Nel parlamento a numeri ridotti ci sono ancora tanti assenteisti
Il tema della partecipazione dei parlamentari ai lavori delle rispettive camere riscuote sempre grande attenzione da parte di media e opinione pubblica. D’altronde deputati e senatori, oltre a un dovere di natura morale, hanno anche obblighi specifici definiti dalle norme. Nell’attuale legislatura il livello medio di partecipazione è abbastanza alto ma ci sono comunque numerosi casi di assenteismo.
Ciò anche al netto dei parlamentari che vengono considerati come “in missione” e risultano quindi presenti anche se di fatto non lo sono. È il caso ad esempio di chi ricopre incarichi di governo. Tale istituto tuttavia ha ancora molte zone d’ombra e non riguarda solo i componenti dell’esecutivo. In molti casi risulta impossibile capire la ratio con cui ai deputati e ai senatori viene concesso questo status. Questo dovrebbe spingere a delle riflessioni, non solo sull’opportunità di una maggiore trasparenza nell’utilizzo di questo strumento ma anche sul tema degli incarichi multipli. Fattore che, impedendo a molti parlamentari di partecipare ai lavori, indebolisce ulteriormente un’istituzione in crisi.
La rilevanza delle donne nel governo e in parlamento - Nonostante la prima donna a capo del governo, il ruolo femminile nelle istituzioni è ancora molto limitato. Sia in termini di rappresentanza che di incarichi ricoperti.Leggi
L’abuso dei decreti legge e le incognite di una riforma costituzionale
Il ricorso eccessivo ai decreti legge porta a diverse conseguenze negative. Il parlamento infatti ha solo 60 giorni per convertirli in legge. Un tempo adatto ad affrontare occasionalmente questioni urgenti e specifiche ma che diventa insufficiente se l’esecutivo tende a ricorrere a questo strumento con troppa frequenza. Una modalità che peraltro lascia pochissimo spazio alle camere per dedicarsi ad altro che non siano le proposte di legge di iniziativa governativa. Questo ha portato gli esecutivi a ricoprire un ruolo sempre più centrale anche per quanto riguarda l’iter legislativo. Data questa situazione, ai parlamentari rimangono pochi margini di manovra e spesso l’unico modo che hanno per intervenire è quello di proporre emendamenti alle leggi di conversione.
In questo contesto, il centrodestra ha presentato recentemente due proposte di revisione costituzionale che punterebbero ad estendere i tempi per la conversione a 90 giorni. In questo modo le camere avrebbero più tempo per esaminare i Dl e presentare eventuali proposte di modifica. Si possono comprendere le ragioni che hanno portato a questa proposta, al contempo però emergono gravi criticità. Tale riforma infatti andrebbe e legittimare ancora di più l’abuso dei decreti, comprimendo ulteriormente le prerogative delle camere.
Con un recente decreto il governo ha modificato la disciplina che stabilisce il numero massimo di mandati per i sindaci. Se nei grandi comuni il limite resta di due mandati consecutivi, in quelli tra 5 e 15mila abitanti viene aumentato a tre e in quelli più piccoli viene eliminato del tutto.
La competenza a decidere su questa materia spetta sicuramente allo stato. Tuttavia sia la giurisprudenza che la dottrina concordano sullo stretto legame tra elezione diretta e limite al numero di mandati. In effetti, in una sentenza recente, la corte costituzionale ha definito questo limite come la garanzia alla democraticità stessa per enti locali. Sembra evidente dunque che decidere di abolire del tutto il limite ai mandati presenti dei rischi.
Il decreto inoltre va inquadrato in un contesto politico in cui si moltiplicano le iniziative tese a rafforzare il potere esecutivo a tutti i livelli di governo: dai sindaci ai presidenti di regione, fino ad arrivare alla stessa presidenza del consiglio dei ministri.
I presidenti di regione e il limite dei due mandati - Negli scorsi giorni si è riacceso il dibattito sul limite dei due mandati per i presidenti di regione. Nei territori interessati le elezioni non dovrebbero tenersi prima del 2025, ma sarebbe opportuno che la questione venisse risolta prima di arrivare all’appuntamento elettorale. Leggi
Quante risorse del 2×1000 sono andate ai partiti nel 2023 - Anche quest'anno il Partito democratico si conferma la forza politica che raccoglie più fondi attraverso il 2x1000 ai partiti. Le risorse ricevute da Fratelli d’Italia però continuano a crescere, mentre l’andamento della Lega risulta di segno opposto. Leggi
Quante risorse del 2x1000 sono andate ai partiti nel 2023
Da quando sono stati aboliti i rimborsi elettorali il 2x1000 è diventata la nuova forma di finanziamento pubblico ai partiti. Con il passare degli anni il numero di cittadini che hanno deciso destinare una parte dei loro contributi a una forza politica è aumentato considerevolmente. Quest'anno infatti per la prima volta sono stati raccolti oltre 24 milioni di euro.
Come negli anni precedenti è il Partito democratico (Pd) ad aver ottenuto più risorse. Al secondo posto Fratelli d'Italia, che si trova ancora distante dal Pd, anche se dal 2018 ha seguito un notevole trend di crescita. Al terzo posto invece il Movimento 5 stelle che, proprio quest'anno, ha partecipato per la prima volta a questa forma di finanziamento pubblico.
Mattarella e il discorso di fine anno 2023 - Per il messaggio di fine anno 2023 il presidente Mattarella ha adottato un linguaggio semplice, con frasi molto brevi, con cui ha veicolato messaggi universali come la ricerca della pace, il contrasto alla violenza e il riconoscimento delle libertà altrui. Leggi
La consulta rinnova i suoi vertici in assenza di un componente - A circa un mese dalla fine del mandato di Silvana Sciarra la corte costituzionale ha scelto Augusto Barbera come suo nuovo presidente. Intanto, dopo due votazioni, il parlamento non è ancora riuscito a nominare il giudice mancante per completare il plenum. Leggi
Dal suo insediamento il governo Meloni ha dovuto far fronte a diverse situazioni di crisi. Per questo motivo l’attuale esecutivo ha fatto un massiccio ricorso ai decreti legge. Sia per fronteggiare queste emergenze ma anche per dare attuazione al proprio programma. Se da un lato il ricorso alla decretazione d’urgenza in alcuni casi può apparire giustificato, dall’altro questo pone un tema che non deve essere sottovalutato. E cioè la progressiva scomparsa delle leggi ordinarie.
Nel confronto con gli esecutivi precedenti infatti quello attualmente in carica presenta la percentuale più bassa di norme ordinarie approvate sul totale di quelle entrate in vigore (17,4%). Un dato ancora più rilevante se si considera che solo 4 norme approvate dall’inizio della legislatura sono di iniziativa parlamentare. Una di queste però porta la firma della presidente del consiglio Giorgia Meloni. Tale dinamica conferma ancora una volta le difficoltà del parlamento nel dettare l’agenda che, anche dal punto di vista legislativo, è sempre più saldamente in mano al governo.
Cosa si intende per scostamento di bilancio - È una procedura attraverso cui il governo richiede di ricorrere all’indebitamento per finanziare alcune misure. Deve essere giustificata da eventi di eccezionale gravità ed autorizzata dal parlamento a maggioranza assoluta.Leggi
Il ritardo sui decreti attuativi blocca 17 miliardi - Da febbraio ad aprile è aumentato il numero dei decreti attuativi mancanti. Una situazione di cui è responsabile il governo e che comporta il “blocco” di miliardi di euro di risorse stanziate.Leggi