Le donne cambiano la Storia, cambiamo i libri di Storia.

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LE DONNE CAMBIANO LA STORIA, CAMBIAMO I LIBRI DI STORIA

21 gennaio 2023

Nessuno Tocchi Caino newsletter Anno 23 - n. 3 - 21-01-2023

In questo numero

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : IL MAROCCO CONCEDE LA GRAZIA AI CONDANNATI, L’ITALIA LI FA PENARE IN CARCERE
2.  NEWS FLASH: IL RITO SICILIANO, DOVE DIVENTA MAFIOSO QUEL CHE OVUNQUE È PENALMENTE IRRILEVANTE. IL CASO DI GIUSEPPE FARAONE
3.  NEWS FLASH: USA: JOHN S. HUGGINS, DA 25 ANNI NEL BRACCIO DELLA MORTE DELLA FLORIDA, CERCA ‘AMICI DI PENNA’
4.  NEWS FLASH: IRAN: IL RUOLO DEI ‘TRIBUNALI RIVOLUZIONARI’ NELLA VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI
5.  NEWS FLASH: ALABAMA (USA): AIRGAS SI RIFIUTA DI FORNIRE AZOTO PER LE ESECUZIONI



1- IL MAROCCO CONCEDE LA GRAZIA AI CONDANNATI, L’ITALIA LI FA PENARE IN CARCERE
di Matteo Angioli

Lo scorso 11 gennaio il re del Marocco Mohammed VI ha concesso la grazia a 991 condannati, dei quali circa 700 già condannati in via definitiva alla reclusione. L’atto di clemenza è stato deciso per la commemorazione del Manifesto dell’Indipendenza, di cui ricorreva il 79° anniversario un mese prima, l’11 dicembre. Tra i beneficiari dell’amnistia figura anche un condannato a morte la cui pena è stata commutata all’ergastolo.
Un provvedimento che richiama alla mente l’apprezzamento di Marco Pannella per il sovrano marocchino e per le monarchie costituzionali. Mohammed VI ha infatti preso una decisione che in Italia manca dal 1990 e che nel nostro Paese fu invocata da un altro sovrano che di costituzionale non aveva molto, Papa Giovanni Paolo II, in un memorabile intervento a Camere riunite nel 2002 accolto dai parlamentari con un applauso scrosciante.
Possiamo constatare come un atto di clemenza del genere – espresso dalla volontà di dare ai cittadini detenuti la possibilità di perseguire il proprio riscatto civile e il reinserimento nella società – accentui i connotati democratici che i monarchi possono contribuire a coltivare. In questo senso il Marocco appare più europeo e moderno di quanto possa sembrare.
Già nel 1987 il Marocco aveva presentato la propria candidatura di adesione alla Comunità Europea. La richiesta, formulata da Hassan II, padre del sovrano attuale, fu respinta perché il Marocco non era uno Stato europeo, almeno geograficamente parlando.
Il Paese di Mohammed VI fa comunque parte di una zona di libero scambio con l’UE da quando, nel 2000, siglò l’accordo di associazione UE-Marocco. Dal 2008, inoltre, Rabat gode dello “status avanzato” nei rapporti con l’UE, condizione che punta a rafforzare ulteriormente il partenariato, di cui a oggi godono soltanto altri due Paesi della regione in questione: Giordania e Israele.
L’azione modernizzatrice di Mohammed VI è certamente agevolata da una cultura aperta che è espressa dalla Costituzione stessa, nel cui preambolo figurano anche le radici ebraiche che sono un vero e proprio tabù per molti Paesi del mondo arabo. “La sua unità, forgiata dalla convergenza delle sue componenti arabo-islamica, berbere e saharo-hassanide, fu nutrita e arricchita dai suoi affluenti africani, andalusi, ebrei e mediterranei”, recita il testo costituzionale.
Un altro sovrano “illuminato” che non di rado ricorreva negli interventi di Marco Pannella era il Re di Danimarca, Cristiano X, che durante la Seconda Guerra Mondiale contrastò gli invasori nazisti e protesse la minoranza ebraica anche minacciando di indossare la stella gialla con cui si marchiavano i cittadini ebrei.
Il sovrano agì in modo tale da incentivare nella popolazione l’avversione al nazismo, al punto che furono pochissimi gli ebrei rastrellati e deportati.
Per non parlare poi dell’ammirazione che il leader radicale manifestava per Elisabetta II la quale, prima di concedere come da prassi la prestigiosa onorificenza dell’Ordine della Giarrettiera all’ex Primo Ministro Blair, ha mantenuto il premier laburista in una sala d’attesa di ben 15 anni.
Come i suoi predecessori, Blair avrebbe dovuto ricevere l’onorificenza poco dopo la fine del suo mandato nel 2007. Ma la Regina decise di non procedere. Un rifiuto che Marco Pannella spiegava con lo sdegno della “graziosa” sovrana per lo sciagurato attacco militare in Iraq a cui il governo britannico partecipò attivamente.
Dato il modo truffaldino in cui fu concepito e presentato l’attacco nel Regno Unito e alla luce poi delle conseguenze disastrose che esso provocò al funzionamento e alla reputazione della democrazia, negli anni successivi demmo il via con Marco Pannella all’iniziativa per il “diritto alla conoscenza” nella quale, non casualmente, il nostro cammino ha incrociato quello del Marocco. Mancavano infatti pochissimi giorni alla scomparsa di Pannella quando, nel maggio 2016, tenemmo un incontro pubblico al Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra sull’erosione dello Stato di Diritto e sul diritto alla conoscenza convocato dalla Rappresentanza Italiana all’ONU. All’evento parteciparono le Rappresentanze permanenti di Irlanda, Canada, Messico e Marocco.
Nel messaggio che Pannella inviò per l’occasione, scrisse: “il diritto deve vivere come legge, non come richiamo astratto di tipo legale. Dove c’è strage di diritto c’è strage di popoli, quindi viva il diritto e non l’eccezione al diritto.”
Un provvedimento di clemenza come l’amnistia non è l’eccezione ma uno strumento di governo costituzionalmente previsto che in Italia sarebbe, oltre che efficace nel contrasto alla recidiva, necessario e urgente anche per alleggerire il carico intollerabile di processi che pendono nei tribunali e di vite umane che penano nelle carceri.


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NEWS FLASH

2 - IL RITO SICILIANO, DOVE DIVENTA MAFIOSO QUEL CHE OVUNQUE È PENALMENTE IRRILEVANTE. IL CASO DI GIUSEPPE FARAONE
di Michele Gelardi*

Per i siciliani vige un diritto penale speciale? In effetti, alcune pronunce giudiziali lasciano molto perplessi e sembrano suggerire l’amara conclusione che a Palermo può costituire reato ciò che a Bolzano sarebbe penalmente irrilevante.
Un caso esemplare riguarda un ex consigliere del Comune di Palermo, Giuseppe Faraone, condannato per tentativo di estorsione in concorso con una cosca mafiosa della quale non faceva parte. Accanto al concorso esterno in associazione mafiosa, del quale non si scorge traccia in alcuna parte del mondo, ci tocca salutare questa new entry: concorso “esterno” nel fatto “interno”. Il giurista potrebbe obiettare che la correità dell’extraneus nel fatto dell’intraneus non è una novità. Verissimo. Ma siffatta correità presuppone che i due soggetti abbiano concordato il fatto criminoso, successivamente realizzato dall’intraneus.
Ebbene, nel diritto speciale siciliano non c’è bisogno di alcuna decisione comune, di alcun programma criminoso concordato: l’extraneus concorre nel fatto dell’intraneus a prescindere da qualsivoglia intesa e apporto causale.
Il fatto assolutamente certo, pacificamente riconosciuto dalle parti processuali e acclarato in sentenza, è che Faraone non apparteneva ad alcuna cosca mafiosa; né strinse con chicchessia alcun pactum sceleris preordinato all’estorsione; né aveva alcun interesse personale all’illecito profitto. Secondo l’accusa, egli si sarebbe limitato a “consigliare” alla vittima di soccombere obtorto collo alla richiesta estorsiva.
In verità, egli nega qualsivoglia consiglio, tacito o esplicito, criptico o palese, e intende adoperarsi per la revisione del processo. Ma non è questo il punto; si tratta di capire come mai una res inter alios acta, che non costituirebbe reato in alcuna parte del mondo, in Sicilia acquista le sembianze di un grave reato di mafia, commesso tuttavia da un non mafioso.
Nella sentenza di condanna a carico dell’ex consigliere comunale, pronunciata secondo il rito speciale siciliano, emergono almeno tre anomalie.
Della prima si è già fatto cenno. Nella sostanza l’accusa riguardava un fatto altrui.
Il terzo non può concorrere nel fatto altrui, se non interagisce in alcun modo con l’autore (o gli autori, nel caso di specie). Una relazione deve pur instaurarsi; una collaborazione deve pur estrinsecarsi in qualche modo. Ebbene, manca nelle pagine processuali qualsiasi traccia di siffatta relazione “collaborativa”.
Manca l’appartenenza del condannato alla cosca mafiosa, alla quale si attribuisce il tentativo di estorsione; non emerge in alcun modo un disegno criminoso comune; non emerge alcuna cointeressenza economica. Nel deserto probatorio, mancano perfino gli indizi della “collaborazione”. E l’anomalia risiede proprio in ciò: il diritto penale speciale della Sicilia non esige, ai fini della responsabilità concorsuale, l’apporto materiale o l’istigazione del concorrente; basta un semplice “consiglio” disinteressato che non modifica di una virgola il fatto altrui.
A tutto concedere, in mancanza di qualsivoglia cooperazione, si potrebbe pensare al favoreggiamento. E tuttavia tale reato meno grave postula comunque il dolo del favoreggiatore, ossia la consapevolezza di costui di favorire una determinata persona o gruppo di persone, non già un soggetto ignoto, le cui vicende non destano alcun interesse. Nel caso di specie, manca pure tale consapevolezza.
In conclusione, il fatto per il quale è stato condannato Faraone, negato tenacemente da lui, si sarebbe tutt’al più concretizzato in un “consiglio” sbagliato e inopportuno, penalmente irrilevante sotto ogni latitudine e longitudine di questa terra.
Peraltro, il malcapitato è stato condannato con l’aggravante del metodo mafioso.
Si deve supporre che tale metodo sia transitato per automatismo, ignoto al diritto penale dei paesi civili, dalla cosca a colui che non apparteneva a quella e alcun’altra cosca. In sintesi, al non mafioso viene attribuita l’aggravante prevista per il mafioso. E infine si deve citare la terza anomalia, che farebbe sorridere, se non fosse tragica. Il condannato, che tuttavia si proclama innocente, ha scontato quattro anni di detenzione, in via preventiva, mentre, ne avrebbe scontati tre, in via definitiva. Beffardamente il Giudice siculo-italiano gli riconosce un “credito” di un anno di detenzione. Ovviamente tale credito potrà essere riscosso in caso di nuova detenzione, cosicché il riconoscimento del credito equivale di fatto all’augurio di una nuova detenzione.
Occorre altro per concludere che la terra sudtirolese è più felice di quella siciliana, dal momento che i suoi figli, i quali per avventura commettessero la “minkiaten” di un consiglio sbagliato, non correrebbero comunque alcun rischio di incappare in processi kafkiani speciali, caratterizzati dalla presenza della lettera M, la quale ha il potere di stravolgere le regole del diritto universale?
* Ex docente di Diritto penale

3 - USA: JOHN S. HUGGINS, DA 25 ANNI NEL BRACCIO DELLA MORTE DELLA FLORIDA, CERCA ‘AMICI DI PENNA’

John S. Huggins, 60 anni, bianco, da 25 anni nel braccio della morte della Florida, cerca “amici di penna”.
Nessuno tocchi Caino aveva riportato la notizia della sua condanna. 26 luglio 2002. Il 9-3  una giuria popolare di Tampa ha raccomandato  la condanna a morte per John S. Huggins per l’omicidio, avvenuto il 10 giugno 1997, di Carla Larson, 30 anni. La sentenza sarà decisa il 5 settembre da un giudice.
Larson era già stato condannato a morte nel 1999 per questo reato, ma la Corte Suprema della Florida aveva disposto la ripetizione del processo perché la pubblica accusa aveva tenuto nascosti alcuni elementi che avrebbero potuto essere utili alla difesa. (Fonte: The Miami Herald)
19 settembre 2002: Il giudice Belvin Perry della Contea di Orange ha condannato a morte per la seconda volta John Huggins, 40 anni, per l’omicidio di una donna di 30 anni, Carla Larson, avvenuto nel giugno 1997. Il giudice Perry è lo stesso che nel 1999 aveva annullato la condanna a morte già emessa per lo stesso reato, riscontrando che nel processo di primo grado la pubblica accusa aveva tenuto nascosti alcuni elementi che avrebbero potuto avere rilievo per la difesa. In questo processo il giudice Perry ha ritenuto che i precedenti dell’imputato, e la particolare efferatezza dell’omicidio siano tali da giustificare una nuova condanna a morte. Non è chiaro se la condanna a morte diventerà effettiva, a seguito della sentenza di giugno della Corte Suprema degli Stati Uniti che in un caso dell’Arizona sanciva che debba essere una giuria popolare e non un singolo giudice a emettere una condanna a morte. La Corte suprema della Florida all’inizio di luglio ha sospeso le esecuzioni in attesa di valutare se la sentenza sul caso dell’Arizona ha conseguenze anche sul sistema capitale della Florida.
(Fonte: A.P.)

La lettera che Huggins ha mandato a Nessuno tocchi Caino è all’indirizzo riportato sotto:

4 - IRAN: IL RUOLO DEI ‘TRIBUNALI RIVOLUZIONARI’ NELLA VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI

Il governo iraniano sta tentando di reprimere brutalmente le diffuse proteste scatenate dalla morte della 22enne Mahsa Amini durante la custodia della polizia nel settembre 2022.
Al centro della risposta dell'Iran ci sono stati i "tribunali rivoluzionari" del Paese. Hanno condotto processi fortemente criticati che hanno portato ad almeno quattro esecuzioni, mentre oltre 100 manifestanti corrono un serio rischio di esecuzione imminente.
I processi penali in questi tribunali si svolgono spesso a porte chiuse, sono presieduti da religiosi, senza alcuna delle garanzie standard della procedura penale come concedere tempo e accesso agli avvocati per preparare una difesa.
Le comunicazioni alle Nazioni Unite da parte di organizzazioni della società civile iraniana riferiscono che agli avvocati viene regolarmente negato l'accesso ai clienti e che le confessioni estorte, spesso ottenute con la tortura, vengono utilizzate come prove.
Tara Sepehri Far, ricercatrice senior sull'Iran presso Human Rights Watch, descrive i processi come "una totale parodia della giustizia".
Processi iniqui rispetto agli standard internazionali sono stati una caratteristica del sistema legale iraniano sin dalla rivoluzione islamica del 1979.
I tribunali sono stati istituiti per processare gli oppositori del regime che affrontano accuse di sicurezza nazionale, accuse mal definite che comportano la pena di morte. Tali vaghe accuse includono guerra contro Dio ("Moharebeh"), corruzione sulla Terra ("Ifsad fel Arz") e ribellione armata ("baghi").
I tribunali sono parte integrante del consolidamento del potere islamista iniziato pochi mesi dopo la rivoluzione. Come risulta dalla struttura del governo iraniano, i tribunali completano il ruolo di organi parastatali come i Basij.
I Basij sono un'organizzazione paramilitare formatasi subito dopo la rivoluzione. Supporta la “guidance patrol”, colloquialmente nota come “polizia morale”.
Il Basij è essenziale per lo stato autoritario iraniano. Si trova sotto il comando del Corpo delle guardie rivoluzionarie iraniane ed è ferocemente fedele al leader supremo Ayatollah Ali Khamenei.
Il Tesoro degli Stati Uniti ha imposto sanzioni ai membri anziani del Basij e a una rete di imprese che ritiene stia finanziando l'organizzazione.
I processi segreti dei tribunali rivoluzionari, le accuse vaghe, il diniego di avvocati e le prove ottenute con la coercizione e la tortura hanno focalizzato l'attenzione sulle violazioni flagranti e persistenti dell'Iran dei suoi obblighi internazionali in materia di diritti umani.
Nel 1975, l'Iran ha ratificato il Patto internazionale sui diritti civili e politici, che garantisce il diritto alla vita e il diritto a vivere liberi da torture o trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti. Il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha affermato che la pena di morte non è coerente con queste garanzie, ponendo l'Iran in violazione dei suoi obblighi internazionali in materia di diritti umani.
La garanzia del diritto a non essere torturati è ribadita nella Convenzione contro la tortura, che l'Iran non ha ratificato. È l'unico paese del Medio Oriente a non averlo fatto e uno dei soli 20 al mondo.
In una revisione periodica del rispetto dei diritti umani da parte dell'Iran, nel 2020 le Nazioni Unite hanno raccomandato all'Iran di ratificare il trattato, porre fine all'uso della tortura e indagare in modo credibile e perseguire tutte le accuse di tortura. L'Iran ha respinto queste raccomandazioni.
La Ong “Center for Human Rights in Iran” avverte che le esecuzioni sono "un preludio a più omicidi di giovani sponsorizzati dallo stato (esecuzioni, ndt) in assenza di una risposta internazionale forte e coordinata".
Queste impiccagioni sono state definite dai partiti di opposizione in esilio come sforzi disperati per prevenire l'inevitabile rovesciamento del regime, e dal Dipartimento di Stato americano come tentativi per intimidire gli iraniani e sopprimere il dissenso.
La risposta dell'Australia a due esecuzioni alla fine dell'anno scorso è stata quella di condannare le esecuzioni, rilasciare una dichiarazione congiunta con Canada e Nuova Zelanda e sottoporre la polizia morale iraniana e i Basij a sanzioni internazionali.
Nonostante la diffusa condanna internazionale, l'Iran sta mantenendo il suo impegno a continuare a reprimere le proteste.
Possiamo condannare la condotta del paese e imporre sanzioni, ma purtroppo l'Iran è libero di persistere nonostante le sanzioni, se lo desidera.
Per lo meno, ciò che le sanzioni internazionali e l'indignazione globale possono fare è dare cuore e speranza ai manifestanti e aiutare a segnalare loro che il mondo sta guardando e sta con loro.
(Fonte: The Conversation, 13/01/2023)


5 - ALABAMA (USA): AIRGAS SI RIFIUTA DI FORNIRE AZOTO PER LE ESECUZIONI

L’azienda Airgas si rifiuta di fornire azoto per le esecuzioni capitali in Alabama.
Acquisita dalla francese Air Liquide nel 2016, Airgas è la più grande rete di distribuzione statunitense nel settore del gas confezionato e ha 24 filiali in Alabama.
In una dichiarazione, un portavoce di Airgas ha affermato che la fornitura di gas per le esecuzioni non rientra nella missione dell'azienda. "Nonostante il dibattito filosofico e intellettuale sulla stessa pena di morte, la fornitura di azoto ai fini dell'esecuzione umana non è coerente con i valori della nostra azienda".
Airgas ha contattato l'Alabama a dicembre per "rafforzare il punto e garantire che non ci fosse confusione riguardo alla posizione di Airgas", ha affermato il portavoce.
“Pertanto, Airgas non ha e non fornirà all'Alabama azoto o altri gas inerti per indurre l'ipossia ai fini dell'esecuzione umana. Il contatto di Airgas con lo Stato dell'Alabama ha riconosciuto di aver ricevuto la nostra recente comunicazione e ha confermato la loro comprensione".
Nessuno stato ha ancora effettuato una esecuzione con un nuovo metodo ipotizzato, la “ipossia da azoto”, che in teoria ucciderebbe una persona non attraverso un gas velenoso, ma privandola completamente dell’ossigeno. L’ipossia da azoto ha un certo utilizzo in veterinaria, più precisamente quando si tratta di abbattere, per motivi compassionevoli, animali di medie o grosse dimensioni, ma a quanto si sa non è mai stato usato in nessuna parte del mondo su esseri umani.
L'Alabama ha approvato questo metodo per uccidere i detenuti nel braccio della morte nel 2018 e quell'estate ha dato alle persone sedute nel braccio della morte dell'Alabama una finestra di un mese per decidere se volevano cambiare il loro metodo di esecuzione dall'iniezione letale all'ipossia da azoto.
Tale processo è stato esaminato in cause legali, da giudici federali e dalla Corte Suprema degli Stati Uniti.
L’Alabama compra da Airgas una media di 280.000 dollari di prodotto l’anno, soprattutto gas per usi industriali o di sicurezza.
La posizione di Airgas arriva sulla scia dell'annuncio del governatore Kay Ivey a novembre secondo cui non ci sarebbero state esecuzioni mentre veniva condotta una revisione interna sul protocollo di iniezione letale dell'ADOC.
In Alabama nel 2022 erano in calendario 4 esecuzioni, ma 2 hanno dovuto essere interrotte a causa di errori/imperizia dello staff.
(Fonte: al.com, 15/01/2023)
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