, una cartellina piena di fogli e con scritta a pennarello rosso sul frontespizio: "Ddl Nicolais (ex ministro per l'Innovazione, ndr), modernizzazione pubblica amministrazione"

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Bavaglio

È molto più facile legare le mani ad un giornalista della carta stampata: una firma scompare più discretamente di un volto televisivo. È quello che è successo a Carlo Vulpio, contattato dal suo direttore Paolo Mieli che lo ha invitato a lasciar perdere gli articoli sui panni sporchi della procura di Salerno e le indagini bloccate nella procura di Catanzaro.
"Caso de Magistris, toghe indagate/ Illeciti per sfilargli le inchieste" - era il titolo dell'articolo di Vulpio del 3 dicembre che gli è costato l'allontanamento da questo filone d'inchiesta. Un articolo che sembrava più che altro un elenco del telefono, dove in sole 4000 battute si fanno ben 25 nomi, tra cui quelli di molti indagati eccellenti. Tanto per capirci, gente che ricopre o ha ricoperto incarichi di deputato, ministro, sottosegretaro, segretario nazionale di partito, presidente della Regione ,Generale della Finanza, procuratore della Repubblica, vicepresidente del Csm, procuratore generale della Corte di Cassazione o presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati.

E qui si arriva ad un nodo cruciale dell'informazione: in che modo vanno date le notizie quando la merda schizza fino ai piani alti sui completi gessati degl alti papaveri?
Un esempio da manuale è lo scandalo Watergate. Gli articoli di Bob Woodward e il suo collega Carl Bernstein sarebbero rimasti nei loro taccuini senza l'appoggio di Benjamin Crowninshield Bradlee, che nel suo ruolo di "executive editor" del Washington Post ha difeso il diritto di cronaca dei suoi giornalisti anche davanti agli attacchi del governo più potente del mondo.
Per far cadere Nixon dal suo trono, il Post ha dovuto tenere la schiena dritta per più di due anni e per decine di articoli, continuando a fare nomi e a pubblicare articoli scomodi. Rileggendo oggi quell'episodio la domanda è automatica: che cosa avrebbe fatto Paolo Mieli al posto di Bradlee se avesse avuto tra le mani le carte del Watergate e le soffiate dell'informatore "gola profonda"?

Chiedere alla disastrata stampa italiana di agire come un potere autonomo è probabilmente fatica sprecata. Per mantenere alta la bandiera del made in Italy ci consoliamo con il pensiero di aver inventato il "mielismo", un genere giornalistico nato sulle pagine del "Corriere" all'inizio degli anni '90, quando l'inossidabile Mieli provava a battere la concorrenza della televisione mescolando cronaca e gossip, generi alti e generi popolari, approfondimenti e pettegolezzi, inchieste e servizi glamour, informazione e intrattenimento. In poche parole: articoli seri e cazzate vendibili. E alla faccia di Bradlee e del Washington Post, quell'invenzione gli ha fruttato parecchio.
[garlo gubitosa]
Bookmark: www.carlovulpio.it

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Vigili

Se Parma mena, Napoli non scherza. A Parma ti fermano e ti spaccano la faccia solo perché gli stai antipatico in quanto nero. A Napoli, ti spaccano la faccia perché sei un giornalista e fai domande "sbagliate". Di tutti questi vigili, nessuno è stato cacciato e nessuno è finito in galera. A Parma come a Napoli, appena vedi un vigile per sì e per no chiama i carabinieri.

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Teatro

Antonio Fiumefreddo, sovrintendente del Teatro Massimo Bellini di Catania, è accusato dai dipendenti in protesta da un mese di gestire l’ente pubblico come se fosse un ente privato. Lui intanto proietta film, organizza balletti, appende gigantografie con volti di superboss. Fa la sua antimafia e non la nasconde. Anzi. La propaganda. In tribunale, però, qualcosa non torna.

Domenica: catanesi a iosa, con trombette, pacchi e pacchetti, invadono come onde e risacche i negozi di via Etnea. Alle 18 c’è il Teatro Massimo Bellini aperto. Che bello! Si fa antimafia... A destra dell’ingresso il volto di Matteo Messina Denaro, il superlatitante mafioso, il murales pop fatto da due ragazzi palermitani che volevano imitare Andy Warhol; a sinistra un’altra gigantografia. il Dance Attack organizzato da Fiumefreddo, il ballo antimafia che ricoprì lenzuolate di giornali perchè la scuola di un quartiere a rischio non vi prese parte. Nella gigantografia c’è un ballerino che riceve un’onorificenza dal presidente Napolitano.
In platea c’è una proiezione. Ovviamente antimafia. Proiettano "Io ricordo". Bello. Parla di Falcone, Borsellino, Libero Grassi. Fiumefreddo ha appena rimesso il suo incarico nelle mani del presidente della Regione Raffaele Lombardo (di cui è avvocato): c'èaria tesa in platea fra addetti, segretarie e Tensione tra lavoratori e sovrintendente. "Quante iniziative: ma i soldi per noi?", dicono i lavoratori. "Interessi di classe, lobby", risponde Fiumefreddo. Così i lavoratori scioperano da un mese: saltano le prime del Massimo, le seconde, le terze...

"Un film di grande impegno civile - dichiara Fiumefreddo sul giornale di Ciancio - la sua proiezione al Bellini rientra nell’alveo di quelle numerose iniziative che abbiamo voluto riunire per sottolineare e incoraggiare la meritoria opera di chi giornalmente si batte per una Sicilia libera dal giogo mafioso".
Poi volti pagina e becchi un bell’articolone: "Omicidio Scaringi: assolto presunto killer". Segue noiosa storia di mafia e ammazzatine varie. Solito sangue. Soliti pentiti. Soliti agguati. Soliti clan. E infine: "Rosario Spina, del clan Cappello, pregiudicato acese, è stato individuato come autore di un omicidio grazie alle dichiarazioni di alcuni pentiti. Spina avrebbe ucciso l’affiliato Antonino Faro, che si suppone volesse passare dal clan Cappello a quelo rivale dei Santapaola".
Ma chi è l’avvocato del pregiudicato mafioso Rosario Spina? Antonio Fiumefreddo, il sovrintendente del Teatro Bellini di Catania. Sì, proprio lui. Alla faccia dell’antimafia e della liberazione dal giogo mafioso. Come si chiamava quel film, "Io ricordo"? Appunto.
[giuseppe scatà]

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Università

A Messina, tanto per cambiare, hanno rinviato a giudizio il rettore. In margine all'inchiesta telefonate minatorie del tipo "Sono soltanto un messaggero del Magnifico e con questo concorso sta scoppiando una bomba. Questo concorso lo deve vincere Macrì". A Catania, una vittima, o forse due, o forse dieci, o forse anche di più, per le terrificanti condizioni di inquinamento dei laboratori di Farmacia. Ma stiamo parlando ancora di Università? E' giusto dare ancora lo status di istituto scientifico a luoghi in cui si perpetrano delitti così gravi?

Sui giornali ufficiali sia di Messina che di Catania è già uscita (sempre con grande evidenza) più d'una lettera di studenti e studentesse che dichiarano di sentirsi vittime della stampa del nord. “Ci criminalizzano perché siamo siciliani”, “Cercano lo scoop a tutti i costi”, “Perché non parlano delle cose buone che facciamo qui?”. Lettere vittimistiche, giustificazionistiche, omertose.
Ecco: la lunga agonia delle università di Messina e Catania sta producendo effetti gravissimi non solo materialmente, ma anche in quello che dovrebbe essere il principale terreno dell'università, la formazione umana. Avremo laureati bestie (avendo studiato con professori raccomandati), irresponsabili, queruli, omertosi. Certamente non tutti (ci mancherebbe!) ma una parte sì, sul modello preciso della classe dirigente attuale.

Forse sarebbe il caso di dare un segnale forte, di sospendere i corsi per un anno. Oppure di avere, per un intero anno accademico, una presenza fortissima della contestazione studentesca nelle facoltà. Nell'uno e nell'altro caso, non sarebbe - e non dovrebbe essere - un anno accademico normale. Perché “normale”, qua al sud, oramai vuol dire un'altra cosa.

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Libri

Carlo Ruta, Segreto di mafia. Il delitto Spampinato e i coni d’ombra di Cosa Nostra. Edizione Rapporti, Siracusa, pagg. 128, euro 10,00
Info: 347.4862409, accadeinsicilia@tiscali.it

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Pubblicità.

Gapa, Centro di aggregazione popolare S.Cristoforo, Catania. Fiera del Risparmio Solidale in via Cordai 47. Un mercato di vestiti nuovi in cui con minime donazioni volontarie (la maggior parte di 1 euro) si comprano capi nuovi di abbigliamento di buona fattura, confezionati in Italia. Vi aspettiamo e passate parola.
Info: 348.1223253, www.associazionegapa.org

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Cuore

Nando dalla Chiesa wrote:

<>
Bookmark: www.nandodallachiesa.it

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Passioni

d.m. wrote:

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Fa' girare.
"A che serve vivere, se non c'è il coraggio di lottare?" (Giuseppe Fava)
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5 ottobre 2008

I MINORENNI

da La Catena di San Libero

I Minorenni

di Riccardo Orioles *)


Gli abitanti di Catania hanno deciso che bisogna lasciare l'immondizia per le strade, che bisogna tenere la città al buio, che non bisogna pagare i comunali, che i politici si debbono prendere tutti i soldi che vogliono e che bisogna vendere il teatro Bellini al Qatar e Sant'Agata ai giapponesi. L'hanno deciso in piena libertà due volte, prima votando Scapagnini e poi dando l'ottanta per cento dei voti agli amici suoi.

Poi si sono messi a piangere: "Siamo senza una lira! C'è buio! C'è puzza! Aiuto, settentrionali!". E il buon coglione di Bergamo (o di Torino, o di Pescara, o di Bari: insomma, qualcuno che ci ha i soldi perché lavora) commosso s'è impietosito, ha messo la mano in tasca e: "To', eccoti 'sti centoquaranta milioni! E bada di non spenderteli subito come al solito, bricconcello!".


Che i catanesi, in quanto popolo, siano minorenni, non c'è il minimo dubbio. Non i politici, proprio i cittadini. Purtroppo, un quattrocento milioni se l'è beccati pure er Popolo de Roma, cor centurione in testa. Eppoi, gli americani, che stanno a strillà? Lo senti, er dabbliù? "So' pieno de debiti! Nun li voglio pagà io! Chin-chin-chin, sceicco Hussein, Ivan, nun me lasciate fallì! Dateme 'na mano!". Vabbe'. Consolamose così.


*)
Riccardo Orioles, giornalista antimafia, fondatore assieme a Giuseppe Fava de "I siciliani", è un punto di riferimento nel panorama delle firme giornalistiche in Sicilia impegnate a contrastare la mafia e la corruzione. -
www.riccardoorioles.org / www.sanlibero.it

26 maggio 2008

di nuovo on line La Catena di San Libero

n. 364
21 maggio 2008
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Nel giorno di Falcone

I siciliani antimafiosi, nel giorno di Falcone, fanno manifestazioni e ricordi, dispiaciuti perché Falcone non c'è più. Sono circa un quarto della popolazione. I siciliani mafiosi, che sono più o meno altrettanti, festeggiano fra di loro e ne hanno buoni motivi: è stato cancellato il principale apporto giuridico di Falcone (l'unitarietà di Cosa Nostra, con tutto ciò che ne consegue), è stato riportato in Cassazione il giudice che dava a Falcone del credino (il giudice Carnevale), è stato trionfalmente eletto un governo che considera eroe, invece di Falcone, un “uomo di panza” che ha eroicamente rispettato l'omertà, il grande Mangano.

E i siciliani mezzi-mezzi, la maggioranza, quelli che non hanno il cinismo di appoggiare la mafia ma neanche il coraggio di combatterla? Per loro, il problema principale è l'ignoranza. “Mi faccio i fatti miei”. Non hanno la minima idea di quanto il sistema mafioso gli ruba individualmente ogni giorno, in termini di denaro. Non sospettano che potrebbero essere, se non ricchi, almeno benestanti, in una regione ricca come questa, se non ci fosse la mafia. Sono onestamente convinti che mafia e antimafia siano questioni ideali (e dunque, per la cultura paesana, irrilevanti) e non materiali. “Mi faccio i fatti miei”.

L'informazione mafiosa, che un tempo serviva a dire “la mafia non esiste”, adesso serve a dire che la mafia esiste sì ma è una cosa che riguarda solo mafiosi e giudici e non la gente normale. Una cosa da diavoli o da eroi, insomma. Buona per i dibattiti e le fiction, ma non per la vita normale.
Perciò il lavoro principale che c'è da fare oggi in Sicilia è principalmente d'informazione. Non solo sulle notizie delle singole malefatte (il che è già tanto, perché qui i malfattori comandano ai giornali), ma soprattutto sul quadro generale, sull' “atmosfera”, sui problemi concreti che vivere in un paese mafioso comporta anche per chi non pensa a ribellarsi.

Non lo si può fare alla meno peggio (raccontare una società è un lavoro abbastanza complesso) e non lo si può fare a suon di slogan (non c'è un prodotto da vendere ma una mentalità da trasformare). Però, quando si riesce a farlo come Dio comanda, funziona. E' stato così che a Palermo per alcuni anni ha avuto assai peso l'antimafia e a Catania si è riusciti a scacciare i cavalieri.

Questo lavoro, i grossi giornali non lo faranno mai: non puoi fare un grosso giornale senza avere grosse imprese alle spalle; e nessuna grossa impresa, ormai,può sopravvivere senza far patti col diavolo (il caso Repubblica a Catania insegna). I giornali piccoli (come noi) possono tentare di farlo sì, ma, salvo eccezioni, possono concludere poco (e le eccezioni si pagano con vite umane).
E allora chi? I giornali piccoli, magari piccolissimi (tipo quello che puoi fare anche tu, nella tua scuola o nel tuo paese) però in rete: scambiandosi le notizie, organizzandosi insieme, e usando per tutto questo l'internet, cioè la rete più rete di tutte. Questo richiede tempo, richiede pazienza a non finire (tenere insieme dei siciliani, con rete o senza, è un'impresa da Giobbe,e ne sappiamo qualcosa), però, tutto sommato, può funzionare.

In una rete di questo tipo bisogna lavorare molto: certo, è più divertente che sotto padrone (non è mai divertente lavorare per qualcun altro) ma il problema è che l'obbiettivo è molto alto: non si tratta di fare una cosa simpatica per sentirsi appagati, ma di far concorrenza ai giornali dei padroni, con l'obiettivo finale di spazzarli via dal mercato e dare un'informazione libera alla maggior parte della gente. Non un'operazione di nicchia (o di ghetto), insomma, ma il tentativo consapevole di costruire un'egemonia.

Fra vent'anni, Peppino Impastato dovrà pesare molto di più di Berlusconi, come comunicazione di massa. “Si, vabbe'...” dici tu. Eppure, trent'anni fa,in Italia le radio di base sono arrivate molto prima di Mediaset; e non erano poche: duecentocinquanta, in tutta Italia, con una copertura globale non indifferente.

E allora com'è che ha vinto Berlusconi? Per tre motivi precisi:
1) erano ognuna per conto suo, e Radio Firenze - ad esempio - non sapeva cosa faceva Radio Aut a Cinisi;
2) non parlavano in italiano (cioè la lingua che usano gli italiani) ma in politichese, perché i loro leader così si sentivano più importanti;
3) non capivano che stavano usando delle radio libere - cioè una cultura e una tecnica completamente nuove - e non dei ciclostili o dei bollettini di partito.
Così Peppino è rimasto solo.

* * *

Adesso la situazione è sostanzialmente la stessa. Tanti gruppi diversi (moltissimi che stanno internet) ma ognuno per conto suo. Tanti linguaggi “ideologici” (cioè del ceto medio acculturato) e pochissimo intervento nei quartieri. Tanti siti, blog, giornaletti e giornali, ma tutti rassegnati alla solitudine, ad essere voci locali e non anelli di rete.

Bene, tutto ciò non vuol dire niente, non c'è nulla d'irreparabile. Dipende tutto da noi, esclusivamente da noi. Certo, a volte verrebbe voglia di sbattersi la testa al muro. Casablanca chiusa per mandanza di poche migliaia di euri, Graziella Proto lasciata sola - dalla sinistra illustre, ma anche da un po' di società civile isolana - a combattere la sua guerra, come se fosse stata una guerra sua personale. E anche ora, qui a Catania, almeno due (forse tre, non si sa ancora) liste distinte della società civile locale, ognuna per sé e Dio per tutti. Credo che pure Giobbe bestemmierebbe.

Però, tutto sommato, avrebbe torto. In fondo, si tratta solo di problemi di crescita. C'è molta più unità che negli altri anni (le legnate quantomeno servono a questo); “Facciamo un giornale-rete tutti insieme” ormai suscita solo dei “Sì però” perplessi e non dei “No!” secchi e brutali come qualche anno prima. Ci sono degli ottimi gruppi di quartiere, e l'ultima generazione di ragazzi - se non la rovinano i vecchi - sta crescendo bene. Persino qui alle elezioni, che sono la cosa più avida e avara che ci sia, è mancato solo un pelo a fare la lista unica di base, e non è detto che la prossima volta non ci si riesca.


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