Le donne cambiano la Storia, cambiamo i libri di Storia.

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LE DONNE CAMBIANO LA STORIA, CAMBIAMO I LIBRI DI STORIA

2 febbraio 2018

Un esempio di edificio funzionale del quattrocento.

Il Lazzaretto di Bergamo

Fin dalla metà del Trecento, a seguito della terribile “peste nera”, si era sentita nelle città italiane la necessità di un ospedale per gli appestati collocato lontano dal centro abitato, cioè in posizione tale da evitare il contagio dei sani.

I numerosi studi dell’epoca, fra i quali molto rinomato era il “De preservatione a pestilentia” del milanese Cardone de’Spanzotis, evidenziarono la contagiosità della peste, fino ad allora poco noto alla scienza medica. E stabilirono che era l’aere pestilenziale, la “mal’aria”, a provocare la corruzione putrida del corpo e la morte.

Il problema accantonato nella prima metà del Quattrocento, tornò a presentarsi con urgenza durante le pestilenze che interessarono l’Europa nella seconda metà del secolo.

Venezia fu la prima città a provvedere adeguatamente.

Dal 1423 le autorità avevano destinato un’isola poco lontana dall’attuale Lido per il ricovero di persone e merci provenienti da paesi infetti
Sull’isola c'era una chiesa dei frati eremitani dedicata a Santa Maria di Nazareth e fu forse proprio dal suo nome che l'edificio pare sia stato chiamato inizialmente “nazaretto”.  La successiva combinazione col nome di San Lazzaropatrono dei lebbrosi, portò al nome “lazzaretto”, attribuito poi a tutti gli edifici destinati in Europa al ricovero dei malati contagiosi. 

Nel 1468 in un’altra isola dall’altra parte della laguna fu edificato un lazzaretto nuovo destinato ad accogliere i malati sospetti, mentre al vecchio lazzaretto restava la funzione di ricoverare gli appestati accertati.

A Milano il lazzaretto fu realizzato tra il 1489 e il 1509 fuori Porta Orientale, nella zona posta a est del centro abitato. Sembra sia stata determinante ai fini della scelta del loco la considerazione della direzione dei venti dominanti che spiravano sulla città.

A Bergamo nel 1465, dopo discussioni e ripensamenti che dovettero durare a lungo, fu scelta per la costruzione del Lazzaretto la zona dell’attuale piazzale Goisis a lato dell’attuale campo sportivo. Esterna non solo alle mura antiche, ma anche alle muraine, l’area era sgombra di abitazioni, ma facilmente raggiungibile dai carri adibiti al trasporto dei malati. La presenza dei torrenti Morla e Tremana garantiva il necessario rifornimento d’acqua.
continua
Ma la cosa andò per le lunghe e fu solo 9 anni dopo che avvenne[...]] la posa della prima pietra del Lazzaretto,  "con le debite et consuete solennità”  il 7 maggio 1504.

I lavori di costruzione si protrassero a lungo (!) e l’edificio risultava terminato nel 1581, ben 77 anni dopo.
 “Bellissimo, ben fatto et molto grando” lo definiva però già nel 1536 un visitatore friulano, prè Zuan de San Foca nei suoi appunti di viaggio, segno che la costruzione doveva essere all’epoca già molto avanzata.

Si presenta tuttora come un vasto recinto rettangolare di metri 132 per 129. Chiuso all’esterno era circondato in origine da un fossato perimetrale ora interrato. Nella struttura compatta si aprivano due ingressi contrapposti. Il principale posto sul braccio sud-est conserva il portale originale in arenaria, nella cui chiave di volta era leggibile la data 1504 affiancata nei pennacchi da due stemmi ancor oggi visibili. Un semplice arco in arenaria definisce l’accesso secondario, oggi, a quanto sappiamo non più utilizzato.

All’interno un lungo porticato perimetrale ad archi a tutto sesto su colonne in pietra introduceva alle celle, realizzate con tecniche moderne tali da consentire il massimo conforto ai ricoverati. Ognuna di esse si affacciava sul portico mediante una finestra e una porticina ad arco dotata di un battente di chiusura. Sulla parete di fondo un’altra finestra era situata in modo da favorire la ventilazione trasversale e un camino assicurava il riscaldamento.

Una nicchia separata, arieggiata da una piccola feritoia, ospitava il gabinetto costituito da una lastra in pietra con foro circolare e da uno scarico in coppi per l’evacuazione nella roggia esterna. Lo stesso condotto serviva un acquaio realizzato in pietra arenaria e sovrastato da un ripiano per il deposito del vasellame. In una seconda nicchia un’armadiatura a muro conservava le lucerne e gli strumenti necessari per l’illuminazione. Grazie a tali attrezzature, alla posizione delle finestre e soprattutto alla modernità dell’impianto fognario il Lazzaretto bergamasco risultava tecnologicamente più avanzato di quello milanese dal quale sicuramente aveva mutuato l’impianto e i criteri distributivi.

Le celle oggi ospitano numerose associazioni
Tutta la struttura si situava a piano terra. Solo in corrispondenza dell’ingresso principale la costruzione era a due piani, ospitando l’abitazione del personale, l’alloggio dei frati e forse il refettorio.

Chiusa dal perimetro dell’edificio era “una pezza di terra aradora di pertiche sedici e mezza” al centro della quale si ergeva una cappella aperta, formata da un baldacchino con volta a crociera retta da quattro pilastri. La struttura e la collocazione ne permettevano la vista da tutte le celle. Dedicata ai Santi Giobbe, Rocco e Sebastiano, fu per delibera comunale il 18 agosto 1710 sostituita da una piccola chiesa, oggi non più esistente.

La costruzione del Lazzaretto risultò provvidenziale in occasione delle tre grandi epidemie che colpirono la città nel 1524, nel 1576 e quindi nel 1629, la famosa peste descritta dal Manzoni. In tutti e tre i casi, ma soprattutto in quello della peste manzoniana, la struttura non risultò sufficiente a ricoverare tutti gli appestati così che si dovette ricorrere ad aree aggiuntive con la realizzazione temporanea di accampamenti di fortuna. Nel 1630 sicuramente nella zona triangolare tra porta Osio e porta Broseta. Visibile oggi in via San Lazzaro una santella con iscritta la data 1630.

Dopo aver assolto la funzione di ricovero prima per gli appestati e poi per i colerosi, l’edificio ebbe i più diversi utilizzi: mercato del bestiame, recinto per gli stalloni reali, magazzino, campo di concentramento per i prigionieri di guerra durante la Repubblica di Salò.
Oggi è sede di numerose associazioni. Le diverse destinazioni d’uso non hanno comunque alterato l’impianto originario, che rimane l’unico esempio in Italia, forse in Europa, di Lazzaretto conservato integralmente.

da 
Andreina Franco Loiri Locatelli su "Bergamo scomparsa".

Missioni internazionali e controllo delle frontiere - le cifre della cooperazione allo sviluppo

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DA COOPERAZIONE ITALIA
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Il 17 gennaio, ormai a camere chiuse, il parlamento ha votato la prosecuzione delle missioni internazionali 
in corso e ne ha autorizzate di nuove, quasi tutte in paesi africani.

200 milioni di euro «per interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi 
africani  d’importanza prioritaria per le rotte migratorie», recita la legge.
Mentre aumentano le risorse per gestire il fenomeno migratorio e quelle per promuovere lo sviluppo 
dei paesi poveri, scarsa rendicontazione e poca trasparenza rischiano di compromettere il dibattito 
pubblico sulle scelte e il ruolo dell’Italia.
L’obiettivo è contribuire al dibattito pubblico attraverso un'informazione che si basa sui dati. Per poi 
chiedere conto a istituzioni e autorità degli impegni e dei risultati ottenuti




DA COOPERAZIONE ITALIA
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Durante la conferenza sulla cooperazione il governo ha rivendicato il raddoppio delle risorse, un dato 
quasi vero  che va però analizzato nel dettaglio.
 
Il 17 gennaio, ormai a camere chiuse, il parlamento ha votato la prosecuzione delle missioni 
internazionali in corso e ne ha autorizzate di nuove, quasi tutte in paesi africani.
 
200 milioni di euro «per interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i 
Paesi africani d’importanza prioritaria per le rotte migratorie», recita la legge.

Mentre aumentano le risorse per gestire il fenomeno migratorio e quelle per promuovere lo 
sviluppo dei  paesi poveri, scarsa rendicontazione e poca trasparenza rischiano di 
compromettere il dibattito pubblico  sulle scelte e il ruolo dell’Italia.

26 gennaio 2018

Una performance dimostrativa

LA DINAMICA FUNZIONA SEMPRE

Adesso facciamo un esperimento, ha detto Fabiana Di Segni ai 150 ragazzi nell’anfiteatro.
Erano due ore che parlavamo dei meccanismi coi quali si affermano le dittature, per esempio il nazismo.
Lei, con la sua faccia rassicurante: i buoni di qua! E andava avanti e indietro davanti alla platea col microfono in mano.
Tu, per esempio, sei buono? E si rivolgeva a un roscetto che la guardava. Lui timido: s-s-si...
E allora vai di qua! Ampio gesto con la mano indicando la parte destra dell’anfiteatro.
Con uno che se ne alzava, ne seguivano almeno altri 5 per inerzia.
Tu, laggiù, con la felpa bordeaux e gialla: sei buono?
Lui, abbassando gli occhi, non lo so, boh...
Lei: più forte, non ti sentiamo!
Lui, alzando gli occhi e la voce: non lo so!
Lei: che vuol dire che non lo sai? Certo che lo sai! Sei buono?
Lui: ma dipende da che si intende per buono...
Lei: buono. Sei buono? Sì o no?
Lui, esitante: si.
Lei: allora vai di qua!
Altri 5 o 6 a seguito di felpa bordeaux e gialla.
Per 10minuti abbondanti i buoni si sono riottosamente accumulati a destra, cercando di coinvolgere altri, applaudendo quando qualcun altro si decideva a schierarsi.
Erano rimasti seduti nella platea più della metà degli studenti e professori presenti all’incontro.
Poi è stata la volta dei cattivi.
Chi si sente cattivo? Fabiana era sorridente. Incoraggiante. Invitante.
Il persuasore non è mai apertamente aggressivo.
I cattivi quasi in blocco si sono ammassati a sinistra, in contrapposizione ai buoni.
Rimanevano seduti un 20% di studenti e 5 professori.
A destra due prof, a sinistra una prof.
Allora, come definiamo questi che non si sono schierati?
Un coro da destra: ignavi! Risatine, gomitate, ammiccamenti tra i buoni.
Fabiana si è rivolta ai seduti: allora? Dovete schierarvi! Non potete rimanere neutri!
Alcuni alla spicciolata a destra e un paio a sinistra.
Voi, della prima fila, qui, siete sicuri di non volervi schierare?
Si. Facce di sfida.
Anna, si gira verso di me, porta fuori questi 7. E, mentre usciamo dall’aula, la sentiamo martellare i seduti, rivolgendosi ai buoni e ai cattivi per farli incitare gli indecisi.
Una volta nell’ingresso ampio del Seneca con le porte sul cortile, una ragazza delle mie portate fuori mi dice: questo è il nazismo, questo gioco dimostra che la dinamica funziona sempre... vero?
Le altre annuiscono, sì sì, è così. E poi mi fa: ho freddo, ho dimenticato la felpa dentro. Vado a prenderla. E io: mi dispiace. Non hai gli abiti adatti, càpita. Non puoi rientrare. Lei mi ha fatto un sorriso di inshigt che non dimenticherò.
Intanto altri gruppi di ragazzi con i prof uscivano, gruppi di 5/10.
Quando l’ingresso è stato pieno, una ragazza si è affacciata dall’anfiteatro: venite! Rientrate!
Avete visto? Ha detto fabiana.
Ognuno ha fatto quello che ha fatto per dei motivi che innanzitutto non possono essere di partenza: io non vi ho dato un motivo di partenza.
Vi ho costretti a schierarvi in macrocategorie grossolane: quasi tutti lo avete fatto. Senza motivo.
Lo schieramento ha giudicato male i non schierati.
Anna, come molti nazisti, ha ubbidito perché conosceva il fine.
Molti erano quelli che sapevano gli scopi.
Il prof taldeitali ha ubbidito perché mi conosce e si fida di me.
Molti erano quelli che si fidavano dei loro capi.
Voi tutti avete ubbidito perché vi siete affidati a un sistema che dovrebbe essere autorevole, non avete chiesto spiegazioni perché pensate ci siano sempre ottimi motivi per farvi fare cose, anche se non li capite.
Quasi tutti erano quelli che credevano nel sistema, nei documenti, nell’onestà e  correttezza di chi portava la divisa.
La prof, l’unica, che si è opposta ed è rimasta sola in platea, è stata portata via di peso da due dei buoni. E, quando ha chiesto ai suoi stessi studenti, perché lo state facendo? Loro hanno risposto: perché ce lo ha detto lei, rivolgendosi a me. Hanno eseguito un ordine.
Molti, moltissimi, troppi, sono quelli che hanno dichiarato di eseguire degli ordini.
I ragazzi sono insorti. Urlavano. Fabiana li aveva ingannati.
Sì: i governi lo fanno.