Le donne cambiano la Storia, cambiamo i libri di Storia.

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LE DONNE CAMBIANO LA STORIA, CAMBIAMO I LIBRI DI STORIA

17 novembre 2009

Com’è ingombrante, quel crocifisso!

di Angiolo Bandinelli
da “Il Foglio” 12 novembre 2009

Ci son voluti tre giorni perché qualcuno si accorgesse che la sentenza sul crocifisso era stata emanata non già dall’Unione Europea, ma dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, istituzione del Consiglio d’Europa.
In quei tre giorni ci siamo dovuti sorbire uno scomposto vociare di risentimenti antieuropei e antiUE. E comunque, per alcuni, i giudici di Strasburgo restano dei “presuntuosi”.

A me pare che la sentenza sia limpida e di buon senso: “La presenza del crocifisso, che è impossibile non notare nelle aule scolastiche (…), potrebbe dar fastidio (could be disturbing) ad alunni che pratichino altre religioni o siano atei”.

E’ strano che un dispositivo inteso, con tutta evidenza, a difendere i diritti della persona nella sua complessa fenomenologia comprendente anche l’aspetto religioso, venga respinto in nome del diritto dello stato - dello stato! - a mantenere e imporre a tutti e su tutti una sua specifica forma di religiosità.
Le parti si sono rovesciate: i più accaniti avversari di quei troppo liberali giudici andavano probabilmente riscontrati tra coloro che invocano la riduzione del peso dello stato nel sistema scolastico a favore della scuola privata, libera per definizione.

Contraddizione aggiuntiva: in questi stessi giorni, il Ministro Gelmini ha escluso che “Cittadinanza e Costituzione possano costituire una materia scolastica a sé stante, che dia luogo a voto e utilizzi un testo base”.

Il governo farà ricorso alla UE.
Per ora, l’esecutività della sentenza è del tutto formale, non vincolante. E’ però prevedibile che prima o poi il dispositivo darà la stura ad altri ricorsi, intesi a reclamarne l’applicazione. E’ bene prepararsi, la guerra del crocifisso è solo all’inizio.
Sarà una guerra asimmetrica: di là, una sola e realistica motivazione, di qua ragioni diverse, e già per questo poco convincenti. C’è chi si è richiamato al significato religioso, altri hanno invece insistito sul fatto che il crocifisso rappresenta una forte tradizione italiana, se non addirittura un marchio identitario. A questi ultimi è facile obiettare che anche il presepio è una tradizione religiosa eminentemente italiana - nazional-popolare? - però nessuno si sognerebbe di obbligare l’istituzione scolastica a installare presepi nelle classi o nell’Aula Magna. Qualche scuola lo fa, consenzienti e felici gli insegnanti, gli alunni e le famiglie: benissimo, niente da ridire. Niente da ridire anche (ma qui scherzo) sui crocifissi incastonati in preziose collane, ad adornare vertiginosi dècolletés.

Quando si portano a sostegno di una tesi argomenti disparati e non congruenti tra loro vuol dire che quella tesi non sta in piedi da sola, è scarsamente difendibile.
Nella vicenda del crocifisso, l’accavallarsi di argomenti tradisce probabilmente la diffusa preoccupazione nei confronti della sempre più importante presenza nella scuola italiana di aderenti ad altre fedi, soprattutto di islamici - che in alcune classi sono già la maggioranza - i quali potrebbero chiedere l’applicazione anche a loro di una normativa sull’insegnamento religioso aperta e liberale, richiamandosi alla sentenza di Strasburgo o ricorrendo alla Cassazione. In tal caso, cosa obietteranno quelle autorità religiose che - giustamente - caldeggiano la piena integrazione dei cittadini migranti, compresi i lavavetri romani?
Credo che inorridirebbero se qualcuno arrivasse magari a proporre, oltre alla loro integrazione linguistica, la conversione al cattolicesimo romano.

Molti osservano che la sentenza ricalca la logica laicista della tradizione francese nata con le leggi Ferry e Combes alla fine dell’ottocento. A me non pare. La legislazione antireligiosa, anticattolica, dello stato francese era nutrita della convinzione - tra Voltaire, Feuerbach e Marx - che la religione e la chiesa cattolica fossero in via di estinzione, e che comunque la religione fosse “l’oppio dei popoli”.

La sentenza strasburghese, all’opposto, vuole difendere la libertà religiosa, di fede, del singolo. Se comunque si vuole battere altre strade, e ad esempio rifarsi al modello americano al quale guardano con ammirazione e invidia i fideisti italiani, bisogna stare attenti a non prendere un abbaglio. Per quanto ne so, una sentenza del 1962 della Suprema Corte degli USA ha stabilito che la preghiera è, nelle scuole pubbliche, “incostituzionale”. Molti stati non si sono adeguati al verdetto, ma giungendo a stabilire che nelle scuole possano essere al massimo autorizzati “brief times”, di uno o due minuti, dedicati individualmente alla “silent prayer”, alla “silent reflexion” o “meditation”. C’è anche lì chi chiede di aprire l’informazione scolastica al fenomeno religioso: però su base pluralista e con proibizione assoluta di un insegnamento dogmatico.
No, neanche il sistema americano darebbe soddisfazione a certi arrabbiati fideisti.

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