Le donne cambiano la Storia, cambiamo i libri di Storia.

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14 agosto 2015

La Turchia, i Curdi e l'Isil

riprendo integralmente da Informazione Corretta  13.08.2015

Turchia/Curdi: le politiche sbagliate di Usa e UE
Analisi di Gian Micalessin, Carlo Panella

Testata:Il Giornale-Il Foglio
Autore: Gian Micalessin-Carlo Panella
Titolo: «Così Turchia e UE innescano la bomba che ci distruggerà-Pax curda»

Riprendiamo dal GIORNALE e dal FOGLIO due articoli sulla politica della Turchia di Erdogan, rivelatori di come il sultano turco stia in realtà schierato dalla parte del terrorismo musulmano. Si possono mettere in evidenza le differenze fra le diverse anime curde, come fa Carlo Panella, ma è indubbio che i curdi stanno lottando da soli contro il terrorismo, lasciati soli dalla inetta e pericolosa politica americana.

Il Giornale-Gian Micalessin: " Così Turchia e UE innescano la bomba che ci distruggerà "

Chi si ostina a chiamarla tragedia apra gli occhi. Quella dei migranti è diventata una guerra. Una guerra combattuta contro di noi dalla Turchia e dai suoi alleati della Fratellanza Musulmana. Tra cui quella Libia in mano ad una coalizione islamista che l'ha trasformata nella cornucopia della migrazione illegale. Una guerra combattuta non a colpi di bombe, ma a raffiche di disgraziati mandati a spiaggiarsi sulle coste dell'Italia e della Grecia. Sotto gli occhi - più indifferenti che impotenti - dell'Unione Europea e di un'Alleanza Atlantica di cui Ankara continua - impropriamente - a far parte. L'arrivo, dall'inizio dell'anno, di 124mila migranti sulle isole greche di Lesbos, Chios, Kos e Samos è la dimostrazione più evidente di questa nuova guerra. Una dimostrazione quasi invereconda dal momento che la marea umana - e la macchina criminale che la governa - non sono, come succede in Libia, il frutto di una nazione allo sbando. Lo tsunami migratorio che rischia di trascinare a fondo una Grecia già spossata dalla crisi economica si dispiega da una Turchia in piena forma bellica e strategica. Una Turchia impegnata a bombardare i territori curdi in Siria ed in Iraq e pronta a mobilitare 18mila soldati per creare una zona cuscinetto profonda 30 chilometri e lunga cento alla frontiera con la Siria. Una zona da cui partiranno nuovi profughi visto che curdi e cristiani dovranno abbandonarla per far posto ai ribelli islamisti, veri manutentori del nuovo ordine turco.
Eppure la Turchia del presidente Recep Tayyp Erdogan, così efficiente nel far valere le proprie ragioni strategiche, non muove un dito per bloccare i trafficanti di uomini che operano indisturbati a Bodros, Izmir e Canakkale, le città costiere turche da cui partono per la Grecia una media di mille esseri umani a notte.

Ancor più incredibile è, però, il sopito stupore con cui l'Unione Europea guarda al nuovo esodo. Quei migranti approdati in Grecia non sono i figli di un'imprevista avversità cosmica, ma l'avanguardia del milione e 800mila profughi siriani accampati da quattro anni in territorio turco. Un'inevitabile conseguenza delle strategie di Ankara rivelatasi però tanto costosa da mantenere quanto sgradita all'opinione pubblica turca. Proprio per questo Ankara si guarda bene dal bloccare le organizzazioni criminali impegnate a trasferirli surrettiziamente in Grecia ed in Europa.

Del resto nulla di nuovo. Nel 2014 la Turchia di Erdogan assistette per mesi, senza muovere un dito, alla partenza di enormi bastimenti con a bordo migliaia di migranti salpati dai porti turchi e diretti verso l'Italia. E non ha mai esercitato alcuna pressione su quella coalizione islamista al potere a Tripoli- di cui si dichiara madrina e protettrice - per indurla bloccare i lucrosi traffico di umani in partenza da Tripoli e dintorni. In fondo perché farlo? Le rotte della Libia e dell'Egeo contribuiscono, alla fine, a trasferire in Europa nuovi fedeli islamici che la Fratellanza Musulmana, in cui Erdogan si riconosce, potrà utilizzare per indebolire dall'interno la fortezza Europa.

 Eppure nessuno sembra accorgersene. Come nessuno sembra più ricordarsi dei 5000 militanti islamisti partiti dall'Europea e transitati dalle frontiere turche per raggiungere - sotto gli occhi compiacenti di Ankara - le basi dello Stato Islamico in Iraq e Siria. Basi da cui possono ora agevolmente rientrare sfruttando la nuova rotta dall'Egeo. Pronti, dopo un passaggio a Kos o Lesbos, ad operare e colpire nel cuore di un'Europa sempre più distratta, imbelle ed indifferente.

Il Foglio-Carlo Panella: " Pax Curda "

 Roma. Abdullah Oçalan ha preso una netta (e clamorosa) distanza dal suo Pkk, impegnato in una offensiva di attentati contro la Turchia, che ha di fatto sconfessata. Ha rinsaldato il suo asse con i curdi iracheni e ha rilanciato la sua proposta di pacificazione al presidente turco Erdogan. Il tutto, secondo gli abituali moduli criptici del linguaggio e della tecnica politica anatolica. Prigioniero a vita nel carcere dell’isola di Imrali, una sorta di Alcatraz nel Bosforo, Oçalan, col sicuro assenso dei servizi segreti turchi, ha inviato due giorni fa il suo fidatissimo plenipotenziario Amin Penjweni a Erbil per concordare col premier curdo Nechirvan Barzani una linea comune a fronte di un Pkk che palesemente non ne riconosce più la leadership ed è sotto il comando settario e avventurista di Fehman Huseyin.

 Le dichiarazioni rese alla stampa dal premier curdo iracheno (ovviamente il fiduciario di Oçalan non ha parlato) danno il senso della manovra in atto e sono di fatto di condanna netta dell’offensiva del Pkk, sino al punto che Barzani, come già suo padre Masud, presidente del Kurdistan, non ha condannato affatto i bombardamenti aerei turchi dei santuari del Pkk (che pure colpiscono il suo Kurdistan), ma si è limitato a deprecare le uccisioni dei civili curdi. Non solo, Barzani ha nettamente attribuito al solo Pkk la responsabilità della fine della tregua e quindi la colpa della ripresa della guerra con la Turchia: “Purtroppo, i bombardamenti turchi sono conseguenza della decisione provocatoria del presidente della Comunità del Kurdistan (KCK, l’organo amministrativo creato dal Pkk) di dichiarare terminato il processo di cessate il fuoco e di pace tra la Turchia e il PKK”.
Il tutto in un contesto e in una successione dei fatti inequivocabili.
La dichiarazione di ripresa unilaterale delle ostilità contro la Turchia è infatti avvenuta dopo che il Pkk ha incredibilmente attribuito al governo di Ankara la responsabilità dell’attentato di Suruç (32 giovani volontari curdo turchi dilaniati) – messo in atto però da un kamikaze dell’Isis – e invece di menare un’offensiva contro l’Isis in Siria, ha iniziato a uccidere poliziotti e soldati turchi. Una strategia avventurista frontalmente criticata nei giorni scorsi da Masud Barzani. Nechirvan Barzani ha poi duramente condannato ancora una volta il demenziale attentato del Pkk contro l’oleodotto che trasporta il petrolio di Kirkuk in Turchia. Attentato sul suolo del Kurdistan iracheno che colpisce gravemente le risorse economiche del Kurdistan iracheno, unico presidio affidabile contro l’Isis. Episodio marginale, ma che rispecchia bene l’avventurismo di matrice marxista leninista del Pkk, che considera come avversari anche i curdi iracheni, e che si è impiantato con le sue basi militari sui monti Qandil, tentando di allargarsi anche in altre zone, tanto da aver spinto il governo del Kurdistan iracheno a costruire un lungo muro (ufficialmente destinato a bloccare i contrabbandieri) per isolare questa fastidiosa e turbolenta enclave. Questa netta presa di distanza di Barzani – chiaramente concordata con l’emissario di Oçalan – mira a un obiettivo evidente, enucleato dal premier curdo iracheno: “Riprendere gli sforzi in modo che entrambe le parti tornino al tavolo dei negoziati e riprendano il processo di pace, da dove è stato interrotto. Faremo di tutto per fermare la guerra tra Turchia e Pkk”.
Dunque, le analisi che provengono dal governo curdo, che rappresenta l’unico presidio democratico e affidabile della Mesopotamia, nonché unico bastione contro l’Isis, smentiscono platealmente e addirittura ribaltano la versione che impera sui media occidentali politically correct, che attribuiscono la responsabilità della ripresa di questa sanguinaria guerra al “perfido” Tayyp Erdogan. Naturalmente – e non per la prima volta – l’avventurismo militarista del Pkk, da cui da anni ha preso nette distanze lo stesso Oçalan, non è affatto sgradito al presidente turco. Una guerra a bassa intensità contro il Pkk gli torna oggi estremamente utile per tentare una coalizione col reazionario e iper nazionalista Mhp e soprattutto col laico Chp (che ha sempre avversato per un dogmatico kemalismo la road map di pacificazione col Pkk, fortemente voluta sino a tre settimane fa da Erdogan). Ma gli torna ancor più utile nel caso che questa coalizione non si faccia e che quindi la Turchia torni alle urne a settembre. Presentarsi all’elettorato col paese in guerra contro il Pkk e scosso dagli attentati è indubbiamente uno scenario gradito nel faraonico palazzo presidenziale di Ankara. Anche perché Erdogan ha appena avuto la riprova che Oçalan – e soprattutto il governo del Kurdistan iracheno – sono di fatto più vicini alle sue posizioni che a quelle dei dirigenti avventuristi del Pkk.

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1 dicembre 2014

Negozio occidentale e bazar iraniano

da Informazione Corretta  un commento di Mordechai Kedar

Per ottenere ciò che si desidera in un bazar iraniano si devono seguire certe regole: se non sappiamo neppure che esistono, saremo di sicuro truffati.
Nel mondo di oggi esistono due tipi di mercati: il negozio occidentale e il bazar orientale. In Occidente, i negozi hanno prezzi fissi per le merci, la legge impone che il costo sia visibile su ogni articolo. Se si vuole veramente acquistare l’oggetto in vendita, il prezzo è uguale per tutti. Gli occidentali sono abituati a questo tipo di acquisti, è il motivo per cui molti cercano i negozi con i prezzi più convenienti.
Il prezzo non deriva dalla personalità del venditore o dall'identità dell’acquirente. Non si vedrà mai nessuno discutere su un prezzo in un negozio negli Stati Uniti, e chiunque lo facesse, sarebbe considerato un alieno, appartenente a un'altra cultura.
Al contrario, in Medio Oriente, la cultura del bazar è la regola e il rapporto tra acquirente e venditore si basa su norme culturali totalmente differenti: quanto il venditore ha proprio bisogno dei soldi,  quanto l'acquirente desidera la merce; quando il venditore teme che il compratore possa andarsene altrove; quando altri venditori stanno offrendo lo stesso articolo a un prezzo inferiore, quando l'acquirente può fare a meno della merce, quando ci sono altri commercianti con oggetti simili e l'acquirente potrebbe facilmente rivolgersi a loro. In questi casi  il prezzo scende.

Se il venditore non ha bisogno di soldi, e l'acquirente vuole davvero la merce e soprattutto se dice che è disposto a pagare qualunque prezzo per averla, in questi casi il prezzo sarà alto. Queste motivazioni hanno un ruolo centrale nel determinare il prezzo delle merci.

Immagine in linea con il testo

Nella cultura del bazar mediorientale pesa un altro fattore, molto importante, quello personale. L'acquirente e il venditore vogliono vedersi, toccarsi, parlarsi, ascoltarsi.
Il contatto interpersonale, il sorriso, la stretta di mano, le parole di benvenuto, le domande e le risposte, la famigliarità, il linguaggio del corpo, sono parti integranti delle trattative sul prezzo. Un accordo non è solo un atto economico, ma un evento, quasi come un matrimonio.
 Nulla ha a che fare con l'economia: se il venditore non è simpatico all'acquirente, perché lè, per esempio, ebreo, cristiano, sciita, sunnita, curdo, persiano, turco o membro di un qualsiasi gruppo che non piace al cliente, non si compra da lui, anche se l'articolo è in pratica gratuito.

Un occidentale, un turista, che entri in un bazar mediorientale, resta inebriato dagli odori, disorientato, stordito dai colori, eccitato dalla musica, infastidito dalla folla, e alla fine compra una cosa qualsiasi perché i prezzi sono bassi, solo per scoprire quella stessa notte, nel suo hotel, di averla strapagata, che la vernice si sta staccando e che l’oggetto sta andando in pezzi o è deteriorato.
Inoltre, scopre che è fatto in Cina e che avrebbe potuto acquistarlo su internet per la metà di quel che ha pagato.
Perché è successo tutto questo? Perché il turista non conosceva le regole del bazar e i commercianti se n’erano accorti a un miglio di distanza. A loro non importa di ingannarlo perché lui è un cristiano, un americano, uno straniero che paga quello che gli si chiede e non conosce le regole. Sanno anche che fa parte di un gruppo di turisti con un tempo limitato per fare acquisti nel bazar e che quindi corre da un banco all’altro, al fine di riuscire a comprare più oggetti possibili. Non contratta perché non ne ha il tempo e perché non è abituato a farlo a casa sua. Pensa che sia umiliante 

I negoziati che si stanno svolgendo nell’arco degli ultimi sedici anni tra l'Iran e l'Occidente, sono un perfetto esempio del baratro culturale fra i negoziatori occidentali e le loro controparti iraniane, esperti di negoziazione nel bazar, dove il nascondere informazioni e l’inganno sono i principi fondamentali della loro cultura sciita. 

Le differenze tra le abitudini di un turista e la cultura del bazar persiano hanno portato all’amaro risultato che ha dato agli iraniani quello di cui avevano più bisogno: il tempo. Hanno pagato il prezzo di un paio di sanzioni che ora vedono scomparire. E, ancora più importante,  hanno concesso pochissimo in termini di limitazione dei loro piani militari nucleari.
Gli iraniani hanno giocato dall’inizio alla fine il ruolo del venditore, quello che non ha bisogno di liberarsi della propria merce, non ha fretta. Hanno venduto più volte merci avariate sotto forma di accordi che non mantengono, e l'Occidente non è giunto all’ovvia conclusione: che sono ciarlatani professionali, bugiardi incalliti e brillanti prevaricatori. 
Il motivo è che sono gli unici venditori sul mercato, almeno così sembra ai leader occidentali,  si  deve raggiungere un accordo con l'Iran ad ogni costo.
Gli iraniani non temono che qualcun altro possa prendere il loro posto, perché dovrebbero comportarsi in modo diverso? L'Occidente ha svolto il ruolo del turista ottuso che va a far compere nel bazar iraniano; i leader delle potenze mondiali hanno inviato segnali di preoccupazione all’avvicinarsi delle scadenze, perché dovevano tornare dai loro elettori con la prova di aver raggiunto un accordo di pace “secondo la nostra tempistica”.
Gli iraniani  lo hanno percepito e hanno alzato il prezzo, abbassato la qualità e venduto agli occidentali degli accordi che non avevano alcuna intenzione di mantenere.
Hanno indebolito i negoziatori, con una tattica ben nota: hanno offerto qualcosa, una sorta di concessione che l'Occidente ha colto al volo solo per scoprire, dopo, che non aveva niente a che fare con la questione che si stava trattando.

Hanno contato di più i sorrisi sul volto di Rouhani, che gli davano la possibilità di mostrare che lui non è Ahmadinejad, che è un uomo nuovo, bello, gentile e non gli si può assolutamente indirizzare contro nulla, perché lui non è un estremista. Lui è uno di noi, perché parla inglese, naviga sul web e utilizza uno smartphone.
Zarif ha continuato a dare questa impressione. Il bazar iraniano è stato un successo clamoroso, e il turista occidentale - che non conosce le regole - ha perso ancora una volta: ha pagato il prezzo di concedere agli iraniani più tempo e non ha ottenuto la merce che voleva, perché non ha un accordo e non è certo che ne otterrà mai uno, dato che l'Iran, con altri sette mesi, prima di allora avrà la bomba.

L'Occidente non capisce il fatto più ovvio: c'è solo una cosa che può fare pressione sull'Iran e che l'Occidente non è disposto a fare, minacciare cioè la prosecuzione del dominio degli Ayatollah. L'Occidente non ha mai usato quella carta per ottenere il suo scopo, quindi perché gli Ayatollah dovrebbero pagare per un accordo che non vogliono?

La cosa peggiore è che ci sono stati quelli che avevano avvertito le potenze occidentali che sarebbero cadute nella fossa del bazar iraniano.
Uno di loro era Benyamin Netanyahu, ancor prima di diventare Primo Ministro di Israele. Harold Rhode lo ha scritto in modo chiaro e così ha fatto l'autore di questo articolo.
Il problema di chi ha negoziato con gli iraniani è aver creduto di sapere come si  comportano gli iraniani, hanno creduto alle loro  bugie e agli inganni di consumati professionisti.

La Storia purtroppo metterà in ridicolo come un paese ribelle e testardo abbia potuto gettare fumo negli occhi a negoziatori intelligenti, ben educati e potenti, che sono stati psicologicamente incapaci di usare il loro potere e sono rimasti irretiti nella trappola del bazar iraniano, dove solo chi ne conosce le regole può sopravvivere.


 Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi

8 novembre 2014

Solo 17 giorni per fermare la corsa dell'Iran al nucleare

Il nostro incubo peggiore potrebbe essere già qui.

 Il mondo è a 17 giorni dal  termine per i negoziati con l'Iran sul nucleare - e un accordo che non fermi in modo davvero unitario  l'armamento nucleare iraniano potrebbe mettere la stessa esistenza di Israele in pericolo.
 
Firma la  petizione su www.nobombforiran.com
Conosci il pericolo che ci troviamo di fronte.
 
L'Iran sta facendo tutto il possibile per garantirsi un accordo che lo lasci con la capacità di costruire armi nucleari - armi che potrebbe usare per sé o trasferire alla sua rete terroristica globale. Solo la pressione pubblica può impedire un accordo che metterebbe in pericolo milioni di persone.
 
Il tempo stringe e abbiamo bisogno del vostro aiuto.
 
In questo momento, aiutateci a condividere la petizione per fermare le mortifere ambizioni nucleari dell'Iran .
 
Nel corso dell'ultimo anno, TIP ha intrapreso una campagna per educare il pubblico sui pericoli di un Iran nucleare. Abbiamo giornalisti collegati con i massimi esperti Iran - abbiamo potenziato  www.NoBombForIran.com con le ultime notizie, la grafica, gli annunci digitali di alto profilo anche a pagamento e lo spazio pubblicitario per ribadire la grave minaccia.
 Questo mese, stiamo andando in overdrive nella battaglia contro un Iran nucleare. Ma tutto il lavoro di stampa, di sensibilizzazione e anche una campagna digitale non possono aiutare senza l'azione personale, la tua.
 
E' ora di agire ! Condividete la petizione per fare pressione su Washington e ottenere un accordo difficile che fermi il percorso nucleare iraniano.
 
Il nostro CEO Josh Block sarà presente a Vienna per i colloqui sul nucleare a fine mese. Forniremo informazioni privilegiate up-to-the-minute sui nostri account Facebook e Twitter nel corso delle prossime settimane.
 
Aiutateci affinché possiamo fare tutto il possibile in questo mese critico. Questo mese si rivelerà un punto di svolta nella storia del mondo. Se l'Iran è lasciato libero nel suo percorso per costruire una bomba nucleare, la stessa sicurezza dei popoli liberi in tutto il mondo sarà in pericolo.
 
Condividere la nostra petizione www.nobombforiran.com per fermare le mortali ambizioni nucleari dell'Iran.
 
Si può fare la differenza.
 Grazie per il vostro supporto.
 Il Progetto Israele
 
 PS. Vi suggeriamo di mantenere la pressione su Washington

 
Abbiamo solo 17 giorni per fermare la corsa dell'Iran al nucleare
Click qui per condividere la petizione 
 
 

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Our worst nightmare may be here. The world is 17 days from the Iran nuclear negotiations deadline — and a deal that doesn’t truly stop Iran’s nuclear weapons drive could put Israel’s very existence in jeopardy.
 
You signed our petition at andwww.nobombforiran.com. You know the danger we are facing.
 
Iran is doing everything it can to secure a deal that leaves it with the capacity to build nuclear weapons — weapons it could use itself or transfer to its global terror network. Only public pressure can prevent a deal that would put millions in jeopardy.
 
Time is running out and we need your help.
 
 
Over the last year, TIP has waged a campaign to educate the public on the dangers of a nuclear Iran. We’ve connected reporters with top Iran experts — invigorated www.NoBombForIran.comwith the latest news and graphics — and even bought high-profile digital ads and billboard space to hammer home the grave threat.
 
This month, we’re going into overdrive in the battle against a nuclear Iran. But all the press work, outreach, and digital campaigning may not help if you don’t act, too.
 
 
Our CEO Josh Block will be on the ground in Vienna for the nuclear talks later this month. We will be providing up-to-the-minute insider information on our Facebook and Twitter accounts throughout the next few weeks.
 
Help us as we do everything we can in this critical month. This month will prove to be a turning point in world history. If Iran is left with a path to build a nuclear bomb, the very safety of free peoples across the globe will be in danger.
 
 
You can make a difference.
 
Thank you for your support.
 
The Israel Project
 
 
 
 
PS. Help TIP keep the pressure on Washington

2 ottobre 2009

stage sul fotovoltaico

UN’OCCASIONE PER LAVORARE CON ACCADEMIA KRONOS E UNA IMPORTANTE SOCIETA’ DI ISTALLAZIONE IMPIANTI FOTOVOLTAICI

Accademia Kronos, dopo una lunga e capillare indagine durata un anno su tutto il territorio nazionale, ha individuato alcune aziende che per la loro serietà, professionalità ed efficienza, si sono distinte tra tutte quelle che si occupano della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

I dirigenti di Accademia Kronos hanno così scelto un’azienda che al nord ha già solarizzato diversi comuni e che è gestita da persone di alta competenza e serietà: la Ferrarolo Energia di Genova. Con i responsabili di questa società si è così stipulato un accordo che prevede la nascita in Italia di una rete di esperti nel settore dell’applicazione delle energie elettriche prodotte dal fotovoltaico, nonché esperti di tutti i complessi aspetti finanziari connessi. In questo modo si cerca di offrire la possibilità a molti giovani di acquisire una competenza utile nel settore delle rinnovabili.

Accademia Kronos pertanto ha chiesto ai tecnici della Ferrarolo di dedicare un paio di giorni del loro tempo per fare da docenti in uno stage formativo proprio nel settore del fotovoltaico. Chi parteciperà a questo stage, dal 15 al 16 ottobre prossimo, continuerà ad avere nel tempo i giusti sostegni tecnici e informativi tali da consentire l’avvio di un lavoro specialistico nel proprio territorio.

Lo stage non costa nulla, a parte l’obbligo di essere iscritti, per chi già non lo fosse ad Accademia Kronos ( € 15 anno). La sede di Accademia Kronos di Ronciglione (VT) provvederà alla sistemazione in residence a costi bassissimi ( circa 20 euro a notte), stessa cosa per pranzare ( € 15).

E’ necessario comunque giungere nella sede del corso, abbastanza informati sulle disposizioni dei conti energia e dell’integrazione architettonica. Dispense queste già pronte e che si possono scaricare dal sito di Accademia Kronos

Per motivi logistici il numero massimo di allievi previsto per lo stage è 50. A fine stage, per chi interessato, è prevista una visita all’impianto fotovoltaico di 24 MW, in fase di ultimazione, di Montalto di Castro. Questo impianto è visionabile all’interno della 12^ puntata della trasmissione SOS Ambiente che si può vedere sempre nel sito internet di Accademia Kronos.

Per prenotazioni ed altre informazioni:
o tramite e mail:accademiakronos@gmail.com
Grazie per l’Attenzione

Filippo Mariani

30 settembre 2009

URGENT !!TOUS UNIS CONTRE LA BOMBE IRANIENNE .. UNITED AGAINST IRAN NUKES

24 Settembre 2009

Se volete unirvi nella volontà di opporvi al possesso della Bomba da parte dell' IRAN e del suo dittatore, potete unirvi a questo gruppo facebook

Esso vuole creare un vero EVENTO MEDIATICO per mostrare a tutti i dirigenti del pianeta che noi cittadini del MONDO sosteniamo come necessaria la più grande fermezza verso questo regime.

Affinché la nostra azione si faccia sentire sarebbe utile anche che invitiate ad aderire tutti i vostri amici che si ritengono amanti e rispettosi della democrazia e della pace.
Invitate i vostri amici!! ORA