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24 febbraio 2009

Immigrazione, Cappato: in Italia i cittadini UE rischiano di avere meno diritti degli stranieri irregolari

La Commissione europea valuterà se porre l'Italia sotto infrazione
Bruxelles, 20 febbraio 2009 -- Dichiarazione di Marco Cappato, deputato europeo Radicale (ALDE):
Nel rispondere all'interrogazione presentata da me e Marco Pannella sulla modifica della legge che in Italia disciplina l’immigrazione e la condizione dello straniero, la Commissione europea conferma di avere già avviato un iter di verifica con le autorità italiane e "sta attualmente discutendo degli opportuni emendamenti".
"Ove questi ultimi dovessero risultare insoddisfacenti, la Commissione valuterà la possibilità di esercitare le sue prerogative ai sensi dell'articolo 226 del trattato, avviando procedimenti per infrazione su questa materia".
Quanto avevamo rilevato - già segnalato dai Professori Nascimbene e Lang e del dott. Biruglio dell'Università di Milano - è stato riconosciuto come problematico dalla Commissione europea che ha chiesto i necessari chiarimenti alle autorità italiane. Spero che il Governo voglia intervenire al più presto con gli emendamenti dovuti, per evitare di aprire l'ennesimo procedimento di infrazione».

Lo scorso 6 agosto il Parlamento ha votato la modifica di alcuni commi del Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero sopprimendo la garanzia che sanciva che in nessun caso la condizione giuridica del cittadino dell'Unione potesse risultare peggiore o deteriore rispetto a quella del cittadino straniero.
Tra le altre cose i cittadini UE non avrebbero più diritto a tutte le prestazioni sanitarie urgenti o comunque essenziali che il Testo Unico garantisce a tutti i “non italiani", compreso lo straniero illegalmente presente sul territorio.
La legge indebolisce tra l'altro la posizione giuridica del cittadino dell’Unione e potrebbe disincentivarlo dallo stabilirsi in Italia, in contrasto con le disposizioni che vietano norme o comportamenti nazionali che possano limitare o scoraggiare l’esercizio della libertà di circolazione delle persone.

Il testo dell'interrogazione presentata:

In Italia, l'art. 37, 2° comma del d.l. 112/2008 convertito in l. 133/2008 modifica l’art. 1, 2° comma del “Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”.

La precedente formulazione dell'art. 1, 2° comma T.U. rappresentava una clausola di salvaguardia atta a garantire che in nessun caso la condizione giuridica del cittadino dell'Unione potesse risultare peggiore o deteriore rispetto a quella del cittadino straniero, a prescindere dal fatto che una determinata fattispecie fosse regolata, per il cittadino dell'Unione, dal diritto comunitario.
La nuova formulazione sopprime tale salvaguardia e consente, per specifiche materie, che il cittadino dell'Unione abbia un trattamento deteriore nell'ordinamento italiano, rispetto al cittadino straniero. Il nuovo 2° comma, infatti, così prevede: “il presente testo unico non si applica ai cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, salvo quanto previsto dalle norme di attuazione dell’ordinamento comunitario”.
La disciplina dei cittadini comunitari è quindi contenuta unicamente nei testi normativi che danno attuazione al diritto comunitario.
In particolare non si applicherebbero più al cittadino comunitario le disposizioni contenute nei commi 3,4 e 5 dell'art. 35 T.U. che garantivano a tutti i “non italiani", compreso lo straniero illegalmente presente, tutte le prestazioni sanitarie urgenti o comunque essenziali.
Cesserebbe di applicarsi al cittadino comunitario anche l' art. 5, 6° comma T.U. che elenca situazioni soggettive per le quali il T.U. prevede che il soggiorno dello straniero possa essere autorizzato (con rilascio di apposito permesso di soggiorno) a tutela di uno specifico diritto o interesse, in particolare di carattere umanitario, a prescindere dall'inserimento economico o dalla capacità di mantenimento della persona il cui soggiorno debba essere autorizzato.

Considerato il principio generale sul divieto di discriminazioni e gli artt.39,43,49 del Trattato CE, in particolare l'art.49,2°comma, non ritiene la Commissione che la norma introdotta nell’ordinamento italiano
- si ponga in contrasto con il diritto comunitario, producendo effetti discriminatori nel vietare l’estensione ai cittadini comunitari dei benefici riconosciuti ai cittadini dei Paesi terzi?
- indebolisca la posizione giuridica del cittadino dell’Unione e potrebbe disincentivarlo dallo stabilirsi in Italia, ponendosi, quindi, in contrasto con il diritto comunitario (norme o comportamenti nazionali non possono limitare o scoraggiare l’esercizio della libertà di circolazione delle persone)?

E-6538/08IT

Risposta di Jacques Barrot a nome della Commissione
(16.2.2009)

La Commissione desidera informare l'onorevole parlamentare che, nell'ambito di precedenti denunce pervenutele al riguardo, essa sta attualmente discutendo degli opportuni emendamenti con le autorità italiane, da cui attende una serie di chiarimenti. Ove questi ultimi dovessero risultare insoddisfacenti, la Commissione valuterà la possibilità di esercitare le sue prerogative ai sensi dell'articolo 226 del trattato, avviando procedimenti per infrazione su questa materia.

da Radicali.it

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