Le donne cambiano la Storia, cambiamo i libri di Storia.

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LE DONNE CAMBIANO LA STORIA, CAMBIAMO I LIBRI DI STORIA

15 novembre 2019

SAVONA: Non hanno minimamente intenzione di risarcire, nessun accordo tra la diocesi e le cinque vittime di don Giraudo

Persino un orologio fermo segna l’ora esatta due volte al giorno, a meno che non sia quello del duomo di Savona, che malgrado i proclami di papa Francesco, sembra incapace di restituire dignità a questa diocesi e alle vittime dei suoi preti pedofili e dei vescovi che li hanno favoriti.
Di Francesco Zanardi
Nel giugno scorso, dopo un tentativo di conciliazione avanzato da cinque vittime di pedofilia e concluso con una proposta indecente del vescovo di Savona Caloggero Marino, che avrebbe voluto indennizzarle per le violenze subite, con l’istituzione di un numero verde gestito dalla diocesi, che non avrebbe neppure dato l’opportunità alle vittime di avere un’occupazione, gli avvocati della Rete L’ABUSO Elena Peruzzini e Francesca Rosso, hanno citato in giudizio la diocesi savonese.
La citazione si riferisce al caso del sacerdote Nello Giraudo e agli abusi da lui commessi con il favoreggiamento dei vescovi, dal 1980 al 2000 circa, anche se l’ultimo abuso commesso da Giraudo risale al 2005, ma in questo caso la vittima sarebbe già stata risarcita nel 2012, dopo che Giraudo patteggiò una condanna a un anno e sei mesi, per le molestie inflitte al giovane scout, all’epoca dei fatti quindicenne.
Dall’indagine della procura di Savona condotta dal pubblico ministero Giovanni Battista Ferro, emerse che le coperture della chiesa a tutela del sacerdote iniziavano nel 1980, lo stesso anno in cui don Giraudo prende i voti e quando una mamma di Valleggia, denuncia all’allora vescovo di Savona Giulio Sanguineti, molestie sessuali sul proprio figlio.
In un batter d’occhio Giraudo viene spostato, a soli 15 km da Valleggia a Spotorno, in una parrocchia ancor più gremita di minori, dove produrrà altre vittime.
Negli anni novanta, oltre che in diocesi, anche a Spotorno, le tendenze pedofile del Giraudo erano diventate di dominio pubblico, al punto tale che la stessa parrocchia e il nuovo vescovo, Dante Lafranconi, visti i precedenti del prete, ben catalogati negli archivi diocesani, ritenne di doverlo trasferire in un’altra parrocchia. Lo nominò parroco di un piccolo paesino sulle alture di Finale Ligure (SV), Orco Feglino, lontano da occhi indiscreti, dove con la benedizione dello stesso vescovo che lo aveva trasferito, aprì una comunità per minorenni in difficoltà nella quale per circa un decennio proseguì indisturbato la sua missione pastorale in alternanza con le sue perversioni.
L’atteggiamento criminale dell’allora vescovo di Savona, Dante Lafranconi, non passò in’osservato agli inquirenti, che nel 2012 ne chiesero il rinvio a giudizio dal quale però, il Lafranconi si salvò grazie alla prescrizione, alla quale, per suo diritto e soprattutto volendo chiarire la propria posizione, avrebbe potuto rinunciare. Ma non lo fece.
Il Giudice del tribunale di Savona Fiorenza Giorgi, sulla base della documentazione emersa dalle indagini della procura, se pur costretta ad archiviare in quanto il reato era estinto, lo fece con parole durissime nei confronti dell’allora vescovo;  “la disposta archiviazione nulla toglie alla pesantezza della situazione palesata dalle espletate indagini dalle quali è emerso come la estrema gravità delle condotte criminose del Giraudo non fosse stata per nulla considerata; dai documenti, perfettamente in linea con l’atteggiamento omissivo del Lafranconi, risulta - è triste dirlo - come la sola preoccupazione dei vertici della Curia fosse quella di salvaguardare l’immagine della diocesi piuttosto che la salute fisica e psichica dei minori che erano affidati ai sacerdoti della medesima e come principalmente (per non dire unicamente) per tale ragione l’allora vescovo di Savona non aveva esercitato il suo potere-dovere  di controllo sui sacerdoti e di protezione dei fedeli. Altrettanto triste è osservare come, a fronte della preoccupazione per la “fragilità” e la “solitudine” del Giraudo e il sollievo per il fatto che “nulla è trapelato sui giornali”, nessuna espressione di rammarico risulta dai documenti agli atti a favore degli innocenti fanciulli affidati alle cure del sacerdote e rimasti vittime delle sue “attenzioni”.
Dopo la citazione in giudizio depositata dai legali della Rete L’ABUSO, passati i tempi tecnici durante i quali, soprattutto sulla base dei proclami del pontefice, ci si aspettava una concreta ed onesta presa di posizione delle diocesi, proprio a consolidamento dei proclami, arriva la conferma che almeno a Savona, la linea resta quella negazionista ed irresponsabile, già consolidata dai predecessori del vescovo Caloggero Marino.
Per quanto riguarda il difensore del sacerdote Nello Giraudo (l’avvocato Marco Russo) verrebbero messi in dubbio gli abusi perpetrati dal suo assistito e ma sosterrebbe che quanto affermato dal gip Fiorenza Giorgi nel decreto di archiviazione per il favoreggiamento alla pedofilia dell’ex vescovo Lafranconi,  nello specifico caso non siano supportate da alcun elemento di prova.
Ancor più incredibile la posizione della diocesi, che non solo non ha alcuna intenzione di risarcire il dovuto alle cinque vittime, ma il vescovo Caloggero Marino, quasi non rendendosi conto, o forse facendo finta, lamenta di non essere stato lui vescovo all’epoca, ignorando di essere nominato in quella citazione non come responsabile dell’accaduto, ma semplicemente in quanto Ordinario in carica, della diocesi savonese.
Ad irritare ulteriormente è la farsa, il colpo gobbo che la diocesi ha messo in atto per manipolare i fedeli, nel tentativo di voltare questa lunga e tanto vergognosa pagina di chiesa savonese. Apprendiamo infatti (vedi volantino) che il 19 prossimo, naturalmente a Savona, la diocesi ha organizzato un incontro nel quale, nel tentativo di rassicurare chi ancora manda i propri figli incoscientemente in parrocchia, sul fatto che la CEI abbia messo in atto delle linee guida a tutela dei minori e delle persone vulnerabili.
Linee guida con le quali la chiesa da a intendere che PREVEDE una tutela per i minori, che poi in realtà non è volta a loro, ma semplicemente ad auto tutelarsi da eventuali "incidenti", a fronte dei quali però, come nel caso savonese e non solo, non PROVVEDE ad assumersi alcuna responsabilità o sostegno per le eventuali vittime, rinnegandole come in questo caso.
La linea criminale ed omissiva della chiesa cattolica emerge già dal pesantissimo report delle Nazioni Unite del 31 gennaio 2014, report al quale il Vaticano avrebbe dovuto rispondere entro il 1 settembre 2017, ma non lo ha ancora fatto oggi.
Lo stesso Motu proprio VOS ESTIS LUX MUNDI, recentemente emanato dal pontefice, come si può notare leggendolo, non prevede più alcuna indicazione o facoltà per i vescovi, di denunciare i crimini all’autorità giudiziaria, rendendo così ufficialmente la linea della chiesa, totalmente omissiva delle leggi civili.
Zanardi
Redazione Web | 7 novembre 2019 alle 10:02 | URL: https://wp.me/p8ayDC-mYw

26 ottobre 2019

Il sessismo ancora censura l'arte perché erotica ? Pare di sì: il Giornale di Sicilia ignora il comunicato della mostra alla "Galleria dell'Eros"

Ricevo da Piero Montana, creatore e curatore dell'omonimo centro di arte e cultura di Bagheria

Il giornale di sicilia censura la mia mostra "Galleria dell'eros-Nuove acquisizioni al Centro d'arte e cultura Piero Montana a Bagheria

Comunicato stampa

La mostra “ Galleria dell’eros-Nuove acquisizioni” , nonostante fosse partito a suo
riguardo una vostra notizia ansa, e nonostante diverse testate giornalistiche on line
si fossero occupate da giorni della mia mostra, è stata censurata dal Giornale di
Sicilia, dove nel suo spazio Palermo Vedere&sentire non è apparsa nemmeno
l’ombra del comunicato da me più volte inviato e questo presumo perché Palermo
Today della mia mostra ha dato una falsa notizia scandalistica e cioè questa:
 "Mostra dell'eros alla Galleria Piero Montana, dal 26 ottobre al 26 novembre
2019, Mostra hard tra culi, tette e vagine: dai film di Moana Pozzi all'acchiappa
cazzi ntallaria"

Da qui il disorientamento del quotidiano in questione che ha preferito non dare
alcun accenno della mia mostra che si occupa di arte sia pure erotica e non di
volgare pornografia, contro cui vogliamo vivamente far sentire la nostra protesta,
chiedendo anzitutto un incontro con il Direttore del giornale, che secondo il
centralino della testata, non sarebbe in sede.
Accludo in questo mio comunicato il link di Palermo Todey che della mia mostra ha
fornito un’ampia notizia scandalistica.

http://www.palermotoday.it/eventi/cultura/galleria-eros-piero-montana-bagheria-inaugurazione.html

http://www.palermotoday.it/eventi/inaugurazione-galleria-piero-montana-bagheria-13-ottobre-2018.html

Piero Montana

Per vedere di che si tratta
https://x-fly.blogspot.com/2019/10/da-sabato-26-ottobre-2019-le-nuove.html

6 giugno 2019

Per stimolare l'economia, meno cemento e più tecnologie

Società Libera online Anno XIX - n. 393 - 28 marzo 2019

Il calo del PIL che ci ha fatto entrare “ufficialmente” in recessione è stato causato dalla debolezza della domanda interna. Le due principali misure economiche di questo governo - reddito di cittadinanza e “quota 100”- non saranno certo sufficienti ad invertire la tendenza recessiva, comune anche alla Germania e ad altri paesi europei. Ecco allora un coro di voci, dalla Confindustria ai sindacati, che sostiene occorra rilanciare gli investimenti pubblici, “riaprire i cantieri” delle molte opere pubbliche in stallo per ostacoli amministrativi o contestazioni.
Tutti si rifanno alle vecchie ricette keynesiane (banalizzandole) per invocare maggior spesa pubblica. Il problema è che l’Italia, col debito pubblico che si ritrova, non può permettersi di aumentare la spesa pubblica in disavanzo, mentre questo già tende a crescere per effetto della recessione.
Un governo responsabile dovrebbe porsi la domanda: come si può stimolare una ripresa della domanda con il minimo aumento di spesa pubblica? La via maestra, senza alcun aumento di spesa, sarebbe quella di ristabilire un clima di fiducia che induca un aumento della propensione al consumo delle famiglie e della propensione ad investire delle imprese. Un recente sondaggio ha chiesto ad un gruppo di giovani come impiegherebbero un aumento del reddito disponibile: mi ha colpito che la prima scelta sia stata quella di aumentare i depositi in banca. L’incertezza sulle prospettive dell’economia e della finanza pubblica nel prossimo anno e le perdite sui titoli di stato spingono alla prudenza nella spesa, sia i privati che le imprese. Serve a ben poco aumentare la spesa pubblica se non si invertono queste tendenze.
Altri modi per stimolare la domanda senza costi per lo Stato sono le liberalizzazioni ed altri interventi normativi; ci sono poi spese pubbliche che hanno effetti moltiplicativi elevati, come ad esempio l’accelerazione degli ammortamenti o gli incentivi alla ricerca.  Aumentare la spesa per opere pubbliche è invece uno stimolo molto costoso e può risultare addirittura controproducente per i riflessi del maggior deficit sullo spread e sugli oneri per interessi sul debito pubblico.
Chi invoca l’aumento della spesa per le grandi infrastrutture, quelli come la Confindustria che non ha dubbi sulla TAV Torino-Lione  solo perché genererebbe subito 50 mila posti di lavoro (numeri di fantasia!) sembrano dimenticare che il problema della nostra economia non è tanto quello di aggiustare la domanda al ciclo quanto piuttosto quello della stagnazione “secolare”, della insufficiente crescita della produttività e del PIL da vari decenni. Avendo risorse scarse, si dovrebbero scegliere gli investimenti che possono contribuire maggiormente alla crescita nel tempo della produttività e del reddito invece di considerare solo gli effetti immediati sulla domanda.
Scavare grandi buchi nei monti genera un immediato aumento del valore aggiunto nella contabilità nazionale, specie se la componente d’importazione è modesta, anche se non c’è un reale aumento nel benessere collettivo. Si ha poi un effetto moltiplicatore sulla domanda, quando il reddito di chi “scava” viene speso, come avverrebbe per una distribuzione di soldi gratuiti (helicopter money). Ma che prospettive può mai avere un paese che investe le scarse risorse disponibili in opere pubbliche con redditività stimata negativa persino ex ante e comunque lontanissima nel tempo, invece di puntare su istruzione, ricerca, reti, settori ad alta tecnologia?

di Giorgio Ragazzi
Professore di Economia Università di Bergamo