Le donne cambiano la Storia, cambiamo i libri di Storia.

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LE DONNE CAMBIANO LA STORIA, CAMBIAMO I LIBRI DI STORIA
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23 gennaio 2014

Arik Sharon: chi è stato costui ?


12 gennaio 2014  Il Leone è morto

Commento di Deborah Fait



Mi piace immaginarlo uscire dall’involucro del suo corpo distrutto da otto anni di malattia e mettersi a camminare col suo passo pesante, leggermente dondolante , a testa alta, il solito sorriso un po’ ironico, verso il paradiso dei Grandi. 
Arik Sharon, Melech Israel, il Re di Israele, e’ morto, il suo Popolo lo piangera’ e lo rimpiangera’ , ci mancheranno la sua brillante intelligenza, la sua simpatia, il suo coraggio indomito e il suo amore appassionato per Israele, lo piangeremo consapevoli che uomini come lui nascono sempre piu’ raramente e che sionisti orgogliosi, preziosi e audaci come Lui sono sempre piu’ introvabili.


 Sharon con i suoi soldati

Ariel Sharon ha salvato Israele quando, nel 1973, disobbedendo agli ordini dei suoi superiori e rischiando la Corte Marziale, decise di entrare in territorio egiziano convinto che Israele doveva smettere di difendersi per incominciare ad attaccare il nemico.


Sharon con Dayan

Questa azione coraggiosa determino’ la guerra , l’esercito egiziano fu circondato e disperso e, da quel momento, ebbe inizio il trionfo di Israele nella guerra del Kippur. Fu in quei giorni che circolava in Israele la battuta detta con un senso di sollievo e col solito humor ebraico dissacrante, dopo la grande paura della distruzione del Paese promessa dagli arabi :” Visitate Israele e le sue Piramidi”. Da quel momento i Paesi arabi, consapevoli che mai avrebbero potuto battere Israele in guerra, si dedicarono alla propaganda, alla delegittimizione, alla demonizzazione dello stato ebraico e al terrorismo.

I loro sforzi vennero premiati nel 1975 quando l’ONU paragono’ il Sionismo al razzismo e gli arabi decisero di usare i cosiddetti “palestinesi” come arma sicura portando il mondo a considerare Israele paese coloniale, gli israeliani aggressori e i palestinisti vittime.

Davanti al Kotel

ma dopo la preghiera le armi

Questa fu l’arma vincente degli arabi, incapaci di combattere lealmente, abituati culturalmente alla menzogna e all’imbroglio, che li porto’ a conquistare le simpatie del mondo occidentale e a ridurre Israele a reietto e paria, l’Ebreo del mondo contro cui riversare odio e rabbia.

Non potendo distruggere il coraggio e il valore dello stato ebraico, gli arabi e i loro soci occidentali hanno voluto e stanno ancora tentando di distruggerne la credibilita’ e il diritto storico e politico di vivere in Erez Israel.

Nel 1982 , per combattere le bande palestiniste che da anni colpivano Israele dal Libano, Sharon, allora Ministro della Difesa, entro’ nel Paese per creare una linea di sicurezza per Israele e fu allora che ebbe inizio la sua demonizzazione da parte dell’Europa e delle sinistre internazionali, quando non riusci’ ad impedire la strage di Sabra e Chatila da parte dei falangisti cristiano maroniti entrati nei campi per distruggere i palestinesi che avevano fatto scempio dell’intero Libano, assassinado ache il premier cristiano Gemayel.

Il mondo se la prese con Sharon, Israele divenne “nazista”, i veri assassini non furono mai nominati e regolarmente ogni anno da allora, in settembre, il letame dell mondo, pacifinti in testa, commemorano Sabra e Chatila demonizzando Israele e criminalizzando Ariel Sharon.

Non si contano le vignette che lo raffigurano mentre mangia bambini palestinesi che divertono tanto chi non e’ nemmeno degno di pronunciarne il nome. Nel 2001 Sharon divenne Primo Ministro e, nel 2002, dopo che il terrorismo palestinista aveva ammazzato quasi 200 civili israeliani in pochi mesi, Sharon decise il contrattacco e entro’ nei territori detti “palestinesi” nel tentativo di calmare la situazione.

L’offensiva militare e la costruzione della barriera difensiva salvarono Israele da decine di attentati al giorno, salvarono i nostri figli dalla morte e gli israeliani dal pericolo di scoraggiarsi dopo 60 anni di guerra , di tentativi di pacificazione falliti miseramente e dolorosamente nel sangue ebraico. Israele non celebra mai le proprie vittorie ( a differenza dei Paesi arabi, che celebrano con enormi parate le proprie sconfitte travestite da vittorie, a dimostrazione di come il fanatismo renda stupidi), ma l’aver vinto il terrorismo seriale di Arafat e’ stata una delle cose piu’ grandi che Sharon sia riuscito a fare.

Questo gli guadagno’ l’odio del mondo intero che, insieme agli arabi, si scateno’ una volta di piu’ contro Israele. Nel 2005 Sharon, col zigzagare tipico del pragmatismo sionista....” cogli arabi e’ impossibile fare la pace ma noi israeliani tenteremo sempre”.... decise di staccare Israele dalla Striscia di Gaza, portando via dalle loro case, dal loro lavoro, dalla loro vita 10.000 israeliani.

Fu per Israele un periodo molto difficile e confuso. Chi era d’accordo, chi si opponeva, chi non sapeva da che parte stare. Israele era “invaso” da nastri arancioni e azzurri legati alle macchine, alle borse delle donne, ai manubri delle biciclette dei giovani, alle carrozzelle dei bambini, ai balconi delle case. L’arancione era il colore di chi si opponeva all’uscita da Gaza , l’azzurro era di chi era d’accordo. Gli indecisi avevano sia il nastro arancio che quello azzurro. Non sapevamo davvero cosa pensare, speravamo nella pace, temevamo il fallimento ma quando abbiamo visto i soldati piangere abbracciando quegli ebrei che dovevano portare via, tutta Israele e’ scoppiata in un singhiozzo disperato.

Niente piu’ pro e contro, tutti uniti nel dolore per quei fratelli portati via da un esercito in lacrime che li abbracciava e li accarezzava. Quando abbiamo visto i palestinisti entrare per bruciare tutto quello che era in piedi, le serre con le coltivazioni che Israele esportava in tutto il mondo, gli edifici rimasti, guardavamo increduli, con la gola chiusa, quello scempio compiuto da gente barbara, priva di ogni barlume di civilta’ e di intelligenza.

Ma come! Eravamo usciti, avevamo portato via ogni ebreo, persino i morti dei cimiteri, per dare ai palestinisti il modo di incominciare a costruire lo stato che dicevano di volere e loro distruggevano tutto, spianavano tutto per mettere al posto delle serre distrutte e delle case, le batterie di missili per colpire Israele piu’ da vicino.

Forse sbagliero’, forse sarebbe accaduto ugualmente, ma nessuno mi leva dalla testa che l’uscita dalla Striscia e l’aver capito che i palestinisti volevano solo morte, terrorismo e arrivare a distruggere Israele e che il sacrificio non era servito a niente , deve aver distrutto il vecchio Leone.
L’anno dopo fu colpito da due ictus, il secondo fu fatale.


Il vecchio Leone e’ morto, se n’e’ andato in silenzio nel paradiso dei Grandi. Shalom Arik Sharon, Melech Israel, nessuno mai ti dimentichera’.

Deborah Fait

http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

18 novembre 2013

Dalla Palestina una volontaria Australiana dà conto dei bambini kamikaze

La narratrice che compare nel video è Darley Jones, che lo ha anche realizzato e fatto diffondere. Non è facile seguire il testo sottotitolato in francese assieme con quello ebraico, però ci si riesce
Un documento a dir poco inquietante.
AMg



Darley Jones, gentile signora australiana che si è sentita totalmente solidale con la lotta dei palestinesi così come vengono presentati dai media di tutto il mondo, ovvero come le vittime di Israele, decide un giorno di far qualcosa e di andare come volontaria ad aiutare i palestinesi nella Palestina occupata. 
Quel che l'ha spinta a farlo, sono state le foto che mostravano bambini palestinesi morti coi loro corpi fatti a pezzi.
Lei è arrivata a Jenin , assolutamente convinta che questi bambini muoiano perché Israele li tortura a morte.
Ma quando è arrivata a Jenin  solo pochi giorni dopo, si è imbattuta in un caso scandaloso, in cui un ragazzo si è fatto esplodere in un attentato suicida. Dopo aver impattato la dura realtà , improvvisamente lei si è resa conto che molti di questi bambini muoiono perché sono mandati a morire. Ha constatato che i bambini di età compresa tra 7-8 anni sono arruolati e addestrati per la guerra, mettendoli a rischio come adulti e sacrificati così muoiono. Ma bambini di età compresa tra 7-8 sono bambini e a quelli non hanno nemmeno costruito un parco giochi.
E i bambini ? Vogliono essere come un famoso ingegnere idraulico che si è fatto esplodere. 
Non vogliono la pace ?  No. Vogliono che lo Stato di Israele scompaia .

L'incontro con la verità ha prodotto sulla donna un grave shock emotivo.
Alla fine del video dice:
"Non vogliono la pace. Non hanno mai avuto altra intenzione che quella di distruggere Israele."

6 maggio 2013

L'emiro del Qatar compra, pezzo dopo pezzo, l'economia occidentale

da REPUBBLICA di 30/04/2013,
a pag. 44, l'articolo di Alberto Stabile dal titolo " Viaggio in Qatar tra gli emiri padroni del mondo - L'emiro che compra il mondo, Qatar, L'Eldorado nel deserto ",
a pag. 45, l'articolo di Anais Ginori dal titolo " Moschee, lusso e Ibra, l'Opa dell' emiro su Parigi ".





Emiro del Qatar
Hamad Bin Khalifa Al Thani,



" Viaggio in Qatar tra gli emiri padroni del mondo - L'emiro che compra il mondo, Qatar, L'Eldorado nel deserto "

Alberto Stabile

La gondola scivola silenziosa sul canale scavato nel pavimento del grande centro commerciale. Donne in nero dalla testa ai piedi affollano le banchine su cui si affacciano le vetrine incastrate tra i palazzi, i ponti e i campielli di una finta Venezia sovrastata da un finto cielo primaverile. Il gondoliere filippino armeggia con il remo senza tradire fatica. In realtà a muovere l'imbarcazione sulle acque verdine da cui si sprigiona una confortevole frescura è un motorino elettrico, naturalmente "ad emissioni zero". Benvenuti in Qatar, la fabbrica dell'impossibile reso fattibile dal denaro, la caverna del tesoro nascosta in un deserto ferocemente ostile, ma inaspettatamente generoso, perché adagiato sul terzo più grande giacimento petrolifero del mondo. Trent'anni fa il Qatar era una terra desolata, abitata da poveri pescatori di perle e contadini disperati ma orgogliosi, combattivi, perennemente in lotta coni loro vicini, domati dagli eserciti d'imperi lontani. Oggi, il piccolo emirato (meno di due milioni di abitanti, il 20 per cento nativi, il resto immigrati) è un "new comer", un nuovo arrivato.

Soldi per fare shopping.

In Italia hanno già acquisito Valentino e la Costa Smeralda nel salotto mondiale della ricchezza, che non fa nulla per nascondere la potenza economica acquisita grazie ai doni del sottosuolo. Anzi, proprio mentre il vecchio, impoverito Occidente si dibatte tra lacrime e sangue, le scorrerie del Qatar sui mercati, I'incessante e vorticoso shopping di aziende, immobili, società, pacchetti azionari, che furono a lungo custoditi come intoccabili gioielli di famiglia, non vengono soltanto salutati con invidia verso chi non sembra risentire della crisi devastante, ma sono spesso invocati come generosi interventi di "soccorso" delle disastrate economie europee. 

»Vede - mi dice Arthur Ulkenberg un economista che collabora con la Qatari Foundation, l'istituzione della corona che si occupa della Cultura e dell'Educazione dei giovani qatarini dall'asilo all'università, spesso in concerto con i migliori college americani - quasi tutti i paesi del Golfo hanno conosciuto un boom economico seguito ad una fase di stasi improvvisa se non di recessione. Dubai ha vissuto un decennio di follie confidando troppo sulla bolla edilizia che, infatti, è immancabilmente esplosa. Il Bahrein ha creduto di poter affidare il suo futuro ai servizi finanziari, senza un vero retroterra di risorse. L'Ornati ha faticato molto prima di capire che il turismo era la sua vera ricchezza. Il Qatar non ha avuto questi alti e bassi perché la sua è stata ed è un'esplosione controllata».

I dati di questa crescita incessante si possono riassumere in poche cifre. Se nel 1995 il prodotto interno lordo era di 8 miliardi di dollari, nel 2012 ha raggiunto 73 miliardi di dollari. E se i profitti (qui si preferisce parlare di sur *** plus) generati dagli idrocarburi erano, nel 2011, pari a 60 miliardi di dollari, nel 2012 hanno superato 100 miliardi di dollari. Danaro, danaro, danaro a non finire. I segni di questa vera e propria corsa all'oro sono ampiamente visibili. Doha è tutta un cantiere.

L'espansione urbana scavalca i lmiti della natura.

Un'isola artifidale di 400 ettari battezzata, ovviamente, "la Perla", con le sue migliaia di appartamenti, di ville, d'imbarcazioni allineate nel porto turistico, è diventata la meta residenziale preferita peri manager, i tecnici e gli operatori economici stranieri accorsi o in procinto di accorrere in questo nuovo Eldorado arabo. Un lungo mare di molti chilometri è stato disegnato e strappato alle acque. Anche l'elegante Museo di arte islamica, realizzato da I. M. Pei, l'architetto di origine cinese che ha firmato la piramide (e l'intera ristrutturazione) del Louvre, sorge in una sorta di splendida, ispirata solitudine su un isolotto artificiale collegato da un ponte alla terra ferma, per evitare che le sue linee geometriche essenziali venissero alterate dalla prossimità con altri edifici. Ma il vero monumento al potere effettivo e immutabile del danaro è la city che sorge in una laguna chiamata "West Bay". La scenografia, visibile da ogni angolo della Cornice, offerta da torri e grattacieli di ogni foggia e stile (sono adesso una cinquantina, ma arriveranno a 200) che di giorno si specchiano sul mare come una selva oscura e, di notte, risplendono di luci colorate, richiama la celebre immagine di Manhattan vista da lontano, seppure con quel tanto di forzato, di scontato e di provinciale che hanno le repliche studiate a tavolino. Ricchezza vuol dire, ovviamente, consumi esasperati elevati allo status di simboli. Le Rolls Royce personalizzate, dai colori improbabili, nuova passione dell'alta borghesia sfilano sui viali del diplomatic district. La flotta da diporto che solca le acque del Golfo è capitanata dallo yatch lungo 135 metri del primo ministro e secondo cugino dell'emiro, Sheik Hamad Bin assim Bin labr Al Thani. Si tratta, dicono i conoscitori, della quinta imbarcazione privata del mondo, per dimensioni. Sui cieli del pianeta sfrecciano gli aerei della famiglia reale, 15 grandi velivoli muniti di ogni comfort, pilotati da un "corpo" di cinquanta comandanti. E pare che per ogni nuovo aereo si impieghi più tempo a elaborarne gli interni, secondo le richieste di principi e principesse, di quanto ne occorra alla casa produttrice per costruire e consegnare l'aeroplano. Eppure, non si può dire che tutto questo sia al servizio di una dittatura personale. Il Qatar è una monarchia assoluta, ma la filosofia adottata dall'emiro, Hamad Bin Khalifa Al Thani, si basa sulla capacità di convincere (soft power) ostentando un sorriso accattivante sotto i baffi a manubrio, che il potere e il danaro non necessariamente debbano essere al servizio di cause sbagliate. Da qui la sua convinta adesione alle cause della Primavera araba, in Libia e in Siria, contro i regimi del passato. Dicevamo delle "emissioni zero" imposte alle gondole che navigano nel mall. Questa è una delle cose di cui si parla di più. Anche i 12 stadi che dovranno essere allestiti (nove da costruire di sana piana, tre da ristrutturare) per i mondiali del 2022 dovranno essere ad "emissioni zero", come la metropolitana leggera che servirà a collegare gli impianti e che da sola costerà 25 miliardi di dollari. Perché è vero che il Qatar è uno dei più grandi produttori di petrolio e di gas al mondo, ma si da merito di essere all'avanguardia nello studio delle energie alternative. Almeno in teoria, tutto qui deve essere "ecologico", "compatibile", "a misura d'uomo". Cosl come lo sviluppo deve essere orientato dalla "knowledge economy", l'economia della conoscenza, altra invenzione americana, basata sulla comunicazione delle esperienze, del know how, piuttosto che su aridi schemi. C'è tuttavia un limite nella vorticosa ascesa del Qatar, un limite rappresentato dalle sue dimensioni specie se confrontate con le sue grandi ambizioni. Una popolazione autoctona di 300 mila abitanti o giù di Ii rende l'emirato dipendente dalla forza lavoro rappresentata, a tutti i livelli - dai dirigenti d'azienda, ai tecnici specializzati, agli operai - dagli stranieri. Si prende ad esempio l'avventura dei mondiali, inseriti in un progetto di crescita e di trasformazione delle infrastrutture che porterà il Qatar ad investire 150 miliardi di dollari (incluso il settore energetico) nei prossimi sei anni. Opportunità per tutti, è vero, anche per le aziende italiane (attualmente una trentina impegnate nel paese, domani forse di più) per aprire la strada alle quali, Palma Libotte una giovane ex imprenditrice, ha creato l'Italian business council, un'azienda di servizi che, in collaborazione con l'ambasciata, si ripromette di connettere i titolari qatarini di licenze ed appalti (per legge il 51 percento di ogni joint venture deve essere in mano ai locali) con i futuri soci italiani, o stranieri. Da sole, infatti, le imprese made in Qatar non ce la faranno mai. Anche se hanno un buon intuito per gli affari, i dirigenti non hanno esperienza e non amano mettersi alla prova. Prendiamo ad esempio il progetto "The heart of Doha", il cuore di Doha, lanciato dalla sceicca Mozah Bint Nasser Al Missned, seconda moglie e favorita dell'emiro, considerata il terzo apice della triade del potere supremo, assieme al marito e al primo ministro. Il progetto, che punta a ricostruire e riqualificare il vecchio suq per la modica spesa di 5 miliardi e mezzo di dollari, è già in una fase molto avanzata. Fra l'altro "il cuore di Doha" ha già visto la nascita di sei boutique hotel (saranno alla fine 8 o 9) veri gioielli del buon gusto e dell'accoglienza. Personale tutto straniero. Ed è Michele Mingozzi, uno chef italiano che ha lavorato anche con Ileinz Beck a organizzare e dirigere tutta la catena della ristorazione. Dal pane al dolce, tutto fatto in casa, per la gioia di signore velate con il tacco 12 e gentiluomini in kefiah bianca e orologio full gold al polso che la sera affollano i tavoli. Ma questo è turismo d'élite. Figuriamoci cosa succederà per i mondiali quando dovranno spuntare dal nulla 40 mila nuovi posti letto (20 mila ne esistono già) per raggiungere i i 60 mila richiesti dalla Fifa.



" Moschee, lusso e Ibra, l'Opa dell' emiro su Parigi "

Anais Ginori -

Tra la chioma platinata di David Beckham, le suite del Royal Monceau, i biscotti macarons Ladurée o i grandi magazzini Printemps, ultimo acquisto, è difficile trovare un filo conduttore. L'unica bussola sono i soldi. Tanti soldi. II Qatar si sta comprando Parigi, o comunque alcuni dei simboli della capitale. La valanga di petrodollari che da Doha sono stati stanziati per rilanciare il Paris Saint-Germain rappresenta solo un piccolo, anche se spettacolare, esempio della relazione molto speciale che c'è tra la Francia e il piccolo emirato del Golfo. Con qualche preoccupazione. Il Qatar è ormai uno dei primi finanziatori delle moschee del paese, tiene una posizione ambigua sull'estremismo islamico. Ufficialmente finanzia associazioni che dovrebbero favorire il dialogo religioso, ma poi sottobanco — ha rivelato un'inchiesta di Libération qualche giorno fa — si adopera per proteggere e far venire i predicatori più integralisti. Sulla direttrice Doha-Parigi viaggiano insomma affari politici ed economici. Dopo la fine della dominazione britannica, nel 1971, l'emirato stretto tra Iran e Arabia Saudita ha guardato verso Parigi per costruire nuove relazioni diplomatiche. Negli ultimi tempi, però, c'è stato un cambio di passo. Il Qatar ha applicato la lezione del "soft power" in modo radicale: la geopolitica si fa soprattutto con il denaro. E così è presente in molti dei grandi gruppi francesi, da Lagardère a Eads, da Total a Veolia Environnement. Impossibile quantificare gli investimenti qatarini nell'economia nazionale: spesso transitano per società e fondi stranieri, si nascondono anche in partecipazioni immobiliari. L'emirato ha da poco annunciato altri 10 miliardi di euro da investire. L'Opa sul lusso francese è già a buon punto. Dopo l'hotel Royal Monceau, il Martinez, ora il Qatar comprerà probabilmente anche il mitico Crillon di place Vendome. Lo sport è stato il volano più efficace per conquistare, oltre che i portafogli, anche i cuori. Nonostante l'atavico sciovinismo, molti parigini sono costretti a gioire per le vittorie del nuovo Psg di Leonardo e Ibrahimovic, indossando al Parc des Princes le maglie con la compagnia di bandiera dell'emirato come sponsor. Il Qatar si è comprato gran parte dei diritti televisivi della Ligue 1, lanciando Al Jazeera Sport France. Merito anche di Nicolas Sarkozy che. quando era all'Eliseo, ha pilotato il salvataggio del club capitolino, del quale è tifoso. In cambio, l'ex presidente ha appoggiato la candidatura del Qatar per i Mondiali del 2022. Gli stretti rapporti durante la scorsa presidenza avevano alimentato anche pettegolezzi. Si è detto che Ali Ben Fetais Al Marri, tra gli uomini più potenti dell'emirato, fosse il padre della figlia dell'allora ministro Rachida Dati. Voci smentite, ma il patto di ferro con Sarkozy è rimasto. All'ex presidente è stato proposto di guidare un ricco fondo di investimento dell'emirato.( rapporti con il nuovo governo socialista sono più tiepidi, non freddi. L'emirato ha offerto a Ségolène Royal di presiedere una sorta di nuovo centro culturale, mentre altri esponenti della gauche sono stati invitati privatamente in Qatar. L'emirato si muove anche nel mondo della cultura, finanziando lauti premi per gli intellettuali. Uno dei pochi a rifiutare è stato Stéphane Hessel, l'autore di "Indignatevi!". Ma sembra difficile resistere. II "soft power" del Qatar ha solidi argomenti.



22 aprile 2013

La libertà di espressione deve essere tutelata, anche e soprattutto nell'arte.

Sosteniamo l'artista turco Fazil Say, celebre pianista e compositore, che è stato condannato per un reato di opinione religiosa in in Turchia, Repubblica che nata laica si va sempre più islamizzando nel senso più integralista del termine.



Processo in Tribunale sul caso del celebre compositore turco, il pianista Fazil Say,  concluso con la sua condanna al carcere.
Il processo relativo al  preteso comportamento blasfemo e bestemmiatore intentato contro Fazil Say, il celebre compositore e pianista turco, da parte della Corte Penale 19 ° di Istanbul con l'accusa di aver condiviso la quartina di Omer Hayyam sul suo account Twitter si è concluso con la decisione del tribunale di condannarlo a 10 mesi di reclusione, ma di concedergli  una ammenda. Il caso era stato rinviato al 15 aprile 2013.

Per quanto riguarda la decisione, Fazil Say ha dichiarato: "Mi dispiace per la decisione della Corte, sia  per me che per il mio paese. Sono estremamente deluso delle restrizioni alla libertà di pensiero e di espressione. Il fatto che sono stato accusato e condannato pur essendo del tutto innocente è allarmante non solo a livello personale ma in termini di libertà di espressione e di fede in Turchia. "


















 L' MPF(*) di Francia, ha espresso il suo pieno sostegno per l'artista.

(*)  l'MPF è l'Associazione dei musulmani progressisti di Francia, rete cittadina di nuova creazione, il cui obiettivo primario è quello di organizzare uno spazio cittadino per il dialogo, di riflessione e di scambio su questioni relative all' Islam, poiché sostengono che la seconda religione monoteista del mondo ha la tolleranza come uno dei valori cardinali. La libertà di espressione, tra cui le battute umoristiche o anche di cattivo gusto, è una libertà fondamentale in democrazia e comprende il diritto di bestemmiare.





2 febbraio 2009

ANP: GIUSTIZIATO DA HAMAS PER ‘COLLABORAZIONISMO’

da NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

ANP: GIUSTIZIATO DA HAMAS PER ‘COLLABORAZIONISMO’
25 gennaio 2009: fonti palestinesi riferiscono che un giornalista e attivista per i diritti umani palestinese è stato giustiziato a Rafah lo scorso 7 gennaio da Hamas, con l’accusa di ‘collaborazione’ con Israele.
L’uomo è stato identificato come Haidar Ghanem, 46enne di Rafah e collaboratore dell’organizzazione israeliana per i diritti umani B'Tselem.
Era stato condannato a morte da un tribunale dell’Autorità Palestinese nel 2002, dopo essere stato giudicato colpevole di aver passato informazioni ad Israele che avrebbero portato alle uccisioni, avvenute a Rafah, di quattro miliziani di Fatah.
Il tribunale per la sicurezza dello stato aveva emesso la condanna a morte al termine di due brevi udienze.
Per saperne di piu' : http://www.jpost.com/servlet/Satellite?cid=1232643736968&pagename=JPost%2FJPArticle%2FShowFull

9 gennaio 2009

non tutti i musulmani sono come hamas

Segnalo ( e ringrazio sentitamente chi me lo ha mandato!) finalmente un sito di informazione
(in inglese) controcorrente nel mondo arabo!

http://www.arabsforisrael.com/home.html
Arabs and Muslims who Support the State of Israel and the Cause of Peace in the Middle East
( molto bello l'articolo di N. Darwish sul "Campo di concentramento" di Gaza)

nella sua homepage è scritto:

Ai musulmani ed agli arabi sparsi sul pianeta:
rifiutate l'odio, abbracciate l'amore. Mettete in evidenza il meglio nell'Islam mostrando la vostra capacità di compassione, gratitudine e perdono. Rendete la Terra Santa davvero santa dando a Israele e alla gente ebrea il rispetto che meritano nel loro paese così piccolo.
Questo non è un conflitto territoriale. È un conflitto dell'anima, una crisi nella nostra fede, nel nostro giudizio e nella fiducia in noi stessi.
Israele non dovrebbe essere considerato un nemico, ma come un nostro vicino sacro.
Non dobbiamo temere la pace, ma abbracciarla.

To Muslims and Arabs across the globe:

News and Articles

Bernard Lewis 'On the Jewish Question'

Muslims in Iraq ask Christian friends to return from exile

Hatred, Egyptian Style

Saudi Justice: 200 Lashes for Rape Victim

Muslims Against Sharia interviewed

Gays Deserve Torture, Death Penalty, Iranian Minister Says

Nonie Darwish Press Conference in Berkeley 2007.10.24 [with Video]

David Horrowitz on Islamo-Fascism Awareness Week

Nonie Darwish at Brown University

Muslims Against Sharia

Mistrial in Case of Muslim Charity Accused of Funding Terror After Verdict Confusion

Two Men Get 7,000 Lashes for Sodomy in Saudi Arabia

U.S. Commission Wants Saudi-Funded School Closed Until Textbooks Can Be Reviewed

Saudi Women Push for Right to Drive