Le donne cambiano la Storia, cambiamo i libri di Storia.

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LE DONNE CAMBIANO LA STORIA, CAMBIAMO I LIBRI DI STORIA

7 marzo 2009

La stravaganza del “Secolo d’Italia” che “apre” ai radicali.

Una ghiotta stravaganza giornalistica. Ma riguarda i radicali, dunque verboten?

di Valter Vecellio

Ci sono giornali – il caposcuola è il “Corriere della Sera” – che incaricano alcuni loro redattori di spulciare con attenzione quotidiani e riviste “minori”, possibilmente di partito, e cogliere oggi da “Liberazione”, ieri dal “Secolo d’Italia”, domani dal “Foglio” o dal “Riformista”, la polemica, la “provocazione”, lo spunto, “insaporirlo” magari sollecitando un ventaglio di dichiarazioni di personaggi, e confezionare così un articolo sapido da offrire ai propri lettori. E’ evidente che spesso i giornali “minori” si prestano al gioco, perché così guadagnano pubblicità e visibilità. Nulla di male, è normale.

Ora, il fatto. Il 3 marzo il “Secolo d’Italia”, quotidiano di Alleanza Nazionale, pubblica un lungo articolo, intitolato “Caro Pannella, ma cosa c’entri con il PD?”. Un articolo bello e attento alla realtà radicale come di rado accade di leggerne. Un articolo che per la collocazione – comincia in prima pagina - , per il contenuto e, non ultimo, per il suo autore (Luciano Lanna, direttore responsabile del quotidiano), ha una sua indubbia importanza e significato. Si può dissentire dalla tesi di fondo, ma è innegabile che sia un intervento “partecipato”, scritto da una persona che si è documentata, segue con grande simpatia il “fare” di Pannella e l’evoluzione radicale, ne conosce storia e dinamiche: un escursus che va da Francesco De Gregori a Mario Pannunzio, da Ennio Flaiano a Elio Vittorini, da Mino Maccari a Pier Paolo Pasolini, Leonardo Sciascia, Bruno De Finetti (grazie al cielo qualcuno lo ricorda!); e poi Carlo Mazzantini, quello della “bella morte” che accettò di candidarsi nelle liste della Rosa nel Pugno; Giorgio Albertazzi, lo studioso Piero Ignazi neo-direttore de “Il Mulino”, che in gioventù ha frequentato gli ambienti radicali…Insomma, un bell’articolo, ricco e “pieno” di cose.

Già questo articolo meritava l’attenzione di qualche giornalista tra quelli incaricati da Paolo Mieli o da Giulio Anselmi, da Vittorio Feltri o Mario Giordano di “fabbricare” notizie collazionandole da quello che – come si è detto – viene pubblicato dai quotidiani “minori”.

La “notizia” si arricchisce di altri elementi: perché non è la prima volta che il quotidiano diretto da Flavia Perina e da Lanna, nel suo esser “corsaro”, apre e riserva attenzione ai radicali; una bizzarria, che un quotidiano del centro-destra di governo dedichi un’attenzione così partecipe a una formazione politica di opposizione; o no? Non solo. Qualche giorno dopo le pagine del “Secolo” si aprono all’intervento di Pier Paolo Segneri, componente della giunta di Radicali Italiani; e non è neppure la prima volta che “Il Secolo” lo ospita. Segneri in piena libertà dice la sua e poco importa che siano magari cose che AN e il “Secolo” non condividono. Anzi, proprio per questo, forse, vengono ospitate.

Non finisce qui. Il giorno successivo, a intervenire con un articolo fluviale è il direttore di “Notizie Radicali”; che ricorda Gianna Preda, figura anomala della destra italiana, e ne approfitta per esporre le tesi dibattute al recente congresso di Chianciano: la necessità di assicurare la “lotta di liberazione democratica dell’Italia dall’infame regime partitocratrico”.

E’ già stato osservato: pochi, nei giorni scorsi, nei resoconti del congresso, hanno riportato il tema proposto; e nel farlo hanno avuto ben cura di omettere quell’ “infame”, che ha colpito anche più di un congressista. Quell’ “infame” che sarebbe stato sufficiente per una riflessione (che non c’è stata): nessuno si è chiesto perché si è scelta quella parola, come se accadesse tutti i giorni di leggere, la parola “infame” nel tema che caratterizza un congresso politico.

Ma torniamo al “Secolo”: i suoi lettori sono gli unici che sono stati messi nella condizione di poter conoscere e valutare. Una significativa anomalia, nella più generale e positiva eccezione che non smentisce, ma conferma la regola. Perché nessuno finora sembra aver colto la “stravaganza”, e ne appare incuriosito. E sì che esistono giornalisti incaricati per l’appunto di cogliere queste “stravaganze” e “curiosità”. Che ricavarne? Che, come sempre accade, quando ci sono di mezzo i radicali, la regola è il silenzio, l‘indifferenza. Silenzio e indifferenza che colpiscono non solo i radicali, ma tutti coloro che per un momento “radicali” diventano, lo fanno. Come appunto il “Secolo”: che ha consentito ai suoi lettori di conoscere e potersi fare un’opinione. Una cosa davvero imperdonabile, letteralmente inaudita.

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