Le donne cambiano la Storia, cambiamo i libri di Storia.

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LE DONNE CAMBIANO LA STORIA, CAMBIAMO I LIBRI DI STORIA

28 febbraio 2013

E ora, chi farà quello che in Parlamento hanno fatto i radicali? Severino, impudente fino all’ultim

Valter Vecellio
Notizie Radicali.it 28-02-2013
L’ultimo numero del settimanale “L’Espresso”, quello, per intenderci, con l’iroso e ferino faccione di Beppe Grillo in copertina, pubblica un paio di interessanti articoli. Il primo, Inferno in cella”, è di Lirio Abbate: racconta come nelle carceri italiane vi siano sempre più detenuti, e in condizioni sempre peggiori; a fronte di ciò, lo Stato spreca una quantità incredibile di denaro in piani inutili. Il tutto viene definito con lapidaria esattezza: “una vergogna nazionale”. Segue una seconda inchiesta, di Paolo Biondani e Arianna Giunti, “Se questi sono uomini: malati con cancro e AIDS, senza cura, donne con neonati in gabbia, sporcizia ovunque”.
Due belle inchieste, accurate e documentate, che raccontano ai lettori dell’“Espresso” la situazione i Radicali ben conoscono e da sempre denunciano. Nel racconto di questo “inferno in cella”, a un certo punto Lirio Abbate annota: “Il dramma è stato praticamente ignorato dalla campagna elettorale, con l’unica eccezione dei Radicali, soli a portare avanti una battaglia di civiltà per l’amnistia”.
Ripetiamolo, perché credo è giusto dare atto ad Abbate quello che è suo, e non capita di frequente di dover riconoscere: “…Il dramma è stato praticamente ignorato dalla campagna elettorale, con l’unica eccezione dei Radicali, soli a portare avanti una battaglia di civiltà per l’amnistia”. Tanto più che Abbate è “recidivo”: a conclusione del suo articolo, scrive, riprendendo quasi letteralmente le stesse parole, quasi nel timore che al lettore la prima volta il concetto sia sfuggito: “Oggi nella campagna elettorale la questione delle carceri è stata ignorata. Solo i Radicali hanno continuato, senza sosta a proporre il problema. E ora toccherà al nuovo Parlamento dare risposte concrete per uscire da quella che il presidente ha definito una ‘situazione mortificante’, ribadendo senza mezzi termini ‘Sono in gioco l’onore e il prestigio dell’Italia”.

Ora non c’è il minimo dubbio che, pur se fuori dalle istituzioni parlamentari l’impegno e la mobilitazione radicale non verrà meno, anche se con nuove difficoltà e problemi che si troverà il modo di risolvere. Ma la questione della Giustizia, non solo delle carceri, ora, là dentro, alla Camera e al Senato, da chi verrà agitato, portato avanti? E come? Ecco: quanti, pur potendolo fare, hanno scelto di non votare per le liste di “amnistia, Giustizia e Libertà”, hanno reso più difficile ai radicali il poter continuare a fare quello che hanno finora fatto; ma il danno vero l’hanno fatto a loro stessi. Perché tutti paghiamo le storture di una giustizia che non c’è, è negata.
Per inciso: sempre nell’inchiesta di Lirio Abbate si legge che mentre i detenuti sono costretti a vivere come bestie in quello che viene definito un inferno, “alcuni magistrati al vertice dell’amministrazione penitenziaria godono di benefit scandalosi: hanno diritto ad appartamenti anche nel centro storico di Roma con un canone di sei euro al giorno, acqua, luce, gas e pulizie compresi, che non tutti però pagano. Un privilegio che, come nel caso di Gianni Tinebra, da sette anni procuratore generale a Catania, mantengono ancora dopo aver lasciato l’incatrico. E per arredare queste foresterie non si risparmia sui lussi: sul tetto-terrazza di una è stata installata una jacuzzi con idromassaggio, in salotto TV da sessanta pollici costate duemila euro, sui pavimenti tappeti persiani e si arriva alla follia di far pagare 250 euro lo scopino di un bagno. Sarò uno scopino d’oro massiccio, chissà. Un radicale in Parlamento di questa cosa avrebbe chiesto conto, e l’avrebbe denunciata. Ora che i radicali li hanno esclusi, perché hanno preferito nominare i fedeli e liberarsi dei leali, chissà.
In compenso la signora ministro dell’(In)giustizia Paola Severino fino all’ultimo ci tiene a ricordarci come l’espressione che Marco Pannella regalò a Dario Franceschini in una celebre puntata di “Ballarò” possa essere estesa anche a lei.
Non mi impegnerò in politica, non mi sono candidata", fa sapere e già uno tira un sospiro di sollievo, la situazione è già quella che è, non c’è bisogno di peggiorarla ulteriormente. Però l’ottimismo viene subito mortificato, perché fa sapere che "continuerò ad occuparmi del mondo della giustizia e delle carceri in altri ruoli, ad esempio, come docente universitario". La signora ministro dell’(In)giustizia questa promessa l’ha fatta nel corso di un incontro con la stampa in occasione della sua visita in Sicilia ad alcune carceri. E ha poi aggiunto: “Io parlo con i detenuti e tra loro c’è apprezzamento per l’attenzione, in particolare del presidente della Repubblica, data alle condizioni del sistema carcerario. Ma c’è anche delusione per lo stop sul versante delle misure alternative. Il discorso della speranza è importante". Non è la prima volta che siamo assaliti dal dubbio: c’è o ci fa? Risposta: c’è e ci fa. Perché poi si è manifestato rammarico per il fatto che abbia votato solo il 5 per cento della popolazione carceraria che aveva il diritto di farlo. Segno, ne ha dedotto, di una perdita di speranza.
La buona educazione impedisce di commentare come sarebbe giusto e adeguato simili sbalorditive affermazioni. Si informi sulle mille pastoie burocratiche, sulla nessuna informazione che è stata assicurata. Si faccia portare dall’ufficio stampa gli articoli di Lirio Abbate, Paolo Biondani e Giunti; e in un sussulto di pudore, taccia e cerchi di farsi dimenticare.


Giornalista professionista, attualmente lavora in RAI. Dirige il giornale telematico «Notizie Radicali», è iscritto al Partito Radicale dal 1972, è stato componente del Comitato Nazionale, della Direzione, della Segreteria Nazionale.

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