Le donne cambiano la Storia, cambiamo i libri di Storia.

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LE DONNE CAMBIANO LA STORIA, CAMBIAMO I LIBRI DI STORIA

8 febbraio 2022

NON C'è PACE SENZA GIUSTIZIA 7 febbraio 2022

 


EDITORIALE

QUANDO LE OLIMPIADI DIVENTANO PASSERELLA PER LE DITTATURE
I giochi olimpici invernali di Pechino, boicottati dalla gran parte dei leader dei paesi occidentali per l’atteggiamento sempre più aggressivo e totalitario del regime cinese, che sia sulla minoranza uigura, minacciata di estinzione programmata, sulle residue libertà ad Hong Kong o sull’indipendenza di Taiwan, hanno visto a convegno, alla corte di Xi Jin Ping, i capintesta dell’internazionale dei dittatori, capeggiati, ovviamente, da Vladimir Putin.
Al Sissi, Mohammed Bin Salman e il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev sono solo alcuni dei capi di stato e di governo di paesi dove la democrazia è negata che hanno presenziato alla cerimonia inaugurale, che ha visto solo i rappresentanti di Polonia e Lussemburgo (?) sul fronte europeo.
Come non vedere allora, in questo speculare “Vertice delle dittature” all’incontro dell’”Alleanza delle democrazie” organizzato da Joe Biden due mesi fa, all’ombra dei cerchi olimpici una reminiscenza dei giochi del 1936 ospitati da Adolf Hitler e formidabile vetrina della nascente ideologia totalitaria nazista?
Non a caso, non è mancata una forte connotazione politica con l’incontro preventivo di Putin e Xi Jin Ping, il primo post pandemia del massimo dirigente cinese, dove, dopo un inevitabile sostegno reciproco alle rispettive politiche egemoniche, è stato sfoderato un ennesimo attacco alle fondamenta di quel “mondo libero” nato dalle macerie della Seconda guerra mondiale e dalla sconfitta, appunto, delle dittature, che evidentemente tanto libero non dovrebbe più essere.
In una dichiarazione congiunta, i due leader, dopo aver affermato che “Cina e Russia sono dotati di profonde tradizioni democratiche millenarie (?)”, hanno infatti ribadito che “la democrazia non segue un modello unico” e che “esistono forme peculiari di democrazia dettate dalle specificità nazionali”. “Solo il popolo ha il diritto di decidere se il proprio stato è democratico”.   
Insomma, laogai, campi di sterminio, detenzioni arbitrarie, uccisione di Giulio Regeni e Jamal Khashoggi, per fare alcuni esempi, sono forme “peculiari” di democrazia, sulle quali nessuno deve metter bocca perché basate su pratiche millenarie e decise “dal popolo”.
L’asticella della sfida globale, da questo punto di vista, si sposta ancora più in alto perché l’attivismo delle due super potenze mondiali in questione, dall’Ucraina al Sahel e all’intero scacchiere medio orientale per l’uno, all’espansione del progetto “Via della Seta” e al soffocamento delle residue sacche di resistenza interna per l’altro, pongono a rischio i fondamenti stessi del modello di democrazia “occidentale” fondato sullo stato di diritto e la tutela delle libertà fondamentali che si considerava “punto di riferimento” anche in paesi ben lontani dal raggiungerlo.
Ed è una sfida che va presa sul serio, senza divisioni e distinguo, perché ne va dell’avvenire di tutti: siamo entrati in una fase dove il “surplace”, per non dire l’”appeasement” farebbero solo il gioco di lorsignori. 

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