da LIBERO di 28/04/2016, a pag. 1-6
"Sorella musulmana in lista con il Pd a Milano" - il commento di Francesco Borgonovo.
Sumaya Abdel Qader, estremista dei Fratelli musulmani candidata con il Pd a Milano.
Spadoni e Corano nel simbolo dovrebbero rendere chiari anche ai ciechi quali siano gli obiettivi e gli strumenti della Fratellanza musulmana
L’importante è avere le idee chiare. E a quanto pare, almeno in materia di rapporti con i musulmani, il Partito democratico le ha chiarissime. Da qualche mese ha scelto una linea e la porta avanti con coerenza: fuori i moderati, massimo supporto ai fautori dell’islam politico. Per rendersene conto basta osservare attentamente quel che avviene a Milano. Nelle liste dei candidati per il Consiglio comunale il Pd ha inserito un nome piuttosto noto a chi si occupa di cose islamiche.
Si tratta di Sumaya Abdel Qader, 38 anni. Il suo volto contornato dal velo è apparso molto spesso in talk show e programmi tv, e il pubblico ha potuto apprezzare la vis polemica di questa donna, una vera pasionaria islamica. Ma chi è esattamente costei? La sua biografia ufficiale spiega che è nata a Perugia nel 1978, figlia di immigrati giordano-palestinesi. Segue un lungo elenco di titoli e di qualifiche - tra cui quello di responsabile culturale del Caim (Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano e Brianza) guidato da Davide Piccardo - ma manca qualche particolare interessante.
Valentina Colombo |
A far notare il buco è stata Valentina Colombo, tra le massime esperte di islam italiano. «L’unico incarico che la Abdel Qader evita di indicare», spiega la studiosa, «è il più prestigioso: responsabile del dipartimento giovani e studenti della Fioe (Federation of Islamic Organizations in Europe) ovvero la principale espressione dei Fratelli musulmani in Europa (…) Per seguire le attività internazionali Sumaya vola in Finlandia, in Turchia, in Malaysia dimostrando che Milano e l’Italia sono solo una piccola parte di un microcosmo e di un progetto ben più vasto».
La domanda è: se Sumaya gode di tale peso a livello internazionale, perché non se ne fa vanto al momento di candidarsi a Milano? Beh, perché poi dovrebbe pure far luce sui suoi rapporti con i Fratelli musulmani, cioè un’organizzazione politica le cui posizioni non sono esattamente moderate. Il Pd, tuttavia, non sembra avere alcun problema con certe idee. Pierfrancesco Majorino, assessore democratico alle Politiche sociali del Comune di Milano, ha partecipato all’inizio di marzo al lancio del «progetto Aisha».
Secondo i promotori - tra cui Sumaya - si trattava di un modo di combattere la violenza sulle donne. Ma qualcosa non tornava. Perché Aisha è il nome di una moglie di Maometto, andata in sposa al Profeta in un’età compresa fra i sette e i nove anni, secondo le fonti. Il matrimonio fu consumato quando Aisha aveva dodici anni, e il suo esempio in alcuni Paesi islamici è utilizzato per giustificare il fenomeno delle «spose bambine». Strano che una associazione che combatte la violenza sulle donne abbia questo nome, no? In occasione dell’8 marzo, poi, Majorino celebrò la festa della donna offrendo la sua benedizione a un convegno intitolato «Donne e islam».
Tra gli interventi spiccava quello della solita Sumaya. Ma c’era anche quello della ricercatrice Elisa Giunchi, dal titolo eloquente: «La shari’a come strumento di emancipazione femminile? Il caso pakistano». Insomma, a quanto pare al Pd va benissimo candidare una donna legata ai Fratelli musulmani o sponsorizzare associazioni che si chiamano come la sposa minorenne di Maometto o ancora partecipare a convegni in cui si presenta la legge islamica come «strumento di emancipazione».
Però ai democratici piacciono meno altri musulmani: quelli più «moderati». Per esempio Maryan Ismail. Anche lei è in lista con il Pd a Milano, ma il partito nei suoi confronti ha avuto un atteggiamento decisamente più freddo rispetto a quello tenuto con Sumaya. Maryan è un’esponente della comunità somala, è musulmana (sufi) e da anni combatte contro l’integralismo. Suo fratello Yusuf, ambasciatore all’Onu, è stato ucciso dai jihadisti di al-Shabab nel marzo dell’anno scorso. Nel 2015, la Ismail rilasciò un’intervista in cui criticava duramente il bando del Comune di Milano per la costruzione della nuova moschea. «Quel che lascia l’amaro in bocca», disse, «è che la stragrande maggioranza dei musulmani moderati, laici, via via sono stati esclusi». E aggiunse: «Avevamo spinto sul fatto che la moschea fosse trasparente sulla parità di genere, sulla separazione fra politica e religione (…). Invece viene sempre rappresentato l’islam arabo, che ha l’egemonia, e questo non va bene». Per questa intervista, Maruan si prese una dura reprimenda da parte del segretario democratico Pietro Bussolati, che liquidò le sue dichiarazioni come opinioni personali e fuori luogo.
Chiaro, no? Per Sumaya ponti d’oro, per Maryan invece sonore bacchettate. Questa è la linea del Pd. E noi dovremmo stare tranquilli quando parlano di aprire una moschea…
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