Leggi e Linguaggio : un gioco da ragazzi.
da ArcipelagoMilano 27 gennaio 2016
Poche righe ben scritte. Chiare e comprensibili: “almeno qui non fumare” e ancora: “il giardino è di tutti, tieni pulito”. Non servono frasi lunghe e involute o citazioni latine che sono sempre molto cool.
I piccoli cittadini di Zona 1, nell’ambito del progetto “Ragazzi in zona. I Consigli di Zona dei ragazzi e delle ragazze di Milano”, hanno pensato di tradurre il regolamento comunale del verde e ne hanno riscritto le regole nel linguaggio corrente. Ora all’ingresso del Giardino Bazlen, tra Corso di Porta Romana e Corso di Porta Vigentina, è possibile apprezzare i sei “spot” fatti e disegnati da loro su un cartellone metallico e colorato, illuminato dall’insolito sole di gennaio.
Eccone alcuni: “bici si, macchine no”, “non si deve sporcare dove si vuole giocare”, “solo i cani col guinzaglio possono muoversi per il parco!”, “proteggete l’ambiente: non vi costa niente! ”.
Accanto alle regole, corredate da disegni altrettanto convinti e accompagnati dai loghi del Comune e della Zona 1, sta andando in scena una lezione di legalità e una, altrettanto preziosa, sull’uso corretto del linguaggio pubblico.
Una lezione, quella sulla comunicazione istituzionale, dedicata a tutti quelli che invece ancora scrivono che le persone vengono “ tratte in salvo”, che gli articoli di legge “recitano”, che la medicina “si assume”, che la multa viene “elevata” e la sanzione “irrogata”.
Il burocratese, sottospecie perversa del legalese, vive di queste frasi che sono buone per Zelig, non per le leggi e gli atti amministrativi. Non è il cabaret il luogo giusto per mettere in scena il matrimonio che si“contrae”, le denunce che si “sporgono” e le dimissioni che si “rassegnano” ?
Cosa hanno fatto i ragazzi della zona 1?
Hanno allineato, con coerenza, il linguaggio parlato e quello scritto, utilizzando certo le forme dell’imperativo, stretti com’erano tra ovvie necessità di sintesi e l’univocità di un messaggio che vuole togliere ogni alibi anche a chi è solito buttare a terra il mozzicone di sigaretta. Ed infatti in un cartello-fumetto in campo bianco, circondato da un disegno nero, compare la scritta “almeno qui non fumare”.
Sappiamo che ci sarà sempre chi violerà le regole per farsi gli affari propri a danno degli altri. Tuttavia per fare in modo che tutti siano nelle condizioni di poterle almeno conoscere, per poterle poi rispettare, occorre pretendere che le regole siano scritte chiaramente e che non si debba aver bisogno di un Alan Turing per risolvere “l’enigma” o che si debba invocare il “mondo salvato dai ragazzini” di Elsa Morante.
Il principio per cui la legge non ammette ignoranza ha senso solo se le regole - che siano contenute in leggi, provvedimenti amministrativi o sentenze - possono essere comprese almeno da chi ha completato l’obbligo scolastico.
“Se lo sai spiegare a tua nonna, allora vuol dire che lo sai” raccontava Albert Einstein.
L’età della ragione richiede un linguaggio ragionevole, che certo non è rappresentato dall’oscurità e dalla prolissità dall’attuale linguaggio giuridico come dimostra il decreto “mille” proroghe o la recente legge di stabilità, solo per citare gli ultimi clamorosi e recenti prodotti giuridici.
La legge di stabilità per il 2016 è infatti composta da un solo articolo che comprende tuttavia 999 commi (avete letto bene: 999 commi per un unico articolo di legge).
Il linguaggio giuridico non è un linguaggio come gli altri, è un linguaggio speciale ed è per questo che deve essere normale.
Richiede parole univoche, frasi concise e periodi brevi per regole limpide nel contenuto, forti nel senso, credibili nello scopo e ragionevoli nei mezzi.
Il danno provocato alla comunità da leggi incomprensibili è grande poiché il linguaggio che non si capisce e che non si può parlare è un linguaggio che rende muti.
E’ una questione di potere, di supremazia, di assenza di rispetto, di autistica insofferenza per il cittadino interlocutore.
La parola oscura che crea distanza va sostituita con la parola chiara che crea appartenenza e avvicina.
Le sentenze non sono da meno, visto che sono pronunciate “in nome del popolo italiano”, ma spesso con un linguaggio che proprio quel popolo non può comprendere, e l’esperienza di Fronte Verso (www.fronteverso.it) in questi anni ha dimostrato, come hanno fatto quei ragazzi, che anche nel diritto si può utilizzare un linguaggio preciso e comprensibile a tutti per contribuire all’accessibilità del diritto, alla semplificazione del linguaggio e alla comunicazione responsabile. Perché conoscere il diritto è un diritto.
by Ileana Alesso e Gianni Clocchiatti,
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