Comunicato stampa dell’Associazione Radicale Certi Diritti.
Roma, 28 dicembre 2015
Un silenzio plumbeo è sceso da mesi sul futuro del Dipartimento Pari Opportunità (la capo dipartimento è decaduta ad ottobre e nessuno è stato nominato ancora), sul futuro dell’UNAR (il dirigente è decaduto da metà settembre e la ricerca interna di personale pare non soddisfare le voglie governative): un silenzio generale accompagnato da un ben peggior silenzio sul Piano Nazionale antirazzismo, sulla Strategia ROM e Sinti e sulla Strategia LGBTI con decine di esperti non più in servizio, senza i dirigenti apicali. Non solo: ma che cosa ne è di quel portale LGBTI tanto sbandierato lo scorso 4 giugno 2015 e a tutt’oggi sotto le “attenzioni” del nuovo Comitato scientifico? Vedrà mai la luce? Con quali modifiche? E cosa ne è della Rete nazionale antidiscriminazioni, le cui regole di ingaggio e funzionamento sono ancora ferme per l’affaire Meloni?
Pare che nella nuova Finanziaria ci sia un aiuto per le nomine, che dovrebbero arrivare a breve, forse entro la fine dell’anno. E forse con nomi nuovi, che arrivano dall’esterno. Ma non sarebbe meglio un bando pubblico per questo organismo, ed una trasparenza piena sui CV presentati dai candidati, o il Governo intende procedere nel buio delle sue prerogative?
Sarebbe il caso che si parlasse, finalmente, anche di cosa fa l’UAR: poteri, mezzi, collocazione. Tema sul quale tutte le associazioni che si occupano seriamente di diritti umani in Italia si sono ampiamente espresse, ma sulle quali da parte del Governo c’è solo silenzio e imbarazzo a casa o inutile orgoglio nazionale nelle sedi europee dove ce ne chiedono giustamente conto.
La direzione da seguire sarebbe quella della separazione della funzione di controllo da quella di sviluppo delle politiche attive (la Rete antidiscriminazione dal Governo), come avviene nel resto d’Europa: la funzione di controllo andrebbe allora collocata in un organismo terzo, con mezzi e poteri pari a quelli degli altri organismi europei; lo sviluppo delle politiche attive, essendo politiche classicamente trasversali, andrebbero attribuite a una struttura incardinata presso la Presidenza del Consiglio con una forte base legale e un forte potere nei confronti degli altri Ministeri.
Perché l'Italia dovrebbe fare eccezione?
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