URSULA VON DER LEYNEN A KIEV, CHARLES MICHEL A GEDDA. QUANDO LA REALPOLITIK VA IN CORTOCIRCUITO Nella stessa settimana in cui, meritoriamente, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dedicato gran parte del suo annuale discorso sullo “Stato dell’Unione” alla guerra in Ucraina, invitando a Strasburgo la first lady Olena Zelenska e andando poi a Kiev a conferire nuovamente con il leader ucraino, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha pensato bene di impegnare il suo tempo recandosi in visita ufficiale in Arabia Saudita, incontrando, tra gli altri, il principe ereditario e uomo forte del paese Mohammad bin Salman (MBS), mandante, secondo convergenti rapporti dell’ONU e dei servizi americani, dell’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi. Così, mentre von der Leyen affermava solennemente, davanti al Parlamento europeo, che “la posta in gioco è alta, non solo per l’Ucraina, ma per tutta l’Europa e per il mondo intero, perché questa è una guerra contro i nostri valori e il nostro futuro” e che si tratta “di uno scontro fra l’autocrazia e la democrazia”, l’altro massimo rappresentante dell’Unione europea twittava che “l’Arabia Saudita è in profonda trasformazione. E anche l'UE sta attraversando una fase di transizione fondamentale. Dobbiamo lavorare insieme. Con il principe ereditario Mohammad bin Salman ci siamo confrontati con franchezza su tutti gli aspetti delle nostre relazioni.” Chi ha ragione dunque? Chi mette al primo posto la difesa di valori europei, dello stato di diritto, dei diritti umani, minacciati dall’offensiva russa sul campo ma anche più in generale dall’emergere di una visione secondo cui, in fondo, le autocrazie sono una forma di governo “compatibile” con la nostra, o chi, magari per strappare qualche concessione sul fronte energetico, mette quasi sullo stesso piano l’Unione europea e l’Arabia Saudita, il paese che ha condannato recentemente due donne a 34 anni di carcere per avere usato i social network con l’intenzione di “violare l’ordine pubblico”, come documentiamo in questa newsletter? Ne avrà fatto cenno Michel al suo interlocutore? Di certo, non ne deve essere molto fiero il presidente del Consiglio europeo del suo incontro con MBS, se è vero come è vero che, curiosamente o forse no, non se ne trova traccia nella sua pagina ufficiale sul sito del Consiglio UE e solo il tweet già citato dà conto dell’incontro, prezzo peraltro già pagato da Joe Biden a luglio, che tuttavia dovette far fronte a una salva di critiche da parte del Congresso USA, cosa che in questa occasione sembra, al momento, non essere accaduta. Di certo non è sfuggita a noi di Non c’è Pace Senza Giustizia, da sempre impegnati a fianco di Hatice Cengiz, la fidanzata di Khashoggi, per l’individuazione delle responsabilità dell’omicidio. E la cosa è tanto più flagrante che sempre nella stessa settimana il Parlamento europeo in una risoluzione ha formalmente riconosciuto il carattere “non democratico” dell’Ungheria di Viktor Orban, confermando la sua volontà di non sbloccare i fondi destinati al piano di ripresa e resilienza del paese. Come si concilia, dunque, la faccia feroce nei confronti dell’autocrate Orban e il bacio della pantofola dell’autocrate Bin Salman? Ah, saperlo. |
|
|
ANNIVERSARIO DELLA DICHIARAZIONE ONU SUI DIRITTI DEI POPOLI INDIGENI |
|
IL PARLAMENTO EUROPEO APPROVA NUOVE REGOLE PER LIMITARE I PRODOTTI CHE DERIVANO DALLA DEFORESTAZIONE |
|
| Durante la sessione plenaria del parlamento europeo di settembre, l’Assemblea ha approvato, con 453 voti favorevoli, 57 contrari e 123 astensioni, la sua posizione sulla proposta di regolamento della Commissione sui prodotti esenti da deforestazione. Il testo ha avuto una lunga gestazione: alla luce dei dati forniti dalla Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) che stima come tra il 1990 e il 2020 siano andati persi 420 milioni di ettari di foreste - un'area più grande dell'UE - a causa della deforestazione e che il consumo dell'UE rappresenta circa il 10% della deforestazione globale (l'olio di palma e la soia ne rappresentano più di due terzi), nell'ottobre 2020 il Parlamento si è avvalso della prerogativa prevista dal Trattato per chiedere alla Commissione di presentare una legislazione specifica per arrestare la deforestazione globale causata dai consumi dell'UE. La nuova legge, se approvata anche a seguito delle negoziazioni interistituzionali, così come abbiamo raccontato su Radio Radicale, renderebbe obbligatorio per le aziende verificare (con la cosiddetta “due diligence”) che i prodotti venduti nell'UE i) non siano stati prodotti su terreni deforestati, ciò garantirebbe ai consumatori che i prodotti che acquistano non contribuiscano alla distruzione delle foreste e ii) che le aziende verifichino che i prodotti siano realizzati in conformità con le disposizioni in materia di diritti umani del diritto internazionale e iii) che rispettino i diritti delle popolazioni indigene. Anche se nessun Paese o prodotto di base sarà vietato, le aziende che immettono prodotti sul mercato dell'UE saranno obbligate a esercitare la due diligence per valutare i rischi nella loro catena di approvvigionamento; Ciò include l’utilizzo di strumenti come il monitoraggio satellitare, audit sul campo e test isotopici per verificare la provenienza dei prodotti. Infine, sulla base di una valutazione trasparente, la Commissione dovrà adottare degli specifici atti delegati - volti ad integrare il regolamento – per quanto riguarda sanzioni uniformi applicabili in caso di violazione del regolamento stesso da parte di operatori e commercianti al fine di assicurare in tutta l’Unione delle norme armonizzate in merito. |
|
ARRESTI E CENSURA SOTTO IL REGNO DE FACTO DI MOHAMMAD BIN SALMAN |
|
| Nei passati numeri di questa newsletter abbiamo dato conto di come Salma al Shehab e Nourah bint Saeed al Qahtani, due cittadine saudite a una settimana di distanza siano state entrambe condannate a ben trentaquattro anni di carcere a perché, in modo simile, ritenute colpevoli di aver usato i social network al fine di “violare l’ordine pubblico”. La settimana scorsa in un comunicato congiunto, i paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo ovvero Emirati Arabi Uniti, Qatar, Kuwait, Bahrein, Oman e Arabia Saudita hanno chiesto a Netflix, la società statunitense operante nella distribuzione via Internet di film, serie televisive e altri contenuti d'intrattenimento a pagamento, di rimuovere i contenuti che violano “princìpi e valori islamici”. Il comunicato congiunto non aggiunge ulteriori dettagli ma Al Ekhbariya, la tv di stato saudita, ha pubblicato un’intervista in cui una donna che si definiva “consulente comportamentale” accusava il servizio di streaming di essere “sponsor ufficiale dell’omosessualità” poiché produttore della serie animata Jurassic world, un contenuto ritenuto offensivo, poiché un fotogramma mostra due ragazze che si baciano. Il vero volto del regno di Bin Salman si palesa sempre: come è possibile firmare appelli di censura? Come è possibile condannare delle donne perché si sono espressa pubblicamente contro il trattamento che ricevono le loro connazionali? NPSG che ha fatto della lotta contro l'impunità la sua bandiera, sottolinea come lottare contro l’impunità significhi non legittimare il modello di repressione diffusa contro le voci indipendenti di difensori dei diritti umani, attivisti, donne dissidenti, avvocati, giornalisti, scrittori e blogger, che si è intensificato da quando il principe ereditario Mohammad bin Salman- Dopo la morte di Elisabetta II, il sovrano più anziano al mondo adesso è Salman bin Abdulaziz al Saud (86 anni), re dell’Arabia Saudita – è, de facto, al potere. |
|
|
|