Le donne cambiano la Storia, cambiamo i libri di Storia.

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LE DONNE CAMBIANO LA STORIA, CAMBIAMO I LIBRI DI STORIA
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26 maggio 2008

di nuovo on line La Catena di San Libero

n. 364
21 maggio 2008
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Nel giorno di Falcone

I siciliani antimafiosi, nel giorno di Falcone, fanno manifestazioni e ricordi, dispiaciuti perché Falcone non c'è più. Sono circa un quarto della popolazione. I siciliani mafiosi, che sono più o meno altrettanti, festeggiano fra di loro e ne hanno buoni motivi: è stato cancellato il principale apporto giuridico di Falcone (l'unitarietà di Cosa Nostra, con tutto ciò che ne consegue), è stato riportato in Cassazione il giudice che dava a Falcone del credino (il giudice Carnevale), è stato trionfalmente eletto un governo che considera eroe, invece di Falcone, un “uomo di panza” che ha eroicamente rispettato l'omertà, il grande Mangano.

E i siciliani mezzi-mezzi, la maggioranza, quelli che non hanno il cinismo di appoggiare la mafia ma neanche il coraggio di combatterla? Per loro, il problema principale è l'ignoranza. “Mi faccio i fatti miei”. Non hanno la minima idea di quanto il sistema mafioso gli ruba individualmente ogni giorno, in termini di denaro. Non sospettano che potrebbero essere, se non ricchi, almeno benestanti, in una regione ricca come questa, se non ci fosse la mafia. Sono onestamente convinti che mafia e antimafia siano questioni ideali (e dunque, per la cultura paesana, irrilevanti) e non materiali. “Mi faccio i fatti miei”.

L'informazione mafiosa, che un tempo serviva a dire “la mafia non esiste”, adesso serve a dire che la mafia esiste sì ma è una cosa che riguarda solo mafiosi e giudici e non la gente normale. Una cosa da diavoli o da eroi, insomma. Buona per i dibattiti e le fiction, ma non per la vita normale.
Perciò il lavoro principale che c'è da fare oggi in Sicilia è principalmente d'informazione. Non solo sulle notizie delle singole malefatte (il che è già tanto, perché qui i malfattori comandano ai giornali), ma soprattutto sul quadro generale, sull' “atmosfera”, sui problemi concreti che vivere in un paese mafioso comporta anche per chi non pensa a ribellarsi.

Non lo si può fare alla meno peggio (raccontare una società è un lavoro abbastanza complesso) e non lo si può fare a suon di slogan (non c'è un prodotto da vendere ma una mentalità da trasformare). Però, quando si riesce a farlo come Dio comanda, funziona. E' stato così che a Palermo per alcuni anni ha avuto assai peso l'antimafia e a Catania si è riusciti a scacciare i cavalieri.

Questo lavoro, i grossi giornali non lo faranno mai: non puoi fare un grosso giornale senza avere grosse imprese alle spalle; e nessuna grossa impresa, ormai,può sopravvivere senza far patti col diavolo (il caso Repubblica a Catania insegna). I giornali piccoli (come noi) possono tentare di farlo sì, ma, salvo eccezioni, possono concludere poco (e le eccezioni si pagano con vite umane).
E allora chi? I giornali piccoli, magari piccolissimi (tipo quello che puoi fare anche tu, nella tua scuola o nel tuo paese) però in rete: scambiandosi le notizie, organizzandosi insieme, e usando per tutto questo l'internet, cioè la rete più rete di tutte. Questo richiede tempo, richiede pazienza a non finire (tenere insieme dei siciliani, con rete o senza, è un'impresa da Giobbe,e ne sappiamo qualcosa), però, tutto sommato, può funzionare.

In una rete di questo tipo bisogna lavorare molto: certo, è più divertente che sotto padrone (non è mai divertente lavorare per qualcun altro) ma il problema è che l'obbiettivo è molto alto: non si tratta di fare una cosa simpatica per sentirsi appagati, ma di far concorrenza ai giornali dei padroni, con l'obiettivo finale di spazzarli via dal mercato e dare un'informazione libera alla maggior parte della gente. Non un'operazione di nicchia (o di ghetto), insomma, ma il tentativo consapevole di costruire un'egemonia.

Fra vent'anni, Peppino Impastato dovrà pesare molto di più di Berlusconi, come comunicazione di massa. “Si, vabbe'...” dici tu. Eppure, trent'anni fa,in Italia le radio di base sono arrivate molto prima di Mediaset; e non erano poche: duecentocinquanta, in tutta Italia, con una copertura globale non indifferente.

E allora com'è che ha vinto Berlusconi? Per tre motivi precisi:
1) erano ognuna per conto suo, e Radio Firenze - ad esempio - non sapeva cosa faceva Radio Aut a Cinisi;
2) non parlavano in italiano (cioè la lingua che usano gli italiani) ma in politichese, perché i loro leader così si sentivano più importanti;
3) non capivano che stavano usando delle radio libere - cioè una cultura e una tecnica completamente nuove - e non dei ciclostili o dei bollettini di partito.
Così Peppino è rimasto solo.

* * *

Adesso la situazione è sostanzialmente la stessa. Tanti gruppi diversi (moltissimi che stanno internet) ma ognuno per conto suo. Tanti linguaggi “ideologici” (cioè del ceto medio acculturato) e pochissimo intervento nei quartieri. Tanti siti, blog, giornaletti e giornali, ma tutti rassegnati alla solitudine, ad essere voci locali e non anelli di rete.

Bene, tutto ciò non vuol dire niente, non c'è nulla d'irreparabile. Dipende tutto da noi, esclusivamente da noi. Certo, a volte verrebbe voglia di sbattersi la testa al muro. Casablanca chiusa per mandanza di poche migliaia di euri, Graziella Proto lasciata sola - dalla sinistra illustre, ma anche da un po' di società civile isolana - a combattere la sua guerra, come se fosse stata una guerra sua personale. E anche ora, qui a Catania, almeno due (forse tre, non si sa ancora) liste distinte della società civile locale, ognuna per sé e Dio per tutti. Credo che pure Giobbe bestemmierebbe.

Però, tutto sommato, avrebbe torto. In fondo, si tratta solo di problemi di crescita. C'è molta più unità che negli altri anni (le legnate quantomeno servono a questo); “Facciamo un giornale-rete tutti insieme” ormai suscita solo dei “Sì però” perplessi e non dei “No!” secchi e brutali come qualche anno prima. Ci sono degli ottimi gruppi di quartiere, e l'ultima generazione di ragazzi - se non la rovinano i vecchi - sta crescendo bene. Persino qui alle elezioni, che sono la cosa più avida e avara che ci sia, è mancato solo un pelo a fare la lista unica di base, e non è detto che la prossima volta non ci si riesca.


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25 febbraio 2008

un articolo di Naomi Klein

L’ AVANZATA DI OBAMA IN USA E’ RIFLESSO DELLA CRISI DEI MUTUI AMERICANI ?
riflessioni partendo dalle tesi espresse dalla Klein nell'articolo qui di seguito riportato


“CONFRATERNITA GLOBALE DEI PRODUTTORI “
da www.ilsognochecontinua.it
giovedì 21 febbraio 2008

La società dei proprietari
La società dei proprietari (Il ritorno della coscienza di classe) - 20-2-08

di Naomi Klein - da Zmag.org

Lo sfratto di massa attuato nella società dei proprietari ha portato a profonde implicazioni politiche. Secondo un sondaggio di settembre il 48% degli americani ritiene di vivere in una società divisa in persone che hanno e persone che non hanno. Praticamente il doppio del 1988. Solo il 45% di loro si vede come coloro che hanno.

Ricordate la "società dei proprietari"? Era uno dei punti importanti di George W. Bush e venne spesso citato durante i primi quattro anni di presidenza.

Nell'ottobre del 2004 Bush affermò: "In questo paese stiamo creando una società di proprietari, dove sempre più americani potranno finalmente aprire le porte delle case dove vivono e dire <è mia>"
Il think-thanker Gorver Norquist predisse che la più importante eredità di Bush sarebbe stata la società dei proprietari e sarebbe stata ricordata "molto dopo essersi dimenticati di come si possa pronunciare o scrivere Fallujah." Eppure nell'ultimo discorso sullo Stato dell'Unione questo slogan (precedentemente presente in qualunque discorso) non è stato pronunciato. Nessuna sorpresa: a differenza del suo orgoglioso padre, Bush si è rivelato il becchino della società dei proprietari.

Molto prima che la società dei proprietari conquistasse una facciata pulita la sua creazione era divenuta la chiave del successo per la rivoluzione economica della destra nel mondo. L'idea era semplice: se la classe lavoratrice avesse posseduto una piccola porzione di mercato -un mutuo per la casa, un portafoglio di azioni, una pensione privata- avrebbero cessato di identificarsi come classe lavoratrice ed avrebbe cominciato a sentirsi proprietaria, mostrando gli stessi interessi dei padroni. Questo voleva dire che i lavoratori avrebbero potuto votare per politici che promettevano migliori performance della borsa piuttosto che migliori condizioni di lavoro. La coscienza di classe sarebbe divenuta un lontano ricordo.

E' un facile tentazione quella di etichettare come "hokum"(1) la società dei proprietari (come fece Robert Reich) Ma la società delle nazioni è stata indubbiamente reale. Era la risposta ai blocchi posti a tutti i leader che con la loro politica agevolavano i più ricchi. Il problema era facilmente sintetizzabile: le persone tendono a votare per favorire i propri interessi economici. Anche nei ricchi Stati Uniti la maggioranza delle persone guadagna meno del reddito medio nazionale. Questo vuole dire che l'interesse della maggioranza è quello di votare i politici che promettono di redistribuire la ricchezza dall'alto verso il basso.

Quindi cosa bisognava fare? Fu Margaret Thatcher a trovare per prima la soluzione. Lo sforzo venne concentrato sulle case popolari abitate in gran parte da elettori del partito laburista. Con una mossa ardita la Thatcher offrì forti incentivi ai residenti per comprare a tassi agevolati gli appartamenti nei quali vivevano (all'incirca come fece Bush un decennio più tardi con i mutui sub-prime). Coloro che se li potevano permettere divennero proprietari mentre il numero dei restanti inquilini che non potevano permettersi gli affitti raddoppiò conducendo ad un impennata del numero dei senzatetto.

Come strategia politica funzionò: quelli che erano in affitto continuarono ad opporsi alla Thatcher ma i sondaggi rivelarono che oltre la metà dei nuovi proprietari aveva cambiato partito passando ai Tories. La chiave era tutta psicologica: adesso si vedevano come proprietari e i proprietari tendono a destra. La società dei proprietari, come progetto politico, era appena nata.

Dall'altra parte dell'oceano Reagan mise in atto una politica mirata a convincere il pubblico sul fatto che non esistevano più le classi. In un sondaggio del 1988 solo il 26% degli intervistati disse di vivere in una società divisa tra "coloro che hanno" e "coloro che non hanno". Il 71% rifiutò l'intera idea di classe. La vera evoluzione comunque avvenne negli anni '90 con la "democratizzazione" delle proprietà delle azioni: quasi metà dei proprietari di casa si trovarono a possedere anche delle azioni. Il controllo dell'andamento della borsa divenne un passatempo nazionale con i dati sulle azioni che passavano in televisione più spesso delle previsioni del tempo. Main Street, ci venne detto, aveva distrutto Wall Street(2).

Una volta di più il mutamento fu psicologico. Questi proprietari di azioni rappresentavano una parte relativamente minima dell'indotto medio americano ma nell'era del ridimensionamento economico e dello spostamento dei capitali off-shore la nuova classe di investitori amatoriali visse in modo diverso i cambiamenti del tempo: ogni qualvolta si presentava una nuova tornata di licenziamenti che accresceva il valore delle azioni la reazione non era quella identificarsi con coloro che avevano perso il lavoro ma piuttosto chiamare i propri broker con istruzioni per comprare in borsa.

Bush assunse la propria carica determinato a portare ancora oltre questa tendenza consegnando l'assistenza sociale nelle mani di Wall Street e mirando a rendere proprietari di casa gli elementi delle diverse minoranze (tendenzialmente fuori dal raggio di influenza dei repubblicani). Affermò Bush: "Meno del 50% degli afroamericani o degli ispanici possiede una casa. Sono semplicemente troppo pochi" Invitò il Fannie Mae(3) ed il settore privato a "sbloccare milioni di dollari per dare la possibilità di comprare una casa" (questo è un importante promemoria: coloro che concessero i mutui sub-prime vennero influenzati direttamente dall'alto)

Oggi le premesse fondamentali della società dei proprietari sono finite. Prima c'è stata l'esplosione della bolla informatica. In seguito i dipendenti hanno visto le proprie pensioni legate alle azioni dissolversi insieme alla Enron ed alla WorldCom. E adesso abbiamo la crisi dei mutui sub-prime con due milioni di proprietari che devono affrontare il pignoramento delle proprie abitazioni.

Molti stanno attingendo al proprio 401(k)(4), i fondi guadagnati con le azioni, per pagare i propri mutui. La storia d'amore tra Wall Street e Main Street, nel frattempo, è finita. Per evitare rigidi controlli adesso la nuova tendenza è quella di spostarsi dalle borse e dalle azioni gestite pubblicamente verso i capitali di rischio. A Novembre il Nasdaq ha unito le forze con diverse banche, inclusa la Goldman Sachs, per creare Portal Alliance, un fondo di rischio privato aperto solamente ad investitori con un patrimonio superiore ai 100 milioni di dollari. In un battibaleno la vecchia società dei proprietari si è tramutata nella nuova società per soli membri.

Lo sfratto di massa attuato nella società dei proprietari ha portato a profonde implicazioni politiche. Secondo un sondaggio di settembre il 48% degli americani ritiene di vivere in una società divisa in persone che hanno e persone che non hanno. Praticamente il doppio del 1988. Solo il 45% di loro si vede come coloro che hanno. In altre parole stiamo assistendo ad un ritorno alla coscienza di classe che si supponeva sarebbe stata cancellata con la società dei proprietari. Le ideologie del libero mercato hanno perso un potente strumento psicologico e i progressisti ne hanno conquistato uno. Adesso che John Edwards (candidato democratico ritiratosi il 30.01.08 ndr) è fuori dalla corsa per la casa bianca, la domanda è, qualcuno avrà il coraggio di usarlo?
www.ilsognochecontinua.it
giovedì 21 febbraio 2008

11 gennaio 2008

Di questa cosa che chiami vita –

Il mondo di Francesco Guccini

Di questa cosa che chiami vita Francesco Guccini
N.A.Di.R. informa: propone la presentazione del libro di Brunetto Salvarani (teologo e giornalista – Diettore di "CEM Mondialità" e della collana della EMI "Parole delle fedi" – da anni impegnato nel dialogo interreligioso) e di Odoardo Semellini (operatore culturale c/o il Comune di Carpi, esperto di fumetti e cantautori) "Di questa cosa che chiami vita" – Il mondo di Francesco Guccini (Ed. Il Margine). Una sorta di piccola e lussureggiante enciclopedia gucciniana, "la più fedele biografia che mi riguardi" sono le parole di Francesco Guccini che ha accolto la presentazione presso il Mulino Guccini a Pàvana in u'atmosfera intima e carica della sua stessa essenza. Il mondo di Guccini, uno dei più imponenti cantautori del panorama musicale italiano, oltre che ottimo scrittore di noir, è un mondo vasto, multiforme, sorprendente, un mondo che ha rappresentato una sorta di modello ideale di riferimento per svariate generazioni. Il libro di Salvarani e Semellini intraprende un viaggio emozionante entrando nelle parole chiave della produzione musicale e letteraria dell’autore di "Dio è morto", "Auschwitz", "La locomotiva" ... da Anarchia a Dio, da Donne a Gatti, da Morte a Tempo, da Notte a Radici.

Produzione: Arcoiris Bologna

Visita il sito: www.mediconadir.it
informazioni: www.il-margine.it

Per vedere il filmato clicca qui!

9 gennaio 2008

Cara Moglie - film

Cara Moglie Cara Moglie

Film che ripercorre con un misto di fiction e documentari originali, la presenza migratoria italiana (abruzzese in particolare) nei Paesi di lingua tedesca (Svizzera e Germania) attraverso le lettere inviate dagli emigranti alle proprie famiglie.

realizzato da: Silvano Console
Editrice Filef - 2006

Cortesia di FILEF - Federazione Italiana Lavoratori Emigranti e Famiglie

Visita il sito: www.filef.org

Per vedere il filmato clicca qui!

3 gennaio 2008

Per la cortesia di ARCOIRIS


La ballata del monte Kenya

La ballata del monte Kenya La ballata del monte Kenya

anno: 2006
genere: film documentario
regia: Andrea Deaglio
produzione: Blips : images and communities


La ballata del monte Kenya è una girandola di immagini e piccole storie dell'Africa nera.
Nei villaggi alle pendici del monte Kenya si conserva un mondo arcaico dove due vecchi contadini sognano di portare l'elettricità alle loro case grazie alla forza di una grande cascata.
Presso le rive del fiume Mutonga gli uomini delle cave di pietra lavorano in condizioni durissime, e ogni giorno rischiano la loro vita.
Le popolazioni di queste terre sono pacifiche e ospitali ma vengono sterminare dal virus dell'HIV. L' Associazione Italiana Nomadi dell'Amore ha una casa famiglia per bambini ammalati e il progetto di costruirne un'altra.
E poi ci sono i diversi: albini d'Africa, ciechi e multihandicappati, un piccolo coro di freaks, prima abbandonati poi recuperati, educati e reinseriti in società dalla St. Lucy School For The Blind.
C'è una cura ai mali dell'Africa? Sì, nelle energie quotidiane e spesso volontarie di chi dedica il proprio tempo a queste genti.
E nonostante tutto l'Africa nera ha un cuore vivo e pulsante che batte ostinato e lontano dal progresso e dalle preoccupazioni della civiltà occidentale.

contatti: info@blips.it
Andrea Deaglio (340.7894626)


Visita il sito: www.blips.it

Per vedere il filmato clicca qui! VIDEO


Cominciamo da qui comin