Le donne cambiano la Storia, cambiamo i libri di Storia.

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LE DONNE CAMBIANO LA STORIA, CAMBIAMO I LIBRI DI STORIA

23 novembre 2012

I costi pubblici della scuola di tutti e quelli della scuola privata

I costi pubblici della scuola di tutti e quelli della scuola privata
Ripropongo questa interessantissima analisi, tutta da leggere con attenzione per i dati che riporta e le riflessioni che suscita,  dal sito dell'UAAR.
AMg

Sono pas­sa­ti dodici anni dalla legge 62/2000, voluta dall’allora pre­mier Mas­si­mo D’Alema e dal mi­ni­stro dell’istru­zio­ne Luigi Ber­lin­guer. Con quel prov­ve­di­men­to cle­ri­ca­le, le scuole pri­va­te – a mag­gio­ran­za cat­to­li­che – ot­ten­ne­ro la parità sco­la­sti­ca ed en­tra­ro­no a far parte di un unico si­ste­ma di “scuola pub­bli­ca”. E co­min­cia­ro­no im­me­dia­ta­men­te a spac­ciar­si per “scuola pub­bli­ca”, mi­ni­miz­zan­do il fatto che chi si iscri­ve deve ade­ri­re al loro “pro­get­to edu­ca­ti­vo” (quasi sempre cat­to­li­ci­sta) e oc­cul­tan­do pres­so­ché com­ple­ta­men­te la pro­pria natura pri­va­ta.
Di pub­bli­co, nella loro at­ti­vità, ci sono quasi sol­tan­to i co­spi­cui con­tri­bu­ti che ri­ce­vo­no. Con­tri­bu­ti che gra­va­no su tutta la co­mu­nità, ma che sono de­sti­na­ti a fi­nan­zia­re pro­get­ti di parte. Cio­no­no­stan­te, con sempre mag­gior fre­quen­za i so­ste­ni­to­ri delle scuole pri­va­te si la­men­ta­no che tali fondi non ba­sta­no, e che bi­so­gna au­men­tar­li. L’au­men­to che chie­do­no deve per di più essere con­si­sten­te, perché l’am­mi­ni­stra­zio­ne pub­bli­ca “ha tanto da ri­spar­mia­re, fi­nan­zian­do le scuole cat­to­li­che”. E dif­fon­do­no in­chie­ste che so­ster­reb­be­ro tale tesi.
Ma è tutto oro quello che luc­ci­ca?

Finanziare la scuola privata è un risparmio per l’amministrazione pubblica?

In prima fila a so­ste­ne­re la tesi del ri­spar­mio c’è il mo­vi­men­to ec­cle­sia­le di Co­mu­nio­ne e Li­be­ra­zio­ne
In prima fila a so­ste­ne­re la tesi del ri­spar­mio c’è il mo­vi­men­to ec­cle­sia­le di Co­mu­nio­ne e Li­be­ra­zio­ne. In Lom­bar­dia, dove negli ultimi vent’anni si è fatto regime, in nome della sus­si­dia­rietà ha ap­pli­ca­to este­sa­men­te il “dogma” del so­ste­gno eco­no­mi­co alle scuole pri­va­te. E pro­prio sul sito ciel­li­no del Sus­si­dia­rio, a feb­bra­io, è stata quan­ti­fi­ca­ta in sei mi­liar­di la somma che lo Stato ri­spar­mia ogni anno de­vol­ven­do circa sei­cen­to mi­lio­ni alle scuole pri­va­te. La stima era stata ef­fet­tua­ta da Maria Grazia Co­lom­bo, pre­si­den­te dell’Agesc (As­so­cia­zio­ne GE­ni­to­ri Scuole Cat­to­li­che), se­con­do la quale “lo Stato per ogni stu­den­te della scuola sta­ta­le paga 5.200 euro l’anno contro i 530 euro per ogni stu­den­te della scuola pa­ri­ta­ria”.
Tale stima sal­ta­va fuori pro­prio nel mo­men­to in cui il go­ver­no co­min­cia­va a mi­nac­cia­re (assai blan­da­men­te, come poi si è visto) di im­por­re l’Imu anche sugli im­mo­bi­li di pro­prietà ec­cle­sia­sti­ca uti­liz­za­ti per im­par­ti­re l’istru­zio­ne cat­to­li­ca a pa­ga­men­to. L’Agesc però ci ha dato dentro, e il mese dopo dif­fon­de­va un dos­sier (pron­ta­men­te en­fa­tiz­za­to dal sus­si­dia­to quo­ti­dia­no dei ve­sco­vi Av­ve­ni­re) con l’in­ten­to di con­fer­ma­re la ve­ri­di­cità delle af­fer­ma­zio­ni della sua pre­si­den­te. Il dos­sier è stato poi ag­gior­na­to a ot­to­bre, pre­sen­tan­do un sem­pli­ce rie­pi­lo­go. Un altro dos­sier è stato a sua volta pre­sen­ta­to a set­tem­bre dal sus­si­dia­to Mes­sag­ge­ro di Sant’An­to­nio, come ri­lan­cia­to dall’al­tret­tan­to sus­si­dia­to set­ti­ma­na­le Tempi. Le basi di cal­co­lo sono sempre di­ver­se ma il totale si aggira sempre sui sei mi­liar­di. Una cifra cu­rio­sa­men­te simile ai Costi della Chiesa cal­co­la­ti dall’Uaar.
A maggio era stato pre­sen­ta­to su Av­ve­ni­re un altro dos­sier ancora, questa volta cir­co­scrit­to alla Re­gio­ne Lom­bar­dia. Il ri­spar­mio – nel solo regno di Cielle - am­mon­te­reb­be a un mi­liar­do e tre­cen­to­mi­la euro. Il cal­co­lo è stato ef­fet­tua­to da Giu­sep­pe Co­lo­sio: “non un membro della Chiesa, ma il «rap­pre­sen­tan­te» del mi­ni­ste­ro dell’Istru­zio­ne in questo ter­ri­to­rio da sempre motore del Paese”. Un rap­pre­sen­tan­te, scrive la voce dei ve­sco­vi con tono trion­fa­li­sti­co, che “scon­fes­sa quanti ac­cu­sa­no tali isti­tu­ti di sot­trar­re ri­sor­se alla co­mu­nità civile”.

Un ragionamento sbagliato

In realtà Co­lo­sio, no­mi­na­to di­ret­to­re dell’uf­fi­cio sco­la­sti­co dall’allora mi­ni­stro dell’istru­zio­ne, la cle­ri­ca­le Ma­ria­stel­la Gel­mi­ni, è tutto fuorché un uomo im­par­zia­le: in­se­gna all’Uni­ver­sità Cat­to­li­ca e col­la­bo­ra at­ti­va­men­te con la Com­pa­gnia delle Opere. In poche parole, è solo l’en­ne­si­mo in­gra­nag­gio del kom­bi­nat cle­ri­co-im­pren­di­to­ria­le lom­bar­do.
la cifre pre­sen­ta­te dal mondo cat­to­li­co sono in­com­ple­te, perché si li­mi­ta­no al solo con­tri­bu­to annuo sta­ta­le
E tut­ta­via non è il fatto che le ar­go­men­ta­zio­ni pro­ven­ga­no sol­tan­to da uomini di parte a in­fi­cia­re la tesi del ri­spar­mio. In­nan­zi­tut­to, la cifre pre­sen­ta­te dal mondo cat­to­li­co sono in­com­ple­te, perché si li­mi­ta­no al solo con­tri­bu­to annuo sta­ta­le, di­men­ti­can­do quelli pro­ve­nien­ti da altre am­mi­ni­stra­zio­ni pub­bli­che. Che, come ha mo­stra­to l’Uaar nell’in­chie­sta I Costi della Chiesa, sono in­gen­ti e su­pe­rio­ri al con­tri­bu­to sta­ta­le stesso: almeno ot­to­cen­to mi­lio­ni di euro. A questa cifra oc­cor­re poi ag­giun­ge­re l’im­po­sta sugli edi­fi­ci delle scuole cat­to­li­che che, com’è per l’ap­pun­to emerso quest’anno in se­gui­to alle loro la­men­te­le, gli enti ec­cle­sia­sti­ci ri­so­lu­ta­men­te non pagano: almeno altri due­cen­to mi­lio­ni. Ab­bia­mo così una cifra in­fe­rio­re di un mi­liar­do, che si po­treb­be ul­te­rior­men­te ri­dur­re se cal­co­las­si­mo il ri­spar­mio che si ot­te­reb­be eli­mi­nan­do l’in­se­gna­men­to della re­li­gio­ne cat­to­li­ca nelle scuole sta­ta­li: un altro mi­liar­do e mezzo ogni anno.
Il vizio nel ra­gio­na­men­to cat­to­li­co sta tut­ta­via ancora più a monte. Perché se, per ipo­te­si, il con­tri­bu­to pub­bli­co alle scuole pa­ri­ta­rie cat­to­li­che si ri­du­ces­se a zero, il ri­spar­mio per lo Stato – cal­co­la­to come lo cal­co­la il mondo cat­to­li­co – au­men­te­reb­be ancor di più: di circa un mi­liar­do e mezzo.
Non è in­fat­ti di­mo­stra­to che, qua­lo­ra le am­mi­ni­stra­zio­ni pub­bli­che ces­sas­se­ro i loro mu­ni­fi­ci ver­sa­men­ti alle scuole pa­ri­ta­rie cat­to­li­che, i loro stu­den­ti tor­ne­reb­be­ro in massa alle vere scuole pub­bli­che. In fin dei conti, quando alle scuole pri­va­te non finiva un solo euro, tali scuole esi­ste­va­no e so­prav­vi­ve­va­no ugual­men­te grazie alla rette e agli spon­sor pri­va­ti, e da quando ci sono i con­tri­bu­ti pub­bli­ci l’au­men­to degli stu­den­ti pri­va­ti c’è sì stato, ma in misura li­mi­ta­ta (+10% spal­ma­to su sei anni) e senza in­tac­ca­re il numero di stu­den­ti della scuole sta­ta­li. I ge­ni­to­ri che iscri­vo­no i figli alle scuole cat­to­li­che non lo fanno per ra­gio­ni di con­ve­nien­za eco­no­mi­ca, viste le pro­fu­ma­tis­si­me rette che devono pagare (e che non ri­sul­ta­no calate da quando esi­sto­no i sus­si­di pub­bli­ci), ma per pre­fe­ren­ze edu­ca­ti­ve, per avere un più rigido con­trol­lo, per ga­ran­ti­re ai figli mag­gio­ri pos­si­bi­lità di pro­mo­zio­ne, per scelte legate al censo o al ceto so­cia­le o per evi­ta­re che si “con­ta­mi­ni­no” con le idee che cir­co­la­no in scuole ben più plu­ra­li­ste.
Non solo: am­mes­so e non con­ces­so che tali stu­den­ti tor­ni­no in massa alle vere scuole pub­bli­che, l’im­pat­to sa­reb­be minimo. Perché gran parte dei costi pub­bli­ci sono fissi (sti­pen­di degli in­se­gnan­ti e man­te­ni­men­to degli edi­fi­ci) e non va­ria­bi­li. Qual­che stu­den­te in più ri­par­ti­to ra­zio­nal­men­te non fa­reb­be au­men­ta­re in ma­nie­ra si­gni­fi­ca­ti­va i costi. Si tratta di sem­pli­ci eco­no­mie di scala, e la “scala” ade­gua­ta per ot­te­ne­re tali eco­no­mie ce l’ha sol­tan­to la scuola sta­ta­le.
Sol­tan­to can­cel­lan­do la scuola pub­bli­ca il ra­gio­na­men­to tutto eco­no­mi­ci­sta del mondo cat­to­li­co fila
Come si vede, la tesi cat­to­li­ca si riduce a un con­cet­to molto sem­pli­ce: se lo Stato non in­ve­ste nella scuola, ri­spar­mia. Ele­men­ta­re, Watson. Ot­ter­reb­be lo stesso ester­na­liz­zan­do tutti gli uffici pub­bli­ci in Al­ba­nia, o eli­mi­nan­do del tutto i tra­spor­ti pub­bli­ci: tanto esi­sto­no le auto pri­va­te, no? Sol­tan­to can­cel­lan­do la scuola pub­bli­ca il ra­gio­na­men­to tutto eco­no­mi­ci­sta del mondo cat­to­li­co fila. E sa­reb­be per­fet­ta­men­te coe­ren­te dal punto di vista dot­tri­na­le: era esat­ta­men­te quanto voleva anche il beato Pio IX, con­tra­rio a ciò che de­fi­ni­va “il fla­gel­lo dell’istruz­zio­ne ob­bli­ga­to­ria”.
So­ste­ne­re tesi del genere è ov­via­men­te lecito, e i cat­to­li­ci non sono gli unici a farlo: in prima fila vi sono in­fat­ti gli ul­tra-li­be­ri­sti. I cat­to­li­ci sono ul­tra-li­be­ri­sti?
paritaria

Contro la scuola privata anche molte ragioni non economiche

Cu­rio­so che ad ar­go­men­ta­re in modo così “ma­te­ria­le” siano pro­prio i so­ste­ni­to­ri del pri­ma­to “spi­ri­tua­le”. Se non esi­stes­se­ro gli ospe­da­li pub­bli­ci, non tutti po­treb­be­ro ac­ce­de­re ai ser­vi­zi sa­ni­ta­ri (come per esem­pio le in­ter­ru­zio­ni vo­lon­ta­rie di gra­vi­dan­za). Le di­scri­mi­na­zio­ni au­men­te­reb­be­ro, anziché ri­dur­si. Se ciò non accade, è pro­prio perché la nostra è (ancora) una de­mo­cra­zia. Un si­ste­ma che in Europa solo lo Stato della Città del Va­ti­ca­no, che con­cen­tra tutto il potere nelle mani di una sola per­so­na, ri­fiu­ta espli­ci­ta­men­te di ap­pli­ca­re.
Lo strano ar­go­men­ta­re cat­to­li­co non fi­ni­sce qui. La Chiesa  ri­ven­di­ca il valore coe­si­vo della re­li­gio­ne, ma non si pre­mu­ra di spie­ga­re quale coe­sio­ne vi sa­reb­be in un si­ste­ma sco­la­sti­co diviso in tante co­mu­nità quante sono le con­fes­sio­ni re­li­gio­se. Si avreb­be si­cu­ra­men­te una coe­sio­ne (for­zo­sa) all’in­ter­no di tali ghetti iden­ti­ta­ri, ma la società ester­na, più che un gruppo coeso, ri­cor­de­reb­be il Libano.
La Chiesa ri­ven­di­ca pe­ral­tro anche il di­rit­to alla libertà re­li­gio­sa. Lo fa senza sosta, ma viene spesso il so­spet­to che pensi esclu­si­va­men­te alla pro­pria, di libertà. Cosa fare in quei Comuni dove, “grazie” all’ap­pli­ca­zio­ne del prin­ci­pio di sus­si­dia­rietà, l’unica scuola di­spo­ni­bi­le è una pa­ri­ta­ria ca­rat­te­riz­za­ta da un pro­get­to edu­ca­ti­vo espli­ci­ta­men­te cat­to­li­co? Dove fi­ni­sce, in questi casi — che, in pic­co­li paesi,  sono già adesso realtà — la libertà di co­scien­za e il tanto sban­die­ra­to di­rit­to dei ge­ni­to­ri all’edu­ca­zio­ne dei propri figli?
La qualità dell’in­se­gna­men­to pri­va­to è scarsa
Non sono, queste, le uniche so­stan­zia­li as­sen­ze nel di­scor­so cat­to­li­co. Un si­len­zio tom­ba­le è per esem­pio ri­ser­va­to alla qualità dell’in­se­gna­men­to. Eppure tutti gli studi ef­fet­tua­ti, siano essi opera di or­ga­ni­smi in­ter­na­zio­na­li (l’Ocse), realtà in­di­pen­den­ti (la Fon­da­zio­ne Agnel­li) o lo stesso mi­ni­ste­ro dell’istru­zio­ne, sono con­ver­gen­ti: la qualità dell’in­se­gna­men­to pri­va­to è scarsa, assai più scarsa di quella im­par­ti­ta nella scuola di tutti.
Le cause di questo spread qua­li­ta­ti­vo sono del resto note. Gli in­se­gnan­ti delle scuole pri­va­te sono sot­to­pa­ga­ti: anche perché viene fatta loro tin­tin­na­re, in con­tro­par­ti­ta, l’ac­qui­si­zio­ne di un pun­teg­gio utile a sca­la­re le gra­dua­to­rie pub­bli­che. Se­con­do l’Istat, una fetta con­si­sten­te di tali do­cen­ti lavora in nero. Molti non hanno nep­pu­re l’abi­li­ta­zio­ne pre­vi­sta dalla legge, e non sono ad­di­rit­tu­ra man­ca­te le se­gna­la­zio­ni circa l’uti­liz­zo di obiet­to­ri di co­scien­za.
È noto inol­tre come le scuole pri­va­te siano spesso la so­lu­zio­ne di ri­pie­go per gli stu­den­ti boc­cia­ti in quelle sta­ta­li, e le clas­si­fi­che dei “di­plo­mi­fi­ci” (cfr. Cor­rie­re della Sera e Mes­sag­ge­ro) con­fer­ma­no come le scuole cat­to­li­che siano “ri­pie­ghi” assai se­gui­ti. Dif­fi­ci­le in ogni caso non essere ge­ne­ro­si verso clien­ti chi pagano rette da ca­po­gi­ro: non stu­pi­sco­no per­cen­tua­li del 100% di pro­mos­si, come al liceo pri­va­to di cui è pre­si­de la fer­ven­te cat­to­li­ca Elena Ugo­li­ni, no­mi­na­ta sot­to­se­gre­ta­rio all’Istru­zio­ne dal pre­mier Monti.
La man­can­za di in­clu­si­vità della scuola pri­va­ta è infine con­fer­ma­ta anche dai nu­me­ro­si esempi di di­nie­go di ac­ces­so ai di­sa­bi­li, come hanno mo­stra­to le in­chie­ste delle Iene o, per re­sta­re sull’at­tua­le, il caso della bam­bi­na di due anni cac­cia­ta perché sorda. Né va meglio con bam­bi­ni e ra­gaz­zi stra­nie­ri, la cui pre­sen­za nella scuola pa­ri­ta­ria è mi­no­ri­ta­ria.

La scuola di tutti ha molti limiti, ma continua a essere la scelta migliore

Sia chiaro: non stiamo di­fen­den­do gli spre­chi pre­sen­ti nel si­ste­ma sta­ta­le. Che per­si­sto­no no­no­stan­te gli in­ter­ven­ti degli ultimi anni, forse perché si è pre­fe­ri­to ta­glia­re con l’ac­cet­ta la di­dat­ti­ca, anziché eli­mi­na­re bu­ro­cra­zie e inef­fi­cien­ze. Tut­ta­via, come ab­bia­mo mo­stra­to, spo­sta­re fondi dalla scuola di tutti a quella pri­va­ta co­sti­tui­sce uno spreco assai mag­gio­re. No­no­stan­te de­cen­ni di mi­ni­stri cle­ri­ca­li ab­bia­no fatto di tutto per pic­co­na­re l’istru­zio­ne pub­bli­ca, e no­no­stan­te i par­ti­ti (Pd in testa) so­sten­ga­no ormai “tutti in­sie­me ap­pas­sio­na­ta­men­te” la scuola pri­va­ta cat­to­li­ca, quest’ultima è ancora molto lon­ta­na dal rap­pre­sen­ta­re la mi­glio­re so­lu­zio­ne per la mag­gio­ran­za dei cit­ta­di­ni.
Le scuole pri­va­te non po­tran­no mai, per de­fi­ni­zio­ne, essere la scuola di tutti. Rap­pre­sen­te­ran­no invece sempre pro­get­ti edu­ca­ti­vi di parte: la cui esi­sten­za è ga­ran­ti­ta dalla Co­sti­tu­zio­ne, purché “senza oneri per lo Stato”. I cit­ta­di­ni che lo vo­glio­no sono liberi di de­sti­na­re soldi a isti­tu­ti meno com­pe­ti­ti­vi di quelli sta­ta­li. Ma non chie­da­no soldi alle tasche, sempre più vuote, di tutti gli altri.
L’as­so­cia­zio­ne

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