Le donne cambiano la Storia, cambiamo i libri di Storia.

Le donne cambiano la Storia, cambiamo i libri di Storia.
LE DONNE CAMBIANO LA STORIA, CAMBIAMO I LIBRI DI STORIA

14 marzo 2008

A Ferrara, da Adriano Sofri

Da Il Tirreno oggi

MA L'ABORTO NON E' LA SHOAH
di Adriano Sofri

Quando proclami - a voce
altissima, perentoria -
che l'aborto è lo scandalo
supremo del nostro tempo, io
non ci credo. Mi fermo, ci penso.
Ma non riesco a crederci. E
non solo per ragioni, chiamiamole,
comparative: i genocidi
che si compiono senza tregua,
gli sterminii per fame e malattia
e abbandono, le guerre...

«Una bambina, un bambino che
viene al mondo è la cosa più bella,
ma un embrione abortito non
è la cosa più brutta - se mai si
volessero fare paragoni, per sfidarsi
a superlativi - la cosa
più brutta è un bambino nato
che muore di fame o di abbandono
o di violenza, che si aggrappa
al seno vuoto di sua madre.
Non solo non ci credo, ma sono
offeso. Mi offendo quando
sento paragonare l'aborto alla
Shoah. La strage degli innocenti,
il miliardo di uccisi. Forse
non ci credo perché è troppo
enorme, e io pusillanime?
Quando leggo al primo punto
del tuo programma l'intento di
fissare per legge l'universale
"dovere di seppellire tutti i bambini
abortiti nel territorio nazionale,
in qualunque fase della gestazione
e per qualunque motivo"
(e quei «bambini» comprendono
gli embrioni crio-conservati
e inibiti alla ricerca) io mi sento
di fronte ad una provocazione
fanatica o superstiziosa. Forse,
com'è avvenuto per altre
barbarie, sono accecato dal pregiudizio
del mio tempo, o dalla
corruzione della consuetudine,
e però verrà un giorno in cui noi
tutti non ci saremo, e si guarderà
al nostro tempo e all'aborto
con il raccapriccio che noi tutti
riserviamo oggi allo schiavismo
o allo sterminio dei popoli
indigeni o alla Shoah.
Non lo escludo affatto. Mi interrogo,
e vacillo. Forse un giorno
un monaco dalla testa rasata,
suonatore di arpa birmana,
si chiederà perché tanta distruzione
sia caduta sul mondo, e
percorrerà la terra per dare sepoltura
ai resti degli umani non
nati. Ma perché si possa sentire
così, l'umanità dovrà aver compiuto
passi giganteschi. Dovrà
essere diventata capace di conoscere
e distinguere la sessualità
rivolta all'amore o al piacere,
dalla sessualità e dall'amore
volti a far nascere figli. Chissà
se esisterà mai un'umanità così,
e se valga la pena di desiderarla. ..
... Ma è il disordine del mondo,
la sua insuperata preistoria a
impedirmi la semplificazione,
l'ammucchiata lugubre che ti fa
pronunciare la tua classifica e il
tuo record: il Miliardo, da Marco
Polo dei mattatoi. Il paragone
con la Shoah (chiunque lo pronunci,
anche il bravo Giovanni
Paolo II) è pazzia: e cattiva retorica
anche... Non riesco ad
estrarre l'aborto dalla congerie
di delitti sventure e fallimenti,
non riesco nemmeno ad astrarre
L'Aborto dagli aborti. È quello
che fai tu, o il tuo scrupoloso
capo contabile Socci, e intanto
rimproveri altri di sbandierare
La Donna a scapito delle donne.
Chissà, forse hai ragione. Tuttavia,
anche se avessi ragione,
hai torto. Perché hai eccitato e
guadagnato applausi di una parte
e rabbia di un'altra. Le parti
sono rimaste quelle di prima: solo
più distanti e più impazienti».

Brano tratto da
A. Sofri: «Contro Giuliano
(Noi uomini, le donne
e l'aborto)», Sellerio edit.

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